Sabato 18 Maggio 2024

10.11.30 soldi-euroDal 2011 sarà meno conveniente – se non addirittura sconveniente – investire in Austria. Il 1. gennaio, infatti, entra in vigore la nuova imposta del 25% sul reddito da capitale, che dovrebbe procurare allo Stato un gettito annuo di 500 milioni. La cosa riguarda gli austriaci, certo, ma in parte anche gli italiani, quelli almeno che hanno affidato i loro patrimoni, grandi o piccoli, alle banche austriache.

Sono tanti? sono pochi? Nell’autunno 1992, mentre la lira stava precipitando, agli sportelli di Villach e Klagenfurt i nostri connazionali arrivavano in processione con borse cariche di denaro contante. Il panico poi è cessato, soprattutto dopo l’arrivo dell’euro. Ciò non toglie che, in base ai dati resi noti dalla Banca nazionale austriaca, due anni fa i depositi privati italiani in Austria (esclusi, quindi, quelli di imprese e altre persone giuridiche) ammontassero a 1,399 miliardi. Questi i dati ufficiali. Poi ci sono gli euro non dichiarati, nemmeno dopo lo scudo fiscale di Tremonti, di cui non si conosce l’entità.

Ai titolari di quei depositi interessa sapere che cosa gli aspetta tra poco più di un mese. Non cambia nulla per chi ha un libretto di risparmio: gli interessi erano tassati al 25% prima e continueranno a esserlo anche in futuro. La novità fiscale riguarda invece le altre forme di investimento, come azioni, obbligazioni, fondi (vengono risparmiati i fondi previdenziali e le forme di risparmio legate a un’assicurazione). Finora questi titoli non erano soggetti all’imposta sul reddito da capitale, se non negoziati prima di un anno. Dal 1. gennaio lo saranno sempre, indipendentemente dal tempo trascorso tra l’acquisto e la vendita. Se daranno utili, un quarto di questi utili andranno allo Stato.

Più complicato il meccanismo per i fondi, che saranno sottoposti a una tassazione su due livelli. Il primo riguarderà la compravendita dei titoli all’interno di ciascun fondo, i cui interessi fruttati saranno colpiti dall’imposta. Il secondo livello riguarderà il possessore di quote del fondo, che saranno tassate anch’esse se nel tempo aumenteranno di valore. In pratica una doppia tassazione. Il sistema è ancora più complesso di come l’abbiamo qui esposto (per esempio, quote di un fondo acquistate prima del 31 dicembre non saranno tassate alla loro liquidazione, mentre i titoli di quel fondo invece sì, indipendentemente dalla data di acquisto) per cui si può presumere che ai commercialisti in futuro non mancherà il lavoro.

Non mancherà il lavoro anche perché gli investitori potranno detrarre dagli utili conseguiti con determinati titoli le perdite sofferte con altri. Con questa precisazione: mentre le banche tratterranno immediatamente il 25% d’imposta sugli utili, il conguaglio con le perdite dovrà essere fatto dal contribuente e con un anno di ritardo, inserendolo nella dichiarazione dei redditi. E questo anno per anno. Nel senso che, se le perdite supereranno l’ammontare degli utili, non potranno essere portate in detrazione l’anno successivo.

Ciò avrà un’ulteriore conseguenza. Che per detrarre dagli utili le perdite sofferte con altri titoli, il contribuente dovrà rendere pubblica al fisco l’esistenza di depositi che prima erano ignoti. Nulla di male, in sé, salvo che in alcuni casi il fisco potrebbe essere incuriosito sull’origine di quei patrimoni, specie se il loro titolare è un contribuente con reddito modesto o addirittura senza reddito.

Un’altra novità riguarda i libretti di risparmio. Dal 1. di questo mese prelievi e versamenti possono essere effettuati solo presentando un documento di identità, in applicazione delle direttive europee sul riciclaggio e sulla lotta al terrorismo (prima l’identificazione era richiesta soltanto per importi superiori ai 15.000 euro). In Austria l’anonimato bancario è stato abolito nel 2002, ma di fatto l’Ue ha consentito che sopravvivesse temporaneamente per operazioni al di sotto dei 15.000 euro: potevano essere effettuate esibendo allo sportello un libretto non nominativo e la relativa password, senza identificazione. Questa facoltà è scaduta il 31 ottobre.

Certo, anche prima di quella data i cittadini non austriaci titolari di libretti dovevano essere identificati. Ma poteva sempre darsi il caso che anch’essi mantenessero l’anonimato facendosi passare per austriaci. Quel tempo è finito e anche il sistema bancario austriaco sta assomigliando sempre di più a quello degli altri Paesi europei, uscendo da quella “zona grigia” in cui lo aveva collocato l’Ocse.

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