Domenica 19 Maggio 2024

16.04.25 Alexander Van der Bellen e Norbert HoferPer le elezioni del capo dello Stato, ieri in Austria, il Ministero degli interni aveva predisposto in sala stampa una carta del Paese, con la delimitazione geografica di ciascuno degli oltre duemila comuni. A mano a mano che si conoscevano i risultati, le “tessere” dei vari comuni prendevano il colore del candidato che aveva ottenuto più voti. A un certo punto sui monitor del Ministero è apparsa una carta dell’Austria quasi interamente blu, il colore dell’Fpö, il partito della destra nazionale e populista, che aveva candidato Norbert Hofer, terzo presidente del Parlamento. Neppure ai tempi di Haider – che pure era Haider – la destra austriaca aveva ottenuto una vittoria così clamorosa, cambiando i colori dell’Austria.

Non poteva esserci immagine migliore di quella carta geografica tutta blu per dare un’idea di ciò che è accaduto ieri. Parlare di una vittoria della destra non è sufficiente, bisognerà inventare una definizione nuova. Sicuramente siamo in presenza di una cesura storica, che divide un prima da un dopo. Nel prima c’era un sistema di partiti dominato per settant’anni dall’Spö e dall’Övp, che avevano sempre eletto uno di loro a capo dello Stato, che avevano governato quasi sempre assieme e che, anche quando non avevano governato assieme, avevano comunque continuato ad esercitare d’amore e d’accordo una politica consociativa, spartendosi tutti i posti di sottogoverno.

Nel dopo quel sistema non ci sarà più. Ci sarà una destra molto potente, che potrà durare a lungo o forse no (già nel 2000, quando Haider andò al governo, dimostrò di non avere uomini capaci di fare i ministri e non seppe mantenere le promesse che aveva fatto ai suoi elettori, precipitando nei consensi già dopo soli due anni). Ma soprattutto ci saranno molte forze politiche, geneticamente diverse dai partiti tradizionali, che disegneranno uno scenario politico nuovo. Non sappiamo ancora se migliore o peggiore.

Alcuni segnali si sono già visti in queste elezioni presidenziali, dove la novità è rappresentata non solo dal successo clamoroso di Hofer e della destra, ma anche dal formarsi di nuovi movimenti di cittadini attorno a due candidati indipendenti: uno è Alexander Van der Bellen, fino a due anni fa portavoce e capogruppo in Parlamento dei Verdi, ma ora in corsa per la Hofburg ufficialmente senza coinvolgere il partito; la seconda è Irmgard Griss, magistrata in pensione, già presidente della Corte suprema, senza tessera di partito e senza finanziatori della sua campagna (sostenuta esclusivamente con contributi raccolti via internet), sostenuta da un comitato di uomini di buona volontà, che mai prima d’ora avevano fatto politica.

Per settimane i sondaggi avevano indicato in testa Van der Bellen e subito dopo, quasi alla pari, Hofer e Griss; in fondo, con ampio distacco e senza alcuna speranza di farcela, i candidati dell’Spö e dell’Övp. I risultati delle urne ieri hanno confermato la sconfitta di Spö e Övp, ma hanno rovesciato clamorosamente le carte in testa alla classifica provvisoria. Al termine dello scrutinio delle schede di voto in tutti i seggi – ma senza disporre ancora dei voti inviati per posta, che quindi sono stati soltanto stimati – i risultati sono i seguenti: Norbert Hofer (Fpö) 35,3 %, Alexander Van der Bellen (ex verde) 21,3%, Irmgard Griss (indipendente) 19,0%, Andreas Khol (Övp, ex presidente del Parlamento) 11,1%, Rudolf Hundstorfer (Spö, ministro agli affari sociali dimessosi per candidarsi) 10,9%. C’è un sesto candidato, Richard Lugner, magnate delle costruzioni e noto soprattutto alle cronache mondane, che si era autocandidato, senza però alcuna prospettiva di vincere (2,3%).

La bocciatura di Spö e Övp va letta senza dubbio come un voto di protesta per due partiti che, pur stando insieme al governo, non sono stati in grado di attuare nessuna delle riforme necessarie al Paese, compresa quella delle pensioni, miseramente fallita alla fine di febbraio per veti reciproci. Ma il successo personale di Hofer, che ha distaccato di circa 15 punti i suoi diretti antagonisti, Van der Bellen e Griss, si spiega soltanto con l’atteggiamento coerente mantenuto dal suo partito nei confronti dei profughi: chiusura stagna dei confini, rimpatrio di chi è già arrivato in Austria, taglio o riduzione degli aiuti ai rifugiati. Sono soprattutto parole d’ordine, che forse nemmeno l’Fpö al governo riuscirebbe a rispettare e che certamente non rientrano nelle competenze di un presidente della Repubblica, ma sono parole d’ordine che evidentemente hanno convinto l’elettorato (soprattutto l’elettorato più debole delle periferie, che si sente più minacciato dai nuovi arrivati). Lo hanno convinto – e questo è interessante – benché in campagna elettorale di profughi si fosse parlato relativamente poco e nemmeno Hofer avesse voluto approfittarne.

Come è noto, non avendo nessuno dei candidati superato il 50%, si andrà al ballottaggio tra i primi due, Hofer e Van der Bellen, il 22 maggio. Le previsioni sono molto difficili. Hofer potrà contare su una parte degli elettori più conservatori dell’Övp, Van der Bellen su quelli dell’Spö, ma non di tutti. Già ieri è risultato che il 65% dei lavoratori gli avevano voltato le spalle, votando Hofer. L’Spö non è più il partito della classe operaia.

 

NELLA FOTO, i due candidati alla presidenza della Repubblica austriaca che andranno al ballottaggio: Norbert Hofer, a destra, e Alexander Van der Bellen.

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