Domenica 19 Maggio 2024

21.04.15 Michael Ludwig, sindaco di ViennaNella “dichiarazione personale” con cui Rudolf Anschober ha annunciato l’altro ieri alla stampa le sue dimissioni, ci sono state parole di ringraziamento per i suoi collaboratori al Ministero e per i compagni del suo partito, i Verdi. Non un solo accenno al cancelliere Sebastian Kurz e alla componente dell’Övp nel governo. Tutti l’hanno notato e tutti hanno notato che quando Anschober aveva denunciato di essere stato ostacolato nei suoi sforzi per combattere l’epidemia da chi aveva preferito la strada del populismo a quella meno popolare del rigore intendeva riferirsi, senza nominarli, proprio agli esponenti del Partito popolare. Ma la freccia avvelenata contro l’Övp Anschober l’ha scagliata nel momento in cui ha platealmente ringraziato per il sostegno il sindaco di Vienna Michael Ludwig, un esponente dell’Spö, ovvero di un partito di opposizione.

In effetti è nei socialdemocratici che le misure restrittive decise dall’ex ministro della Salute hanno trovato il maggiore appoggio. Non in tutti i socialdemocratici. Non, per esempio, nel governatore della Carinzia, Peter Kaiser, e nemmeno in quello del Burgenland, Hans Peter Doskozil. Ma nel sindaco-governatore di Vienna Anschober ha trovato un forte alleato, così come nella segretaria politica del partito, Pamela Rendi-Wagner, probabilmente perché di mestiere epidemiologa e quindi più consapevole della gravità dell’emergenza Coronavirus.

Quanto Ludwig condividesse le cautele di Anschober lo dimostrano le ultime misure da lui prese per Vienna, dove ha deciso autonomamente di prolungare il lockdown fino al 2 maggio. Inizialmente era prevista una “Osterruhe”, ovvero una chiusura limitata ai cinque giorni intorno a Pasqua. Poi Ludwig aveva deciso di prolungarla fino all’11 aprile. E ora la decisione di estendere il lockdown fino a maggio.

Le ragioni sono evidenti: ospedali e terapie intensive a Vienna sono al collasso. Non siamo ancora al punto di dover decidere chi salvare e chi lasciar morire, ma poco ci manca. E proprio per impedire che quel “poco” si esaurisca il sindaco ha deciso di chiudere tutto finché il trend non si sarà invertito.

Lunedì scorso a Vienna i pazienti di Covid-19 per i quali era necessario il ricovero in terapia intensiva erano 245: un numero così elevato non era stato mai raggiunto nel corso di tutta la pandemia. Anche in Bassa Austria (il Land più grande dell’Austria, che copre il territorio intorno alla capitale, estendendosi dai confini con la Cechia e la Slovacchia fino alla Stiria) era stato registrato un nuovo record di 132 pazienti in terapia intensiva.

Quando lunedì Ludwig ha annunciato il lockdown fino al 2 maggio ha dichiarato: “So che questa è una misura impopolare, ma necessaria, in considerazione dei numeri crescenti nelle terapie intensive”. E ha aggiunto: “Spero che queste misure siano adottate anche dagli altri Länder orientali”. Il riferimento era alla Bassa Austria e al Burgenland, che con Vienna sono i Länder dove si registra il maggior numero di nuove infezioni.

La sera stessa, infatti, anche la governatrice della Bassa Austria, Johanna Mikl-Leitner, si è associata al prolungamento del lockdown deciso da Vienna. Era una misura necessaria – hanno fatto sapere dal suo entourage – perché sugli ospedali di Vienna pesano anche pazienti che provengono dal nostro Land. Il Burgenland, che pure manda i suoi pazienti più gravi a Vienna, ha preferito invece mantenere le aperture.

Le previsioni sull’evoluzione dell’epidemia in Austria non sono confortanti. Lunedì i ricoverati nelle terapie intensive nell’intero Paese erano 611, il doppio rispetto ai primi giorni di marzo. Ne deriva non soltanto il rischio di raggiungere presto, con questi ritmi, la saturazione, ma anche la necessità di rinviare tutte le normali operazioni ospedaliere non urgenti o quelle per le quali si renda necessaria, dopo l’intervento, una degenza in terapia intensiva. Il Wiener Gesundheitsverbund riferisce di 500-600 operazioni annullate soltanto negli ultimi sette giorni.

Su Vienna, come si diceva, pesa anche l’arrivo di pazienti dalla Bassa Austria, dal Burgenland e da altri Länder. Si calcola che questi rappresentino il 20% circa dei ricoverati negli ospedali della capitale. Nell’Allgemeines Krankenhaus, l’ospedale principale della città, i ricoverati non di Vienna sono addirittura il 40%. In altre parole, Vienna è costretta dall’emergenza a chiudere tutto fino a maggio, per consentire ad altri Länder, dove invece si aprono ristoranti e negozi in nome della libertà, di scaricare su di essa i loro contagiati.

Che cosa significhi poi finire in terapia intensiva lo spiega un rapporto recentissimo di Gesundheit Österreich. Dall’inizio della pandemia alla fine di febbraio (quindi alla vigilia della terza ondata) dei ricoverati in terapia intensiva uno su tre non è sopravvissuto. Questo è il dato medio. Ma nei pazienti di oltre 65 anni, che nella prima fase della pandemia erano la maggioranza, il tasso di mortalità è stato del 45%.

 

NELLA FOTO, il sindaco di Vienna, Michael Ludwig, cui il ministro dimissionario Anschober ha rivolto parole di ringraziamento.

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