Mercoledì 8 Maggio 2024

Com’era l’Austria dopo la capitolazione del Reich e la fine dei bombardamenti alleati? Una distesa di macerie, come appare dai documentari in bianco e nero girati dai cineasti al seguito delle truppe vincitrici? O l’Austria notturna e tetra del “Terzo uomo”? Era questo e quello. Ma era anche l’Austria che cercava di risorgere, di darsi quell’identità che non aveva mai conosciuto dopo la caduta dell’impero, che si rimetteva il belletto e si aggiustava gli abiti per ripresentarsi con decoro al mondo.

È in questi primi anni del dopoguerra, contrassegnati da mille difficoltà, a cominciare da quella alimentare, che l’Austria si reinventa come meta turistica, vuole strenuamente diventare una “Tourismusnation” e crea quei cliché di Paese della musica, di idillici paesaggi alpini, di culla delle tradizioni in dirndl e calzoni corti di cuoio che conosciamo anche ai giorni nostri.

Un eccezionale documento di questa rinascita ci è offerto dalla mostra “Holyday in Austria: un Paese di vacanza che si reinventa”, allestita nella Haus der Geschichte Österreich (Hdgö), il Museo della storia dell’Austria, ospitato in un’ala della Neue Hofburg. Sono esposte le foto tratte da due album della coppia londinese Joyce Ewens ed Eric Hope, che negli anni 1953 e 1954 avevano girato in lungo e in largo l’Austria.

Quelle immagini in bianco e nero ci restituiscono il volto di un’Austria che avevamo dimenticato o forse mai conosciuto. Nel mondo di oggi, sommerso dalle foto che ognuno di noi scatta con il suo telefonino ovunque, ci riesce difficile comprendere il vuoto di quegli anni, in cui pochi possedevano apparecchi fotografici funzionanti o potevano permettersi l’acquisto di un rullino. Le foto degli Hope hanno colmato in parte quel vuoto, consentendoci di rivedere com’era l’Austria dei primi anni ’50, di rivedere la sua gente, le sue case, i suoi primi passi nel campo turistico.

“Questi album fotografici – osserva Monika Sommer, direttrice dell’Hdgö – aprono una finestra su un’epoca di radicale trasformazione e di ridefinizione dell’Alpenrepublick. Attraverso l’obiettivo degli Hopes noi osserviamo come abbia potuto formarsi l’identità austriaca dopo il 1945. Il turismo ha avuto un ruolo importante nel determinare il modo in cui questo Paese era percepito. Con questa mostra noi invitiamo a una riflessione, a mettere in discussione conosciute immagini dell’Austria e a interrogarci sul ruolo che esse hanno giocato fino ai giorni nostri”.

Le foto dei due turisti londinesi costituiscono il filo conduttore di una mostra che propone interessanti e sorprendenti documenti del tempo, come i finti mobili barocchi montati sul momento per riarredare le sale imperiali della Hofburg, i costumi per i venditori di biglietti per i concerti di Mozart, le cartoline di saluti spedite dai pochi hotel che nei primi anni dopo la guerra avevano riaperto i battenti.

E, naturalmente, non manca il materiale pubblicitario di quegli anni, come il manifesto del 1946, che pubblichiamo sotto il titolo (immagine a colori a destra), che ripropone quello identico, ma in bianco e nero, degli anni ’30. È da quelle immagini – quasi tutte con il paesaggio di monti e laghi a fare da sfondo – che si consolidano i cliché dell’Austria idillica sopravvissuti fino ad oggi. La mostra è importante soprattutto per questo: perché consente ai visitatori di riflettere sulle origini di un modello di successo e su che cosa questo modello significhi per il presente.

NELLA FOTO, i due manifesti pubblicitari del 1930 e del 1946 menzionati nell’articolo. L’immagine è la stessa, ma si differenziano non soltanto per il colore, che nel primo non c’è, ma anche nel messaggio: nel 1930 “Vacanze invernali economiche in Austria”, nel 1946 “Benvenuti in Austria”.

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