Sabato 18 Maggio 2024

10.03.09 01 Visco campo di concentramentoIn questo blog parlo dell’Austria. Dell’Austria di oggi soprattutto. Talvolta dell’Austria di ieri,  mitteleuropea e multietnica. Oggi faccio un’eccezione, per dedicare questo spazio a Visco, un luogo del Friuli che per cinque secoli era stato parte di quell’Austria e che da quasi cent’anni non lo è più, ma che per uno scherzo del destino ha riavuto per qualche tempo sul suo territorio sloveni, croati, bosniaci, montenegrini, herzegovini, una parte cioè di quei popoli con cui aveva condiviso le sorti dell’impero absburgico. È accaduto 67 anni fa, quando a Visco fu allestito un campo di concentramento fascista. Ciò che resta di quel campo rischiava di essere cancellato. Il pericolo è stato sventato, grazie soprattutto all’opera di informazione e di convincimento svolta da Ferruccio Tassin. Lascio a lui la parola, non solo per la sua competenza storica, ma anche per la passione e la tenacia con cui ha lottato perché non andasse perduta la memoria di quel tempo non proprio felice della storia italiana.

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10.03.09 04 Visco campo di concentramento; cucine “…A conclusione di quanto fin qui esposto, si ritiene che il complesso della Caserma Luigi Sbaiz, […] costituisca un riferimento significativo e stringente ad alcune pagine fra le più drammatiche della storia del nostro Paese, in quanto testimonianza di eventi la cui memoria va conservata e trasmessa al futuro. Per questi motivi si ritiene che il complesso della Caserma “Luigi Sbaiz”, nel suo nucleo storico, con particolare riferimento agli edifici in questa sede descritti, rivesta un notevole interesse culturale e dunque sia degno di particolare tutela, secondo quanto previsto dal Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”.

È il succo della corposa relazione allegata al decreto di vincolo emesso dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, il 29 gennaio. Così viene salvata la memoria del campo di concentramento fascista di Visco (Udine), che dal febbraio al settembre del 1943 vide rinchiusi dietro il filo spinato 3.500-4.000 jugoslavi (anche vecchi, donne e bambini)

Significa che circa 68.000 metri quadrati su 117.000, più di metà delle ex caserme, in funzione dal 1947 al 1996 (il 58%), il cuore logistico dell’ex campo di concentramento, sono sottoposti a tutele, per le quali sarebbe ragionevole una valorizzazione che contemperi necessità di memoria dell’ospedale 0.35 della Croce Rossa Italiana (1000 posti letto, in un primo tempo in tenda, il più grande d’Italia nel suo genere), che vi fu ospitato dal 1915 al 1917; del campo profughi del Piave (gli venne dietro dal 1917 al 1923), del campo di concentramento per jugoslavi (febbraio-settembre 1943).

Il decreto, insieme con quello che vincola la ex dogana austriaca (tutti i 2.500 metri quadrati fra dogana, annessi e spazi verdi), è giunto in municipio il 4 febbraio, e viene incontro a una serie di richieste e auspici espressi da intellettuali (tra essi il candidato al  premio Nobel per la letteratura, prof. Boris Pahor), personaggi politici italiani e stranieri, tanto da muovere l’interesse di grandi riviste e giornali in Italia e all’estero (dello scorso mese gli ampi servizi su “Famiglia Cristiana” e “Mladina”, in Slovenia).

Soddisfazione per la buona notizia (è l’unico campo fascista in Italia sostanzialmente integro nella sua parte logistica) è stata espressa, tra gli altri, dal direttore della Scuola normale di Pisa, prof. Salvatore Settis, e dal corrispondente del “Corriere della Sera” a Gerusalemme, Francesco Battistini. La salvaguardia di questo complesso risulta di valenza internazionale, non solo perché coinvolge nella memoria gli sloveni, i croati, i bosniaci, i montenegrini, i serbi, gli herzegovini che vi furono rinchiusi, ma anche per la sua posizione. È sito nei luoghi che per cinque secoli furono confine (nel senso di “cum fines”, territori che s’incontrano) fra la cultura latina a ovest e a est le culture tedesca, slava e ungherese.

Nella foto, le cucine del campo di concentramento di Visco.

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