Sabato 18 Maggio 2024

15.05.24 Marburger Zeitung - CopiaSe chiedete a un austriaco che cosa gli ricordi il 24 maggio, non saprà rispondervi. Forse non avrete risposta nemmeno da molti italiani. Ma in Austria la data che segna l’ingresso in guerra dell’Italia oggi non dice assolutamente nulla. Nel maggio di cento anni fa l’impero austro-ungarico stava già combattendo da undici mesi. L’attacco dell’Austria alla Serbia era stato sferrato il 28 luglio del 1914. Per gli austriaci, dunque, il centenario di quell’”inutile strage” è stato ricordato lo scorso anno, con dovizia di mostre, convegni e pubblicazione di libri. Quest’anno si pensa ad altro, al 150.mo anniversario dell’inaugurazione della Ringstrasse, per esempio, o all’Eurovision Song Contest, che si è concluso ieri sera, dopo tre serate trasmesse in diretta dall’Orf.

Non così cento anni fa. L’intervento dell’Italia segnò profondamente il corso del conflitto. Nel maggio 1915 l’Austria era in guerra da quasi un anno e aveva già subito perdite ingentissime. Tutti i quadri con cui il suo esercito aveva iniziato le ostilità erano morti o feriti, sostituiti da giovani leve, senza esperienza di combattimento. Tra le vittime, molti sudditi austriaci di nazionalità italiana del Trentino, della contea di Gorizia e Gradisca e del litorale, morti sul fronte galiziano e dimenticati per quasi un secolo come caduti di serie B (ancor oggi il Comune di Cervignano si rifiuta di rendere loro omaggio con un monumento degno di questo nome, che uno sculture locale ha messo gratuitamente a disposizione). L’esercito imperial-regio che gli italiani si trovarono di fronte era dunque un esercito già fortemente provato. Come se l’Udinese scendesse in campo per affrontare una squadra che ha già giocato un primo tempo contro altri avversari e ha sostituito con le riserve giovanili i suoi giocatori infortunati.

La dichiarazione di guerra, presentata il 23 maggio, fu interpretata allora – e questa interpretazione è rimasta fino ad oggi nella memoria collettiva degli austriaci – come l’atto proditorio di un alleato. È compito degli storici stabilire se le cose stiano proprio così. L’Italia era legata all’Austria-Ungheria e alla Germania nella Triplice alleanza, ma il Patto di Londra, per quanto segreto, e la decisione dell’Italia di schierarsi con i Paesi dell’Intesa non fu una sorpresa per nessuno. Il governo austriaco e lo stato maggiore del suo esercito erano ben consapevoli di questa eventualità. I servizi segreti austriaci, coordinati dall’”Evidenzbüro”, tenevano da tempo sotto controllo le nostre forze armate. In particolare, i servizi di informazione della Marina, che avevano sede a Pola, avevano incominciato a monitorare la costa italiana e tutti i porti già anni prima che la guerra scoppiasse.

Che sia stata l’Italia a dichiarare decaduta la Triplice alleanza e non l’Austria è soltanto un caso. Il generale Franz Conrad von Hötzendorf, capo di stato maggiore dell’esercito austro-ungarico e futuro feldmaresciallo, da anni insisteva con l’imperatore per una guerra preventiva contro la Serbia e contro l’Italia. La diffidenza era reciproca. Fin dal primo decennio del secolo scorso l’Austria aveva dotato il Trentino di poderose fortificazioni sentendosi minacciata dall’alleato italiano. E lo stesso aveva fatto l’Italia. Una di queste fortificazioni, peraltro mai utilizzata, è tuttora visibile sulla sommità del monte Tudaio di Laggio, al confine tra Carnia e Cadore.

Insomma, la scelta dell’Italia di entrare in guerra contro l’Austria non fu una sorpresa, ma fu presentata come tale. La stampa di Vienna e di tutti i cosiddetti Paesi della corona ne diede l’annuncio già il giorno 24 maggio (la dichiarazione di guerra era stata presentata il giorno prima) con il manifesto dell’imperatore Francesco Giuseppe, che incomincia con le memorabili parole: “Ai miei popoli! Il Re d’Italia mi ha dichiarato guerra! Una fellonia, di cui la storia non conosce eguali, è stata commessa dall’Italia nei confronti di entrambi i suoi alleati”.

Lo storico messaggio prosegue ricordando come, “dopo un’alleanza durata oltre trent’anni… l’Italia ci abbia abbandonato nell’ora del pericolo e con le bandiere al vento sia passata nel campo dei nostri nemici”. L’imperatore accenna alle rivendicazioni italiane, che l’Austria sarebbe stata disponibile a soddisfare, “anche sacrificando terre particolarmente care al nostro cuore paterno”, pur di “preservare l’alleanza e la pace”. “Ma l’ingordigia dell’Italia, convinta di poter sfruttare la situazione, non poteva essere placata. E così il destino si è compiuto”.

Ma “il perfido nemico da sud non è un avversario nuovo”, lo è già stato nelle guerre risorgimentali. E Francesco Giuseppe ha buon gioco a ricordare con orgoglio le battaglie di Novara, Mortara, Custoza, in cui il Regno d’Italia fu sconfitto dalle armi austriache, la cui memoria “ci garantisce che la monarchia saprà difendere con successo anche il confine meridionale”. Il messaggio imperiale si chiude con la preghiera “a Dio onnipotente, affinché benedica le nostre bandiere e prenda sotto la sua  misericordiosa protezione la nostra giusta causa”.

A ben vedere, il manifesto imperiale segna la fine di un mondo e l’inizio di un mondo nuovo. Appartiene al passato la concezione tipica di Francesco Giuseppe che la guerra sia una questione tra case regnanti (non l’Italia ha dichiarato guerra all’Austria, ma il re d’Italia ha dichiarato guerra a lui personalmente). Ma nelle righe che seguono c’è già il germe di quella propaganda di guerra che diventerà nel tempo sempre più importante, sul fronte interno e su quello esterno, come i video diffusi ai giorni nostri dall’Isis dimostrano. E anche l’Isis, come il vecchio imperatore, invoca il “Dio onnipotente” per mandare i suoi popoli al massacro.

 

IN APERTURA, la prima pagina del “Marburger Zeitung” (il giornale di Maribor, che allora faceva parte della Stiria meridionale e in tedesco si chiamava Marburg) del 24 maggio 1915. Il titolo principale annuncia: “Dichiarazione di guerra dell’Italia!”. Nel sommario si legge: “La traditrice Italia ha dichiarato ieri guerra ai suoi alleati”. Il titolo del taglio medio: “Il manifesto dell’imperatore”. Nel cappello si annuncia in forma molto burocratica che nell’edizione straordinaria della “Wiener Zeitung” (la Gazzetta Ufficiale) dello stesso giorno è apparsa la comunicazione con cui l’“apostolica imperial-regia maestà” ha incaricato il “caro conte Stürgkh”, primo ministro, di annunciare “ai miei popoli” l’allegato documento. L’”allegato documento” è il manifesto che si apre con le celebri parole: “Il re d’Italia mi ha dichiarato guerra!”. Abbiamo scelto il “Marburger Zeitung” fra una trentina di quotidiani usciti cento anni fa nelle città dell’impero absburgico, tutti con la notizia dell’entrata in guerra dell’Italia e con il manifesto dell’imperatore in prima pagina.

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