Sabato 18 Maggio 2024

Agli austriaci questa Europa non piace, anche dopo il voto di ieri in Irlanda. Se fossero stati chiamati loro a dire come la pensano, probabilmente sarebbe prevalso lo stesso il “sì”, ma di poco e non perché la maggioranza degli austriaci amino l’Unione Europea. Avrebbero votato “sì” per quella prudenza che sembra far parte del loro dna.

“Keine Experimente” è la regola di vita dell’austriaco medio. Significa: non facciamo esperimenti, non lasciamo la strada nota per percorrere strade sconosciute che potrebbero condurci chissà dove. È una regola che sembrerebbe dettata dal buon senso, mentre invece è solo sintomo di chiusura al nuovo, al diverso.

Se dunque la maggioranza degli austriaci avrebbe votato a favore del trattato di Lisbona (che peraltro quasi nessuno conosce), lo avrebbe fatto di malavoglia, turandosi il naso come si usa dire da noi prendendo in prestito le parole di Montanelli. Lo avrebbe fatto per non rischiare un passo verso l’ignoto.

Illuminanti, in proposito, i posting nei siti web dei giornali austriaci, quando ieri pomeriggio è stata data notizia della vittoria del “sì” a Dublino: “Ha vinto la propaganda delle sinistre!”, “Le pecore irlandesi si sono scelte da sé il loro macellaio”, “Da oggi l’Irlanda la chiamo Irrland (raddoppiando la “r” si ricava un vocabolo che in tedesco significa “terra dei matti”, ndr)”, “Bombardate il popolo con la propaganda e le menzogne diventano verità”, “Un giorno di lutto per tutti gli uomini che vogliono vivere nella libertà e nella pace”, “Con il trattato di Lisbona viene annunciata la fine della democrazia. Che Dio protegga l’Austria”.

Non deve stupire allora che un austriaco su quattro voglia uscire dall’Ue. Gli altri tre preferiscono restarci, per rassegnazione, ignorando i benefici che all’Austria sono derivati dall’essere parte della comunità europea. Il dato risulta da un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca Manova tra 1500 cittadini con diritto di voto, per misurare il loro euroscetticismo secondo una scala dall’1 (simpatizzanti dell’Ue) al 6 (contrari all’Ue). I più euroscettici, naturalmente, si riscontrano tra gli elettori dell’Fpö, il partito liberalnazionale di estrema destra (livello 3,8); seguono i socialdemocratici dell’Spö (2,7); quindi i popolari dell’Övp (2,6); infine i Verdi (2,5), da sempre il movimento più europeista.

Perché tanta ostilità nei confronti dell’Europa? Probabilmente perché non se ne avvertono i benefici. Per esempio, il ruolo giocato dall’Ue nel fronteggiare la crisi finanziaria internazionale (che invece ha messo in ginocchio altri Paesi non facenti parte dell’Unione), l’importanza dell’euro nella bufera petrolifera di due anni fa, la mancanza di controlli (e di code) ai confini grazie agli accordi di Schengen. Tutte queste situazioni sono date per scontate e non il risultato dell’essere parte di un organismo sovranazionale. Persino gli oltre 60 anni di pace che ci separano dalla seconda guerra mondiale sembrano un dono piovuto dal cielo e non una conquista del lavoro svolto dai padri fondatori dell’Europa.

Si ricordano molto bene, invece, gli svantaggi: dalla libera circolazione dei Tir sulle autostrade che attraversano i Tauri e il Brennero (imposti dall’Ue a un’Austria che invece voleva porre un freno con gli ecopunti) alle sanzioni disposte dagli altri Paesi membri nel 2000, dopo la formazione del primo governo di centrodestra. In questo contesto, un ruolo importante ha svolto e sta svolgendo la classe politica austriaca, che per interessi di politica interna tende ad addossare all’Ue ogni scelta impopolare (basti pensare ai provvedimenti di bilancio per contenere il deficit nei parametri di Maastricht).

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