Sabato 18 Maggio 2024

13.09.29 05 Vienna, Zirkusgasse 37; Fritz Rubin-Bittmann davanti alla casa natale“Sono venuto al mondo in questa casa il 5 settembre 1944, nascosto nella cantina per non essere trovato dalla Gestapo. Sono vissuto così, da clandestino, fin dal giorno della nascita, separato dai miei genitori nascosti altrove, fino all’arrivo dei russi e alla caduta del Reich”. Il nostro appuntamento con Fritz Rubin-Bittman, l’ultimo ebreo nato nella Vienna nazista, è al numero 37 della Zirkusgasse, davanti alla casa dove 69 anni fa era nato, costretto alla clandestinità fin dal primo vagito.

 

L’edificio non è più quello di allora. Negli ultimi giorni di guerra era stato bombardato e sulle sue macerie negli anni ’50 fu costruito un nuovo condominio piuttosto dimesso, come se ne facevano in quegli anni in cui c’era fame di alloggi e l’estetica era una variabile indipendente della progettazione. Il corso del tempo ne ha peggiorato l’aspetto. All’angolo è stato aperto un ristorante da immigrati africani. Sull’insegna si legge “Service & Smile”. Accanto alla porta che dà alle scale c’è un locale a luci rosse che offre servizi di altro genere.

 

“I miei genitori, Josef e Sidonia – ci racconta Fritz – vivevano nella Ferdinandstrasse, non lontano da qui. Anch’essi clandestini, costretti a cambiare continuamente alloggio per non essere individuati. Quando mia madre fu in procinto di partorire, il capo condominio non volle più sapere di tenerla nascosta in casa sua. I pianti di un neonato avrebbero destato sospetti. Troppo rischioso. Così mia madre fu costretta a cercare un altro nascondiglio in cui partorire. Lo trovò qui, in Zirkusgasse, da una donna che aveva con sé un nipote appena nato. I vagiti dell’uno avrebbero coperto quelli dell’altro”.

 

In Zirkusgasse Fritz Rubin-Bittmann resta soltanto tre mesi. “La donna che mi ospitava – ricorda – non mi trattava bene. Il latte e gli alimenti che i miei genitori le portavano li riservava quasi tutti a suo nipote. Così io ero denutrito. Durante un bombardamento venne qui mio padre per prendersi cura di me e si accorse che la padrona di casa mi aveva lasciato in soffitta, mentre tutti gli altri erano scesi nel rifugio. Decise allora di portarmi via e di cercare per me un altro rifugio, dove fossi trattato meglio. Lo trovarono in Rembrandstrasse, nel ventesimo distretto. Fu la mia salvezza, perché nelle settimane successive questo edificio in Zirkusgasse fu colpito dalle bombe”.

 

Il calvario durò fino alla liberazione. “Il 12 aprile l’Armata rossa entrò a Vienna. I miei genitori vennero subito da me. L’incubo nazista era finito e potevano finalmente tenermi con sé e vivere alla luce del sole. Naturalmente io non ho alcun ricordo di quei momenti e riferisco soltanto ciò che appresi in seguito dai miei genitori. Un episodio, di quelli che mi furono raccontati, mi è rimasto particolarmente impresso. Mentre quel 12 aprile raggiungevano la Rembrandstrasse, passando per Förstergasse, che è a 50 metri da dove stavo io, trovarono sul selciato della via i cadaveri di nove ebrei, “U-Boote” come noi. Alcuni erano loro conoscenti. La guerra era ormai finita, ma anche alla vigilia della capitolazione qualcuno lo stesso si era sentito in dovere di denunciarli alle SS, che li avevano fucilati sul posto”.

 

Come si può tornare a vivere a Vienna dopo anni di clandestinità, fianco a fianco di viennesi che erano stati zelanti collaboratori del nazismo, avevano fatto la spia, si erano impossessati senza scrupoli dei beni sottratti agli ebrei? Fritz racconta un episodio capitato a sua madre. Poco dopo la liberazione aveva incrociato per strada, del tutto casualmente, la donna che aveva denunciato ai nazisti la mamma, di cui era stata a servizio. Dopo un attimo di smarrimento, questa, come se nulla fosse, le aveva afferrato le mani e le aveva detto: “Frau Sidonia, mi fa tanto piacere di sapere che lei è ancora viva. Chi se lo sarebbe immaginato! Come stanno sua madre e sua sorella?”. Madre e sorella erano state entrambe eliminate dai nazisti. “Mia madre rimase senza parole. Che cosa avrebbe potuto risponderle? Si limitò ad allontanarsi senza dir nulla”.

 

“Mio padre – prosegue Fritz – era un sionista convinto, già prima della guerra, e avrebbe voluto trasferirsi subito in Palestina. Ma le organizzazioni di là lo pregarono di restare e gli affidarono il compito di organizzare l’assistenza alle migliaia di ebrei provenienti dall’Est Europa e a quelli sopravvissuti ai lager, che transitavano per Vienna nel loro viaggio verso l’America o la Palestina”.

 

Anche dopo la caduta del nazismo l’atteggiamento nella popolazione austriaca nei confronti degli ebrei non era favorevole. “L’antisemitismo era radicato a Vienna, non solo in chi era stato nazista, ma anche nella popolazione cristiana e persino nel partito socialdemocratico. I leader di quel partito erano tutti convinti antisemiti. Erano stati loro a scrivere una lettera agli ebrei fuggiti all’estero per convincerli a non tornare in patria”.

 

Qual era la popolazione ebraica nella capitale austriaca?

“Ufficialmente, prima del nazismo, qui vivevano 200.000 ebrei, ma ufficiosamente erano probabilmente almeno 270.000. Al termine della guerra ne sono rimasti soltanto 80. Ottanta U-Boote come i miei genitori, come me. Più altri 3.500 ebrei sposati a cristiani, i cosiddetti matrimoni misti, che il nazismo aveva  in qualche modo tollerato”.

 

Nell’Austria di oggi l’antisemitismo è ancora presente?

“C’è un antisemitismo epigenetico, trasmesso inconsapevolmente ai figli attraverso la famiglia. Pregiudizi antisemiti riguardano almeno un quarto della popolazione. Poi vi è un antisemitismo latente che raggiunge il 70% e che si manifesta, per esempio, nell’atteggiamento ostile nei confronti di Israele, considerandolo una minaccia alla pace mondiale”.

 

In ottobre è ricorso  il quinto anniversario della morte di Jörg Haider. Era anche lui un antisemita?

“Era un classico esempio di antisemita epigenetico, un sentimento trasmessogli dai genitori, ferventi nazisti. Ma nel tempo aveva saputo mascherare questo atteggiamento, perché era un uomo molto intelligente, un tribuno populista, un talento politico naturale”.

 

Nella foto, Fritz Rubin-Bittmann davanti alla casa di Vienna in cui nacque 69 anni fa in Zirkusgasse 37.

 

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