Sabato 18 Maggio 2024

Alzi la mano chi conosce Ferdinand Porsche. Certo, molti conoscono le auto che portano il suo nome. Ma già nel pronunciarlo rivelano involontariamente di non saperne un granché. Dicono “porsch”, senza la “e” finale, come se fosse francese, mentre quella “e” va pronunciata, perché il cognome è tedesco. È il cognome di una famiglia boema, che apparteneva alla comunità tedesca particolarmente numerosa nella regione dei Sudeti. I Porsche vengono da lì e sono vissuti poi tra la Germania e l’Austria e in Austria, a Zell am See, hanno una residenza e il capostipite Ferdinand ha voluto esservi sepolto.

I trasferimenti da un Paese all’altro sono dovuti al lavoro di fabbricante d’auto di Ferdinand Porsche, la cui storia non è legata soltanto al marchio Porsche, ma anche e soprattutto a quello della Volkswagen, di cui la famiglia austriaca dei Porsche ha attualmente, direttamente o indirettamente, il controllo.

Ma oggi qui ci interessa un capitolo della sua straordinaria vita nel modo dei motori, quello legato al Terzo Reich e al suo coinvolgimento nei crimini del regime nazista. Lo facciamo perché il Comune di Linz, proprio per questa ragione, ha deciso di cambiare nome a una via che in passato gli era stata dedicata, la “Porscheweg”, nel quartiere “Neue Heimat”, a sud-ovest della città.

Non è una via importante. Al contrario, è così poco importante che non è stata presa in considerazione neppure da Street View. Ciononostante il consiglio comunale di Linz ha ritenuto che neppure un’arteria così marginale e secondaria potesse portare il nome di un criminale nazista. Hanno votato per la ridenominazione i gruppi consiliari di Övp (Partito popolare), Spö (Partito socialdemocratico) e Verdi. Contrari soltanto i consiglieri dell’Fpö, il partito dell’estrema destra sovranista, che un tempo era formato da ex nazisti e che ora dice di non esserlo più, ma evidentemente ha ancora qualche difficoltà a rielaborare il suo passato storico.

Nella delibera, che dispone la cancellazione della “Porscheweg”, a Ferdinand Porsche viene attribuito “un ruolo guida nel sistema nazionalsocialista” e viene considerato “personalmente responsabile del lavoro coatto di migliaia di prigionieri dei campi di concentramento”. Porsche, insomma, avrebbe “approfittato senza scrupoli del regime nazista”. La biografia del geniale progettista e costruttore d’auto comprende anche questo capitolo oscuro, poco conosciuto, ma non ignorato, per cui sorprende soltanto che la città di Linz abbia atteso così tanti anni per occuparsene.

L’avvicinamento di Porsche al nazismo avviene nel 1937, quando si iscrive al Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, il Partito nazionalsocialista tedesco. Accade giusto un anno prima dell’Anschluss dell’Austria al Terzo Reich, di cui lui è un fautore. Le sue fabbriche producono il “maggiolino” Volkswagen, per soddisfare la richiesta di Hitler di un’auto che costasse meno di 1.000 marchi e fosse accessibile anche ai ceti popolari, e lavorano alacremente per l’industria bellica del Reich (dalle autoblindo alle V1). Nel 1942 riceve il grado onorario di “Oberführer” delle SS, equiparabile a quello di generale, e, nello stesso anno, anche la Croce di guerra di 1. Classe. Nel 1944 viene insignito dell’anello con teschio di “Reichsführer” delle SS, massima onorificenza, seconda soltanto a quella di Heinrich Himmler.

Negli anni di guerra diventa “l’ingegnere prediletto” di Adolf Hitler, che gli conferisce incarichi di responsabilità nell’apparato bellico. Ma ciò che ne fa un criminale non sono i titoli onorifici e la simpatia del dittatore, quanto l’impiego dei prigionieri nelle sue fabbriche. Fu Porsche personalmente a rivolgersi nell’ottobre 1941 a Himmler per suggerire l’impiego di prigionieri di guerra come schiavi nelle sue fabbriche.

Nello stabilimento di Wolfsburg (Bassa Sassonia) ne furono impiegati 20.000, tra il 1942 e il 1945. Venivano dalla Polonia, dall’Urss, dalla Francia, dal Belgio, dall’Olanda. Venivano anche dall’Italia. Le liste con i nomi sono incomplete, ma si calcola che non meno di 500 siano morti per le condizioni disumane del loro lavoro.

A Rühen, un paese vicino a Wolfsburg, Porsche fece costruire una “casa di cura” per lavoratrici coatte polacche, russe e ucraine incinte. Il regime nazista non tollerava che potessero crescere i loro figli, che perciò venivano eliminati facendo abortire le madri oppure lasciati morire per incuria o direttamente ammazzati dopo la nascita. Nella “casa” allestita da Porsche furono fatti morire in questo modo 365 neonati messi al mondo da madri sovietiche o polacche.

Nel 1945, a guerra finita, Ferdinand Porsche si ritirò con la famiglia nella sua casa a Zell am See, sperando di farla franca. Poco dopo, però, fu arrestato dai francesi e incarcerato per soli 22 mesi. Tutto sommato gli andò bene.

L’Austria del dopoguerra, nel nome della riappacificazione, dimenticò rapidamente le responsabilità dei suoi concittadini nel regime nazista. Molti di essi, anzi, ottennero incarichi di prestigio e onorificenze. A Ferdinand Porsche, per esempio, non solo Linz, ma anche altre città dedicarono strade o piazze, perché il ruolo di imprenditore e progettista d’auto aveva messo in secondo piano il suo passato nazista.

Ora Linz ha ritenuto di far luce su questo passato. Ha incaricato una commissione di storici di esaminare il ruolo nel regime nazista di 64 persone definite “problematiche”, a cui erano state intitolate vie della città. A conclusione dei suoi lavori, la commissione ha raccomandato di cancellarne il nome soltanto a quattro. Tra queste la via intitolata a Porsche.

C’è una “Porscheweg” anche a Graz e anche Graz si è affidata a una commissione, che ne ha proposto la ridenominazione, ma poi non è stato fatto nulla. Caso analogo a Klagenfurt. Nel capoluogo della Carinzia c’era una strada nei pressi del Minimundus intitolata al “Prof. Porsche” (“Prof.”, perché a Porsche nel corso degli anni erano stati attribuiti titoli universitari onorari). Il problema è stato risolto furbescamente sostituendo il nome del costruttore d’auto con “Porsche Strasse”, come se la via fosse dedicata non alla persona, ma al marchio automobilistico.

NELLA FOTO, la “Porscheweg” di Linz, che presto avrà un nuovo nome.

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