Ai viennesi piace il gelato. Piace soprattutto il gelato italiano, quello tradizionale, prodotto artigianalmente. Sono 30 le gelaterie artigianali italiane a Vienna e sono sempre affollate. In genere aprono a marzo, nel giorno del loro patrono, San Giuseppe, e chiudono a fine estate (un tempo già dopo ferragosto, ora nella seconda settimana di settembre). Poi i gelatieri tornano a casa loro, in Italia, molti di essi nella Val di Zoldo, che è la culla del gelato italiano.
È della Val di Zoldo anche Silvio Molin Pradel, presidente dell’Agia (Associazione gelatieri italiani in Austria). Anche lui apre la sua gelateria in Schwedenplatz a marzo e la chiude in settembre, ma dopo non torna a casa. Il suo laboratorio, nella Seestadt, il nuovo quartiere satellite di Vienna, lavora tutto l’anno, per rifornire di gelato pasticcerie e supermercati.
I Molin Pradel sono a Vienna da quattro generazioni. Il primo della dinastia, anche lui di nome Silvio come il pronipote, vi arrivò nel 1886, da “straniero”. La sua Val di Zoldo era stata annessa all’Italia dieci anni prima. Ma a Vienna non fu visto come un “nemico”. “I rapporti con noi erano buoni – spiega il pronipote – Ci rispettavano, perché noi gelatai, come gli arrotini che arrivavano dal Friuli, eravamo visti come imprenditori. Piccoli, ma sempre imprenditori, non immigrati in cerca di lavoro”.
Certo le condizioni sociali di allora erano molto diverse. Proprio in quell’anno la polizia sparò sui lavoratori in sciopero, che chiedevano la riduzione dell’orario giornaliero da 10 a 8 ore, uccidendone sei. Oggi, con 16 euro, si arriva Vienna con Ryanair in un paio d’ore, ma allora il viaggio dalla Val di Zoldo rappresentava un’avventura.
Il trisavolo non partiva da solo, portava con sé alcuni ragazzi del paese per farsi aiutare, nessuno dei quali prima di allora aveva mai messo piede fuori della valle. Il pronipote ricorda che anche nella generazione successiva la nonna girava in bicicletta per il Veneto in cerca di camerieri disposti a unirsi al marito nel viaggio a Vienna, che a quel tempo sembrava più lontana della luna.
Nella capitale dell’impero il gelataio zoldano non aveva una gelateria. Girava con un carrettino, come si vede ancor oggi in alcune sagre. I posti strategici erano davanti alle pasticcerie, finché non fu costretto a spostarsi per la protesta della corporazione dei pasticcieri, a cui sottraevano la clientela. La prima gelateria in un locale fisso fu aperta nel 1905. Seguirono alcuni traslochi, finché nel 1932 fu trovata l’attuale sede nella Schwedenplatz, un punto strategico sul Donaukanal, tra il centro storico e la Leopoldstadt, il quartiere degli ebrei.
Da allora è cambiato il mondo e sono cambiate anche Vienna e l’Austria. Oggi la gelateria di Molin Pradel ha 60 dipendenti, ma solo una ventina sono gli italiani, gli altri vengono dalla Slovenia, dalla Croazia, dalla Bosnia, dalla Polonia. Gli austriaci sono soltanto due, probabilmente perché chi risiede in Austria tende a evitare lavori stagionali.
I rapporti con la popolazione viennese? “Molto buoni – risponde Molin Pradel – Nonostante due guerre mondiali, qui siamo ben voluti, segno che i nostri avi hanno seminato bene. Gli austriaci amano l’Italia e gli italiani, per la qualità della vita, la bellezza del paesaggio, la cordialità della gente”.
Ci amano nonostante i problemi politici e finanziari del nostro Paese? “La gente non ne è informata e non ne parla. Quando si accenna a difetti dell’Italia, loro pensano, per esempio, ai ritardi dei treni, alla scarsa cura dei beni storici di cui siamo straricchi. Ma ne parlano con simpatia. Quando vengono in Italia e trovano il nostro caos sono quasi contenti, perché per loro è sinonimo di libertà”.
Silvio Molin Pradel in questi giorni è molto impegnato. Sta preparando la Settimana del gelato artigianale italiano, giunta alla terza edizione, che si aprirà il 22 aprile. Lo scopo è di consolidare l’immagine della gelateria italiana e della sua presenza ormai storica a Vienna. Per questo il presidente dell’Agia e i suoi colleghi si presenteranno ai viennesi con un carrettino come quello del trisavolo di oltre un secolo fa, mentre il gelato sarà mantecato a mano con la spatola da ex gelatieri ora in pensione, in calzoni alla zuava e camicioni colorati come i montanari della Val di Zoldo, che avevano raggiunto Vienna con i loro arnesi da lavoro tanti anni fa. Tutto sarà fatto come una volta, senza celle frigorifero, ma con ghiaccio e sale per raffreddare il gelato e antiche piastre di cottura per preparare le cialde per i coni.
Insomma, una via di mezzo tra rievocazione storica e sagra, che nei sette giorni della festa sarà ripetuta all’aperto davanti alle gelaterie italiane. Nelle due edizioni precedenti, come si può ben capire, il successo è stato enorme, anche perché in ogni giorno della settimana i primi 200 gelati sono stati offerti gratis.
Il secondo giorno della settimana i gelatai non saranno in strada con il carrettino, ma ospiti dell’ambasciatore Giovanni Pugliese, a palazzo Metternich. Sarà un evento istituzionale, in cui avranno modo di far vedere come si produceva il gelato artigianale italiano agli ospiti dell’Ambasciata italiana e a una rappresentanza di giornalisti.
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