Sabato 18 Maggio 2024

19.09.23 Marko FeingoldLa vita a volte riesce a sorprenderci. Sicuramente ci ha sorpreso quella di Marko Feingold (nella foto), deceduto quattro giorni fa a Salisburgo. È morto a 106 anni, ma sarebbe potuto morire più volte già tanti anni fa, quando ne aveva 30. Perché lui, ebreo, era stato arrestato nel 1939 dalla Gestapo e poi deportato ad Auschwitz. In seguito era stato trasferito al campo di concentramento di Neuengamme e da lì a Dachau, per finire nel 1941 a Buchenwald, dove l’11 maggio del 1945 era stato liberato dagli americani.

Sono luoghi da cui a quel tempo non si usciva vivi. Non era uscito vivo il fratello Ernst, arrestato insieme a lui. Non ne erano uscite vive le loro due sorelle. Marko invece c’è l’aveva fatta, perché questo era il suo destino e perché era il suo destino quello di sopravvivere ai suoi aguzzini, per poter raccontare al mondo quel che avevano visto i suoi occhi. Era il più vecchio superstite dell’Olocausto in Austria.

Marko Feingold era nato a Neusohl, allora nel regno di Ungheria (oggi in Slovacchia) il 28 maggio 1913, ma la sua famiglia si era trasferita presto a Vienna, nella Leopoldstadt, il quartiere al di là del Donaukanal che l’imperatore Leopoldo aveva destinato agli ebrei. Nel 1932, dopo aver frequentato le scuole commerciali, Marko con il fratello Ernst aveva lasciato l’Austria, stremata dalla crisi economica, e si era trasferito in Italia, dove aveva fatto con successo il rappresentante di saponi liquidi e cera per pavimenti.

Nel febbraio 1938 i due erano tornati a Vienna, per rinnovare il passaporto, ma poche settimane dopo erano stati sorpresi dall’Anschluss e dall’arrivo dei nazisti. Marko era riuscito a fuggire a Praga e in Polonia, ma poi la Germania di Hitler era arrivata anche lì e per lui era incominciato il calvario dei campi di concentramento e dei lavori forzati.

Dopo la guerra voleva ritornare a Vienna, ma per puro caso era finito a Salisburgo (il convoglio che trasportava lui e altri 127 sfollati reduci dai lager era stato fermato alla linea di demarcazione dell’Enns, che segnava il confine tra la zona occupata dall’Urss e quella occupata dagli Usa, e il gruppo era stato rispedito indietro). Da questa città, tra il 1945 e il 1948, organizzò il trasferimento illegale in Palestina di 100.000 ebrei provenienti dal Centro e dall’Est Europa.

Avevamo avuto occasione di parlarne in questo blog il 23 giugno scorso, riferendo dell’Alpine Peace Crossing (Apc). Quando non gli fu più possibile far giungere gli ebrei ai porti italiani attraverso il passo del Brennero, perché gli alleati glielo impedivano, Feingold trovò una via alternativa attraverso i Tauri: partenza a piedi da Krimml, nel Salisburghese, scavalcamento della sella Krimmler Tauer a 2.633 metri di quota, discesa nella Ahrntal, nel Sud Tirolo. Un percorso disagevole ed estenuante per persone denutrite, male equipaggiate e spesso in età avanzata, che richiedeva un cammino di 12 ore su un terreno impervio. Ma in questo modo altri 5.000 ebrei riuscirono a lasciare l’Austria, che non li voleva, e a raggiungere la “terra promessa”.

Quell’epopea rischiava di essere dimenticata, se nel 2007 l’Apc, di cui Feingold era membro onorario, non avesse deciso di ricordare quella fuga disperata attraverso gli Alti Tauri, organizzando una nuova traversata da Krimml alla Ahrntal e ripetendola tutti gli anni successivi, nell’ultimo weekend di giugno. Ogni edizione ha visto la partecipazione di 150-200 persone, alcune venute appositamente da Israele. Nel 2018 aveva voluto essere presente alla partenza anche il Capo dello Stato, Alexander Van der Bellen. E, naturalmente, nonostante l’età ultracentenaria, era sempre presente Marko Feingold, per portare il suo saluto ai partecipanti. Voleva testimoniare con la sua persona quel che era accaduto negli anni bui del nazismo, così come aveva fatto nel corso della sua lunga vita parlando in oltre 6.000 classi delle scuole dell’Austria.

Soltanto all’Alpine Peace Cross di quest’anno Feingold era mancato. Faceva troppo caldo e il suo medico per prudenza gli aveva proibito di uscire di casa. Ma era ancora in relativa buona salute, nonostante i suoi 106 anni. Poi è sopravvenuta la polmonite, che a uomini di quell’età non perdona. Marko Feingold si è spento nella sua casa di Salisburgo e con lui si è spenta la sua voce, di cui l’Austria e l’Europa avrebbero tanto bisogno, in tempi in cui l’antisemitismo sta riprendendo vigore e c’è chi addirittura giunge a negare l’esistenza dei campi di sterminio.

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