Sabato 18 Maggio 2024

1268216204000_2-visco-05Il campo di concentramento fascista di Visco, per civili jugoslavi, ci sta molto a cuore. Fino a ieri ci stava a cuore che fosse preservato dalla cancellazione; ora ci sta a cuore che sia conservato e reso accessibile a quanti vogliono visitarlo. Per questo, pur rientrando solo marginalmente nel tema di questo blog, ospitiamo volentieri oggi le righe che seguono, scritte dallo storico Ferruccio Tassin, coordinatore dell’associazione “Terre sul confine”, cui va il merito di essersi battuto in tutti questi anni per la salvaguardia del campo.

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Che fosse un luogo che vale lo dicevano già da tempo studiosi di questo specifico settore, uomini di cultura, giornalisti, storici in Italia e in altri Paesi europei. Nel febbraio di quest’anno c’è stato anche il vincolo del Ministero dei beni culturali su di una parte notevole (il cuore logistico) di quello che era il campo di concentramento I C per civili jugoslavi tra il febbraio e il settembre 1943.

L’interesse è stato accresciuto da una mostra itinerante, allestita dal Centro “Gasparini” di Gradisca, intitolata “Quando morì mio padre”, che illustra l’elaborazione del lutto da parte dei bambini colpiti dalla perdita di un genitore nei campi di concentramento fascisti (la mostra ha già toccato numerose località del Friuli Venezia Giulia, del Veneto, Capodistria, Lubiana, l’Università di Klagenfurt e prossimamente sarà esposta a Vienna). Il prof. Gstettner, dell’Università Alpe Adria di Klagenfurt, ha inserito il campo di Visco negli itinerari riguardanti i luoghi della memoria.

Il 14 aprile, un’ottantina di studenti delle superiori di Trieste e Gorizia vi è andata in visita, nell’ambito dell’iniziativa “Treno della memoria” patrocinata da Stato, Regione e dalle quattro Province. Ad Auschwitz e a Birkenau sono potuti entrare, a Visco, no. Sono andati appena aldilà del cancello, impediti a varcarne un altro da presunti motivi di sicurezza. Stessa sorte è toccata a insegnanti e ragazzi delle scuole medie di Mariano del Friuli e Romans d’Isonzo (Gorizia).

Nell’ottobre dello scorso anno vennero tenuti fuori dalla porta insegnanti di liceo della Carinzia. Nel gennaio di quest’anno sono rimasti fuori la deputata europea Debora Serracchiani e l’on. Ivano Strizzalo (motivazione: la sicurezza). Il 27 gennaio, Giornata della memoria, l’autorizzazione fu concessa; quattro giorni dopo la sicurezza ci fu ancora. In due mesi e mezzo la sicurezza svanì di nuovo, e non fu reintegrata neppure con ampio preannuncio per le visite successive. Un lasso di tempo che avrebbe consentito di mettere in sicurezza un campo minato o una palude infestata da alligatori. Probabilmente manca la consapevolezza del valore storico e delle opportunità culturali del luogo. Si voleva risolvere la questione permettendo di aggiungere una lapide, dove già altri ci avevano pensato, e poi esercitare il “potere”, evidentemente un potere piccolo piccolo.

Nella foto del 1943, bambini sloveni nel campo fascista di Visco.

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