Venerdì 8 Novembre 2024

Il 2022 è stato un anno record per l’immigrazione in Austria: 260.000 arrivi. Mai così tanti dal 1946. È il dato che emerge dall’annuale rapporto sull’immigrazione, presentato dalla ministra per l’Integrazione, Susanne Raab, del Partito popolare (Övp). Ma, attenzione, stiamo parlando di immigrati, cioè di stranieri che lo scorso anno hanno trasferito la loro residenza in Austria. Quindi non necessariamente e non soltanto di rifugiati provenienti dalla rotta balcanica che hanno chiesto asilo, come quelli che sbarcano a Lampedusa.

Si devono considerare immigrati anche i molti tedeschi che si sono trasferiti in Austria per lavoro, per studio o per qualche altra ragione. Anzi, proprio i tedeschi rappresentano la quota maggiore dell’immigrazione nel 2022, seguiti da romeni e serbi. Alto anche il numero degli ucraini (alcune decine di migliaia), ma per le ragioni contingenti legate alla guerra in corso.

Tirate le somme, la popolazione austriaca è composta attualmente per oltre un quarto (26,4%) da cittadini nati all’estero o appartenenti a famiglie in cui almeno uno dei due genitori sia nato all’estero. In cifre assolute sono 2,35 milioni. Nel 2021 erano il 25,4%.

Il fenomeno può sorprenderci e può far dire a qualcuno che “l’Austria non è più quella di una volta”. Le destre denunciano in proposito una “sostituzione etnica”. In realtà il fenomeno non è nuovo, ma è esistito sempre, anche in tempi in cui i confini erano meno aperti e la mobilità delle persone era molto limitata. I cognomi austriaci ci parlano di regioni remote dell’Europa e la stessa cucina “tradizionale” austriaca propone piatti che sono tradizionali piuttosto nei Balcani, nelle steppe pannoniche o persino in Italia. Nella sua letteratura scopriamo i nomi di Elias Canetti, nato in Bulgaria sulle rive del Danubio, e del galiziano Joseph Roth. Insomma, l’Austria è quella che è, con la sua ricchezza culturale che conosciamo e tanto apprezziamo, proprio grazie ai contributi che le sono giunti da fuori.

Se ora guardiamo sotto la lente quel quarto di cittadini austriaci con radici straniere, scopriamo al primo posto 225.012 provenienti dalla Germania, 147.490 dalla Romania, 121.916 dalla Serbia, 119.706 dalla Turchia, 101.803 dalla Croazia, 99.679 dall’Ungheria, 98.461 dalla Bosnia-Erzegovina, 82.169 dalla Siria, 79.615 dall’Ucraina, 67.168 dalla Polonia, 48.477 dalla Slovacchia, 47.373 dall’Afghanistan. La loro distribuzione nel Paese non è omogenea: mentre a Vienna raggiunge quasi il 50%, in Carinzia è al 16,8%; il Land con la minore percentuale di immigrati è il Burgenland, con il 14,9%.

A causa del calo demografico e dell’invecchiamento della popolazione il sistema economico austriaco e il suo welfare non si reggerebbero in piedi senza il contributo degli stranieri. Ma il ruolo è diverso, a seconda dei Paesi di provenienza. Il rapporto sull’immigrazione rivela che tra gli stranieri giunti in Austria da altri Paesi dell’Ue la quota degli attivi nel lavoro raggiunge l’81%, superando addirittura quella degli austriaci doc. Al contrario, tra afghani, siriani e iracheni sono attivi soltanto il 44%.

In queste ultime etnie – rivela il rapporto sull’immigrazione – il livello di istruzione è molto basso, fino a raggiungere l’analfabetismo. L’impreparazione e la difficoltà di comunicare nella lingua tedesca rende difficile l’inserimento nel lavoro. Tuttavia la fame di manodopera è tale che molte aziende sono disposte ad assumere questi stranieri così come sono, confidando di poterli formare professionalmente nel corso del tempo. Quelle che lo hanno già fatto hanno ottenuto risultati sorprendenti.

NELLA FOTO, il Brunnenmarkt nel quartiere di Ottakring, a Vienna. Gli stand e le bancarelle potrebbero essere quelle di un qualsiasi mercato di una città del Nord Africa o del Medio Oriente.

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