Sabato 18 Maggio 2024

15.04.28 RenatoGaribaldiSul progetto dell’elettrodotto da 220 kV Würmlach-Somplago è stata posta la pietra tombale. Già nel settembre scorso il Tribunale amministrativo federale aveva negato l’autorizzazione all’opera, giudicandola incompatibile con il territorio che avrebbe dovuto attraversare, una vallata che da Kötschach-Mauthen si insinua a sud verso il confine italiano, il cosiddetto “Kronhofgraben”, considerato un gioiello naturalistico, candidato a entrare a far parte del Patrimonio dell’umanità protetto dall’Unesco e già facente parte degli ambiti tutelati dal protocollo “Natura 2000”. Ora quella sentenza è stata confermata anche dal Consiglio di Stato, con un provvedimento che porta la data del 24 febbraio, ma che è stato pubblicato soltanto in questi giorni.

Ovviamente la competenza territoriale di questo supremo organo giurisdizionale si limita all’Austria, ma è evidente che, non potendosi realizzare i 42 chilometri di elettrodotto previsti in territorio austriaco, non avrebbe alcun senso realizzarne i restanti in territorio italiano, dal confine a Somplago, anche se sul nostro versante esisteva da luglio un parere positivo espresso dal Ministero per l’ambiente, con provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, relativo alla valutazione di impatto ambientale.

La decisione di settembre del Tribunale amministravo era stata accolta con sorpresa sia dai promotori dell’elettrodotto – la Alpe Adria Energia Spa di Udine – sia dagli oppositori (vari comuni della Carinzia e della Carnia e alcuni comitati ambientalisti transfrontalieri), perché dopo la decisione del Ministero italiano per l’ambiente e soprattutto dopo la presa di posizione favorevole dell’Ue, tutti davano per scontata una sentenza pro elettrodotto.

Nell’estate scorsa – lo ricordiamo – l’Ue aveva inserito l’opera nell’elenco, aggiornato ogni due anni, dei “progetti di interesse comunitario”, condizione che avrebbe consentito ad Alpe Adria Energia Spa di accedere ai finanziamenti europei, di accelerare i processi autorizzativi e di ottenere, se necessario, l’esproprio dei terreni. Ma il Tribunale amministrativo, come avevamo riferito anche in questo blog, era stato di diverso avviso. Contro quella sentenza la società proponente aveva presentato ricorso al Consiglio di Stato, che però è stato respinto.

Non si conoscono ancora le reazioni sul versante austriaco, mentre su quello italiano ha già preso posizione Renato Garibaldi, uno dei principali oppositori al progetto. “A nome mio e del comitato che per anni si era battuto per fermare questo scempio – ci ha dichiarato – esprimo da una parte la nostra soddisfazione per il raggiungimento dello scopo ottenuto a prezzo di molte battaglie nelle piazze e nelle sedi amministrative; dall’altra il nostro rammarico per aver avuto bisogno della giustizia austriaca per fermare questo assurdo ovvero che l’interesse economico di pochi (tre imprenditori) prevalesse sugli interessi di tutti. Perché questo scrive la sentenza: la natura, il paesaggio sono un valore immenso e la speculazione di alcuni non può prevalere su questi beni comuni”.

“Ora Pittini & C. – ha proseguito Garibaldi – potrebbero rivolgersi alla Corte di giustizia europea. Li invito a desistere, ché di carte e quattrini ne hanno già buttati via abbastanza. Se avessero ragionato con noi, che proponevamo l’interramento della linea e la distribuzione dell’energia al territorio a prezzo vantaggioso, oggi avrebbero la loro linea, la Carnia intera i meritati vantaggi e invece si ritrovano con un pugno di mosche. E a che prezzo!”.

“Una bella lezione per chi era abituato a venire in Carnia, mettere quattro soldi sul tavolo e aspettarsi ponti d’oro. Ora i ponti sono saltati e tutti devono sapere che c’è una consapevolezza diversa, una maggiore attenzione per l’ambiente, una sensibilità crescente per i beni comuni, che non possono essere sottratti alle generazioni presenti e future solo in nome del dio denaro, come è successo finora”.

 

NELLA FOTO, Renato Garibaldi.

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