Sabato 18 Maggio 2024

13.06.21 Alpine hypoapaIl fallimento Dayli ha avuto ripercussioni anche in Italia, ma soprattutto in Austria, dove aveva sede la casa madre (subentrata alla tedesca Schlecker) e dove i punti vendita erano più numerosi. Ma ripercussioni sull’occupazione ha avuto soprattutto il fallimento di Alpine, colosso delle costruzioni. Se poi aggiungiamo la bancarotta della catena di negozi Niedermeyer (elettronica), l’immagine del mondo del lavoro in Austria appare piuttosto allarmante. Da un recente sondaggio condotto dal Kärntner Human-Institut su un campione di 800 intervistati, risulterebbe che due austriaci su tre temono per la conservazione del loro posto di lavoro. E, del resto, i numeri che l’Arbeitmarktservice (Ams), l’agenzia pubblica di collocamento, sembra dar loro ragione. Nella sede centrale è sempre acceso un monitor che registra in tempo reale l’andamento del mercato della manodopera: nelle ultime settimane il numero degli “Arbeitlose”, cioè dei “senza lavoro”, è cresciuto di 80 unità all’ora.

 

Anche l’Austria, dunque, è stata risucchiata nel vortice della crisi, che fa naufragare aziende e manda sul lastrico migliaia di lavoratori? È un tema che abbiamo già affrontato più volte, ma su cui conviene ritornare, per avere una visione del mondo del lavoro in Austria più corrispondente alla realtà, al di là di alcuni dati all’apparenza allarmanti.

 

In primo luogo va confermato che l’Austria, pur colpita anch’essa dalla crisi, è il Paese con percentualmente il minor numero di disoccupati in Europa. Sta dunque meglio di noi e di tutti gli altri Paesi del continente. Ciò non significa, tuttavia, che non vi siano persone senza lavoro. Il loro numero, anzi, è cresciuto dell’11,7% rispetto a un anno fa, portando il tasso medio di disoccupazione al 6,7%. Il valore è molto inferiore rispetto a quello italiano, ma, secondo tutti gli osservatori economici austriaci e anche l’Organizzazione internazionale del lavoro, è destinato a crescere, almeno fino al 2015.

 

La disoccupazione peraltro non colpisce indiscriminatamente tutti. Le principali “vittime” sono le donne, le prime a rimanere a casa se l’azienda per cui lavorano è in difficoltà. Anche perché spesso hanno contratti di lavoro part-time o a tempo determinato. Vi è poi una differenziazione territoriale: il rischio licenziamento è maggiore a Vienna e in Carinzia. Per quest’ultima si possono intuirne le ragioni: è il Land economicamente meno sviluppato dell’Austria, scavalcato persino dal Burgenland che in passato era il tradizionale fanalino di coda. Più difficile spiegare il fenomeno a Vienna.

 

Un’altra differenziazione è strettamente legata al grado di istruzione/formazione del lavoratore. Quelli che hanno assolto soltanto la scuola dell’obbligo sono i primi a saltare. Tra i lavoratori specializzati le probabilità di conservare il posto sono enormemente maggiori. Basti dire che in questa fascia di lavoratori la disoccupazione non supera lo 0,6%. È questa anche la ragione per cui le associazioni degli imprenditori (Industrielle Vereinigung) e dei lavoratori (Arbeitkammer) insistono molto su una politica che incentivi lo studio e la qualificazione professionale.

 

Finora abbiamo parlato di disoccupazione. Ma in Austria, come avevamo già rilevato in passato, è necessario parlare anche di occupazione. I due settori, infatti, non sono complementari tra loro, come verrebbe da supporre. Il fenomeno sorprendente, infatti, è che insieme con la disoccupazione cresce anche l’occupazione, che l’istituto austriaco di ricerche economiche Wifo (Wirtschaftsforschung Institut) stima quest’anno nell’1,7%. Nel 2014 la crescita sarà inferiore, ma ci sarà comunque.

 

Dove sta la contraddizione? Non esiste o è solo apparente. Il numero dei disoccupati è in crescita, non perché ci siano più persone senza lavoro di un tempo, ma perché ci sono più persone che ora chiedono di lavorare e che prima sfuggivano alle statistiche. In primo luogo ci sono donne che hanno un’occupazione a tempo parziale e che ora vogliono trovarne una a tempo pieno. Sul mercato del lavoro premono inoltre molti immigrati. Non cinesi, africani o arabi, ma immigrati provenienti da altri Paesi europei, che ritengono di avere migliori prospettive di lavoro in Austria. Ricordiamo che al primo posto tra gli stranieri che arrivano in Austria si trovano i “cugini” tedeschi.

 

Vanno inoltre considerati i primi effetti della riforma pensionistica, introdotta alcuni anni fa dal governo di centrodestra (quello che aveva visto il coinvolgimento di Jörg Haider), che ha allungato l’età lavorativa. Anche in Austria si va in pensione più tardi e i posti di lavoro disponibili non sono sufficienti per soddisfare la domanda.

 

La disponibilità varia da settore a settore. La crescita maggiore, secondo il Wifo, si avrà nel cosiddetto “lavoro temporaneo”: dal 5 all’11%. È il settore che risente di più della congiuntura economica. Quando va male, i lavoratori temporanei sono i primi a saltare; ma non appena le cose migliorano, sono i primi ad essere nuovamente reclutati. Quel momento sta per giungere. A differenza dell’Italia, in Austria la crescita del Pil è fiacca, ma è comunque positiva anche quest’anno. Nel 2015 si stima che sarà del 2%. Le altre branche che approfitteranno maggiormente della ricrescita saranno quelle del commercio al dettaglio, dei servizi sociali e sanitari, delle tecnologie di comunicazione, del turismo.

 

Ma, anche se le cose procederanno nel migliore dei modi, la disoccupazione non scomparirà. Sono passati i tempi in cui, finita la scuola dell’obbligo, un ragazzo poteva entrare in fabbrica e restarvi fino all’età della pensione. Le statistiche attuali rivelano che il 17,2% dei lavoratori non rimane per più di un anno nella stessa azienda e che la media di permanenza alle dipendenze di uno stesso datore di lavoro è di 9,6 anni. Il futuro del mondo del lavoro, anche nella ricca Austria, non può escludere l’esistenza di una quota costante di disoccupati. L’obiettivo della politica sarà solo quello di contenerla nelle proporzioni minori (e l’Austria è campione del mondo in questo senso) e di intervenire in soccorso di chi rimane disoccupato per troppo tempo e soprattutto in età avanzata.

 

Nella foto, un cantiere di Alpine Bau, il colosso austriaco delle costruzioni fallito quest’anno.

 

[Questo articolo è giù stato pubblicato da “Realtà industriale”, mensile di Confindustria Udine]

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