Sabato 18 Maggio 2024

L’estrema destra sovranista, rappresentata in Austria dall’Fpö, sarà quella che alle elezioni di domenica, in Bassa Austria, otterrà il risultato migliore. Non sarà ancora il primo partito, ma – se si deve fare affidamento sui sondaggi – quello con la crescita maggiore: 10 punti percentuali o più. Mentre il Partito popolare (Övp), da sempre egemone in Bassa Austria, continuerà ad essere il primo partito, ma ridimensionato di 10 punti. Anche per l’Övp vale la riserva sull’attendibilità dei sondaggi.

Ma qual è la fisionomia dell’Fpö in Bassa Austria? La domanda va posta, perché questo partito ha subito metamorfosi nel corso del sua storia, che lo hanno visto passare da bacino di raccolta dei nazisti sopravvissuti all’epurazione nel dopoguerra a partito liberale come lo consideriamo noi in Italia e in Europa, per poi virare di nuovo verso la destra nostalgica e antisemita ai tempi di Jörg Haider. Nella fase attuale i rigurgiti neonazisti e pangermanisti sono apparentemente accantonati, mentre prevalgono le connotazioni populiste e sovraniste, manifestate in forma più o meno radicale. Se vogliamo dare un volto a queste due facce dell’Fpö attuale, possiamo indicare in Norbert Hofer (terzo presidente del Parlamento e già candidato alla presidenza della Repubblica nel 2016) quella moderata e in Herbert Kickl (attuale segretario politico e un tempo ghostwriter dei discorsi di Haider) quella più radicale.

E in Bassa Austria con quale volto si presenta agli elettori l’Fpö? Quello del suo segretario regionale Udo Landbauer (nella foto), 37 anni, laurea in giurisprudenza all’Università Keplero di Linz, dopo aver concluso gli studi precedenti al ginnasio dell’Accademia militare teresiana di Wiener Neustadt, la sua città. Attualmente è capogruppo uscente del suo partito nel Landtag della Bassa Austria.

La sua identità politica è quella tipica degli esponenti dell’Fpö: dall’appartenenza a una Burscheschaft neonazista e antisemita (la “Germania”, di Wiener Neustadt) all’atteggiamento di rigetto del fenomeno migratorio, senza se e senza ma.

Su quest’ultimo aspetto è significativa l’intervista rilasciata due giorni fa al quotidiano Der Standard, di cui riportiamo virgolettate le sue risposte alle due domande più interessanti. Al giornalista che gli chiede “Lei, come governatore, si sentirebbe tenuto a rispettare i diritti umani?”, Udo Landbauer risponde: “Mi sentirei tenuto nei confronti dei diritti dei miei connazionali. Poiché il concetto di diritti umani è vago. Che cos’è in effetti un diritto umano? Lo si dovrebbe spiegare una volta per tutte. Io distinguo tra chi è cittadino e chi non lo è”.

Osserva allora il giornalista: “Il concetto non è affatto nebuloso. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo è stata introdotta nella nostra Costituzione. Lei dovrebbe prenderne atto”. Replica Landbauer: “È anche compito dei politici modificare il diritto vigente, se non è più adeguato. Se i diritti umani fanno sì che noi in Austria abbiamo 120.000 domande di asilo, allora è tempo di produrre un nuovo catalogo dei diritti dell’uomo per l’Austria”.

Si potrebbe subito obiettare che Landbauer aggiusta la realtà a suo piacimento: le domande d’asilo non sono 120.000, ma poco più di 100.000, e oltre la metà dei richiedenti se ne sono già andati dall’Austria, preferendo cercare fortuna in altri Paesi come la Germania o il Nord Europa. Ma, a parte questo, è stupefacente che il candidato dell’Fpö, tra l’altro con studi in giurisprudenza, metta in discussione diritti fondamentali ormai definitivamente accettati a livello internazionale. Diritti che si possono certo cambiare, ma che richiederebbero in Austria quanto meno una revisione costituzionale, che non è tra le competenze di un Landeshauptmann, e un riposizionamento a livello internazionale.

L’atteggiamento discriminatorio di Udo Landbauer nei confronti degli stranieri è tanto più sorprendente, ove si consideri che anche lui è per metà uno straniero, essendo nato da padre austriaco e madre iraniana. I suoi connotati fisici rivelano questa sua origine etnica, tanto che, se si lasciasse crescere un po’ di barba, non sfigurerebbe in fotografia accanto agli ayatollah di Teheran.

Se sua madre non fosse giunta in Austria in tempi in cui questo Paese era più tollerante di oggi e più ospitale verso gli stranieri, forse sarebbe stata rimandata al suo Paese, forse non avrebbe incontrato suo marito e forse Udo Landbauer non sarebbe venuto al mondo. Non possiamo dire se lui consideri questa una circostanza fortunata o se invece la rimuova inconsciamente, non volendo ammettere di non essere un austriaco al cento per cento. Sono fenomeni che abbiamo già visto altrove, per esempio in alcuni esponenti della minoranza slovena in Carinzia (ma anche in Friuli Venezia Giulia), che hanno modificato il proprio cognome e hanno rinunciato alla propria lingua madre, considerando quasi un’emancipazione essere accolti come “veri austriaci” tra gli altri austrici di lingua tedesca.

Udo Landbauer aveva fatto parlare di sé anche cinque anni fa, anche allora alla vigilia delle elezioni regionali, in cui lui, come oggi, era candidato capolista. In quei giorni era diventato pubblico un “Liederbuch”, un libro di canti della Burschenschaft “Germania”, di cui era vicepresidente. Canti razzisti e antisemiti, di cui avevamo riferito in questo blog il 26 gennaio 2018.

Diceva uno di questi: “Da trat in ihre Mitte der Jude Ben Gurion/Gebt Gas, ihr alten Germanen, wir schaffen die siebte Million”. Che si può tradurre: “È venuto in mezzo a voi l’ebreo Ben Gurion/date gas, antichi Germani, facciamo il settimo milione”. In italiano non fa rima, come nella versione originale in tedesco, ma è chiaro il riferimento ai 6 milioni di vittime dell’Olocausto, che sarebbero potute diventare 7, se “gli antichi Germani daranno gas”.

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