Sabato 18 Maggio 2024

Degli oltre 9 milioni di persone che vivono in Austria, uno su cinque è nato all’estero o è figlio di genitori nati all’estero. Lo abbiamo scritto ieri: rappresentano il 19,7% (tendenza in aumento). A Vienna, dove si concentra il maggior numero di immigrati, questo rapporto è 35,4%: uno su tre. Sono soprattutto giovani: l’età media della popolazione autoctona è di 43 anni, in quella con radici all’estero è di 35.

Inevitabilmente questa situazione demografica si riflette nell’Esercito. Il fenomeno è evidente in particolare nel Garde Bataillon, il battaglione della guardia. È un reparto dell’Esercito che ha soprattutto compiti di rappresentanza. Viene schierato in occasione di cerimonie, visite di Capi di Stato esteri, commemorazioni. Dispone di una propria banda militare e i suoi uomini vestono una uniforme particolarmente elegante, con mostrine e basco rosso e cordoncini argentati che dalla spalla scendono al petto.

Abbiamo visto il Garde Bataillon in azione lo scorso anno, in occasione di una visita del primo ministro del Kosovo. Uno schieramento impeccabile nella Ballhausplatz, sede della Cancelleria federale. In attesa dell’ospite, abbiamo potuto osservare da vicino i ragazzi. Nella loro carnagione, nel taglio dei loro occhi, nei capelli rivelavano provenienze balcaniche, orientali, forse africane.

Nessuna sorpresa. Il battaglione della guardia recluta i propri soldati a Vienna, dove un terzo della popolazione ha origini straniere e dove i giovani, in età di leva, superano di gran lunga quel terzo. Il comandante del Garde Bataillon, Markus Reisner, ha recentemente rivelato che la maggior parte dei suoi ragazzi è di origine straniera. La percentuale varia dal 50 al 75, a seconda dei contingenti di reclutamento.

L’Austria è un Paese neutrale e questo convince ingannevolmente i suoi cittadini di non avere la necessità di difendersi e di essere esonerati dall’impugnare le armi, mentre le guerre del secolo scorso hanno dimostrato proprio il contrario. Le probabilità, tuttavia, che l’Austria possa essere aggredita militarmente sono minime, essendo circondata da Paesi della Nato, che combatterebbero al posto suo.

Ma, qualora accadesse l’inimmaginabile – qualora l’Austria vedesse un nemico invadere il suo territorio – quanti sarebbero pronti a combattere per difendere il suolo patrio e la propria libertà e indipendenza? In un sondaggio che avevamo pubblicato il 19 febbraio avevamo visto che solo il 16% lo avrebbe fatto e che un altro 16% forse lo avrebbe fatto, ma dopo averci pensato. Il 41% non sarebbe stato disposto in alcun caso a difendere con le armi la propria patria.

Lo stesso sondaggio tra la popolazione immigrata, di prima o seconda generazione, rivela invece che il 38% sarebbe pronta a difendere con le armi il Paese. Una percentuale, dunque, sensibilmente superiore. Il riferimento è a tutta la componente straniera che vive in Austria, non a quella che presta servizio militare, perché l’Esercito non può fare queste distinzioni tra le proprie reclute.

Ma per il colonnello Reisner questo atteggiamento non sorprende. Quando il suo battaglione sfila per la città – osserva l’ufficiale – i genitori dei soldati vengono spesso ad assistere, orgogliosi dei loro figli in uniforme. Per molti di essi il servizio militare di leva è il primo contatto con lo Stato e un importante fattore di integrazione, che crea “un sentimento di fedeltà e di consapevolezza di compiere un dovere”.

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