Sabato 18 Maggio 2024

È una storia amara quella degli sloveni che vivono in Carinzia, come quasi sempre lo sono le storie di minoranze. Sottoposti a un processo di assimilazione negli anni dell’austrofascismo, perseguitati dal nazismo dopo l’Anschluß dell’Austria al Reich germanico, guardati con sospetto nel dopoguerra, perché ritenuti conniventi nelle stragi partigiane e quinta colonna della Jugoslavia comunista di Tito, la comunità carinziana di lingua slovena si è assottigliata nel tempo. Erano oltre 66 mila gli sloveni nella Carinzia dell’Impero absburgico – quello sì rispettoso dei diritti di tutti i suoi popoli! – si sono ridotti ora a poco meno di 12,5 mila.

Un dato puramente indicativo, perché non esiste un censimento vero e proprio. E poi un censimento di chi? Di chi parla lo sloveno, perché lo ha imparato per esigenze di lavoro, ma sloveno non è; o di chi è sloveno, ma ha dimenticato da tempo la lingua madre, perché l’uso del tedesco lo emancipava socialmente?

Quella degli sloveni di Carinzia è dunque la storia di una minoranza in estinzione. Un processo a cui aveva contribuito in parte Jörg Haider (e a cui stanno egregiamente contribuendo i suoi epigoni), ma non lui soltanto. Le responsabilità della mancata tutela del gruppo etnico sloveno in Carinzia può essere equamente ripartita tra tutte le forze politiche (a eccezione dei Verdi) e non soltanto a quelle xenofobe dell’estrema destra. Basti pensare al nodo fortemente simbolico – e irrisolto – della segnaletica bilingue, perché segno visibile della presenza sul posto di una comunità slovena.

Non l’aveva voluta Haider (nella sua ultima campagna elettorale aveva promesso che non sarebbe stato aggiunto un solo cartello bilingue ai pochi esistenti); non l’avevano voluta i suoi predecessori socialdemocratici e popolari alla guida del Land. È ormai nei libri di storia l’”Ortstafelsturm”, l’assalto inferocito della folla carinziana (di lingua tedesca), che nel 1972 aveva divelto i primi cartelli bilingui fatti montare dal governatore socialdemocratico Hans Sima, in attuazione di una norma della Costituzione che li prevedeva. Allora si preferì non rispettare la Costituzione, rinunciando ai cartelli (Sima fu costretto a dimettersi), e a tutt’oggi la situazione non è mutata, nonostante due sentenze della Corte costituzionale e molteplici iniziative politiche.

Ma una novità c’è ed è sorprendente. La soluzione, che a livello politico finora è stata impossibile, si sta delineando invece a livello popolare. Le associazioni patriottiche della Carinzia tedesca e quelle slovene (che non sono omogenee, perché una è di matrice cattolica, l’altra, almeno in passato, di ispirazione comunista) hanno incominciato a dialogare tra loro e in breve hanno dato vita al cosiddetto “Konsensgruppe”, cioè un gruppo che punta a un’intesa tra le due etnie della popolazione carinziana.

Si tratta di una rivoluzione copernicana, perché le prime fino a ieri consideravano gli sloveni “comunisti e assassini di patrioti”; e a loro volta venivano apostrofate dalle seconde come “naziste” o “fasciste”. Il ghiaccio tra i “nemici storici” è stato rotto e alcuni risultati si sono già visti, come le iniziative di informazione nei comuni della Carinzia meridionale (quelli dove è presente la minoranza slovena) o la proclamazione della “comune patria carinziana” per tedeschi e sloveni, sottoscritta dalle Chiese cattolica e protestante, dalle Camere dell’economia e del lavoro, da tutti i partiti politici a esclusione del Bzö, che attualmente guida della Carinzia.

L’opera del “Konsensgruppe” è apparsa così straordinaria da meritare pochi mesi fa l’importante “Premio civico” del Parlamento europeo (la consegna è avvenuta ad Arnoldstein, perché il governatore Gerhard Dörfler aveva negato l’uso della sala del Landtag a Klagenfurt). A quel riconoscimento se ne aggiungerà domani un altro: il “Premio della cultura” della città di Villach, che sarà consegnato dal sindaco Helmut Manzenreiter. Rappresentano entrambi un segnale che in Carinzia qualcosa sta cambiando e che il destino degli sloveni che qui vivono forse non è segnato.

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