Sabato 18 Maggio 2024

17.06.03 52 Vienna, Brunnenmarkt; bancarelle in Brunnengasse - CopiaLa demografia è quella scienza che studia i fenomeni relativi alla popolazione. Ci spiega com’è la popolazione e perché è così. E ci spiega anche come cambierà negli anni a venire, avvalendosi dei dati statistici disponibili. Non è naturalmente una scienza esatta, perché i dati di cui si serve per lavorare sono a loro volta mutevoli. Una guerra, un’epidemia, una contaminazione nucleare, impossibili da prevedere, possono mettere in discussione proiezioni demografiche che in origine apparivano perfette. E pur tuttavia i demografi non si perdono d’animo, perché i loro studi sono comunque utili per capire come va il mondo e per consentire a politici ed economisti di fare delle scelte che non siano affidate semplicemente al caso.

Uno dei fenomeni più significativi degli ultimi anni è quello migratorio. C’era sempre stato nella storia dell’uomo, ma ora sta assumendo dimensioni rilevanti. La parola “invasione” usata da molti è impropria. Il Libano, che sta accogliendo 2 milioni di profughi (su una popolazione di 6 milioni), potrebbe legittimamente considerarsi invaso. Non l’Europa, dove pure sono giunte in pochi anni centinaia di migliaia di profughi, che tuttavia rappresentano percentualmente lo zero virgola degli abitanti del continente.

Non lo può dire nemmeno l’Austria, che peraltro è tra i Paesi che ha dato maggiore accoglienza ai profughi (150.000, tra il 2015 e il 2016) e che soltanto alcuni commentatori disinformati possono definire xenofobo, solo perché sta adottando alcune misure restrittive, dopo aver fatto il quadruplo di ciò che ha fatto l’Italia nell’accoglienza. Ma anche i 150.000 richiedenti asilo in Austria non sono tanti, su una popolazione di 8 milioni 700 mila abitanti. Sono meno di quelli rifugiatisi a Vienna dalla Galizia e dintorni nel primo anno della Grande guerra.

Tuttavia, pochi o tanti che siano, questi innesti di uomini e donne giunti da luoghi remoti e in prevalenza islamici stanno modificando il profilo demografico austriaco, tanto da indurre più di qualcuno a chiedersi come sarà l’Austria tra qualche decina d’anni. La risposta è già pronta. L’ha fornita un istituto di studi demografici che non sta in Austria e nemmeno in Europa, ma a Washington: il Pew Research Center.

L’istituto ha elaborato una previsione dell’andamento demografico austriaco fino al 2050 e il risultato a cui è giunto è che, anche se d’ora in avanti non arrivasse più in Austria alcun migrante, la popolazione islamica crescerebbe comunque del 2,4 per cento. La previsione deriva da un’analisi della struttura degli immigrati di questa religione per fasce di età. In tutta Europa, non solo in Austria, il 25% è sotto i 14 anni (i non islamici sono il 15%). La fertilità inoltre è molto superiore: le donne mussulmane in Austria hanno in media 2,2 figli, le altre 1,5. Il saldo positivo tra nati e morti nella popolazione islamica ha visto crescere questa componente in Europa di 2,2 milioni dal 2010 ad oggi, mentre nello stesso arco di tempo la popolazione non islamica è calata di 1,67 milioni (per la ragione opposta: il numero dei decessi ha superato quello delle nascite).

Per dirci come sarà la popolazione austriaca del futuro il Pew Research Center ha preso in considerazione tre scenari. Il primo è quello già indicato della “immigrazione zero” (è un’ipotesi puramente teorica, perché nemmeno la politica anti-immigrati del nuovo governo di centro-destra riuscirà a impedire del tutto il loro arrivo: qualcuno passerà comunque): l’aliquota islamica della popolazione austriaca salirà dal 6,9% attuale al 9,3% nel 2050.

Se ci fosse invece un’immigrazione controllata e limitata, la quota salirebbe al 10,6%. Il terzo scenario, infine, prende in considerazione l’ipotesi  che si ripetano ondate migratorie massicce, come quelle verificatesi tra l’autunno 2015 e la primavera 2016. In tal caso la componente islamica si quadruplicherebbe, salendo a 2,1 milioni di abitanti, pari al 19,9%. In altre parole, un quinto della popolazione austriaca.

Lo studio del centro di Washington è molto serio e ha esaminato in maniera approfondita tutti i dati a disposizione, prendendo in considerazione ovviamente anche il fatto che non tutti i migranti che chiedono di poter vivere in Austria sono islamici. Lo sono stati in percentuale maggiore negli ultimi anni, ma considerando il periodo dal 2010 e alla metà del 2016 avevano rappresentato il 72%.

C’è però un elemento ulteriore che andrebbe preso in considerazione. I siriani, gli afghani, gli iracheni che chiedono asilo in Austria sono islamici (tranne insignificanti eccezioni). Ma lo saranno anche i loro figli? Saranno figli di siriani, afghani, iracheni, con tutti i problemi di integrazione o inclusione che ciò comporta, ma non necessariamente anche di fede islamica. Uno studio condotto in Germania ha rilevato che degli gli immigrati provenienti dalla Turchia o da Paesi arabi soltanto un terzo aveva conservato la fede religiosa della famiglia. Uno studio analogo non è stato ancora fatto in Austria, ma il numero tutto sommato modesto dei frequentatori di moschee o case di preghiera induce a credere che gli islamici praticanti siano molto inferiori agli immigrati giunti da Paesi islamici.

La religione islamica appare più un elemento identitario e culturale, che un’autentica fede religiosa. Da ciò l’opportunità di politiche di integrazione, per far sì che nel 2050 quel 6,9 o 10,6 o addirittura 19,9 quella parte della popolazione identificata dal Pew Research Center come islamica, conservi memoria delle sue origini, ma si senta convintamente parte della popolazione austriaca.

 

NELLA FOTO, il Brunnenmarkt di Vienna, l’affollato mercato di bancarelle nel distretto di Ottakring, gestite da venditori in prevalenza di origine turca, cui si sono aggiunti di recente anche siriani.

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