Sabato 18 Maggio 2024

a10.02.22 Vienna Secession_220210digitalpresSono passati cento anni, ma la Secession di Vienna continua a essere – o torna a essere – motivo di scandalo. Parliamo della palazzina Jugendstil nella Friedrichstrasse, nel cuore della capitale, quasi affacciata sulla Karlsplatz. Si chiama Secession perché quando fu costruita, alla fine dell’800,  rappresentava il “manifesto” architettonico del movimento artistico secessionista. Per noi italiani, che abbiamo alle spalle secoli di latino, il significato di “Secession” è abbastanza chiaro. Per gli austriaci no. In tedesco “secessione” si traduce diversamente. Secession (che, tra l’altro, si pronuncia “sezession”) è una parola dotta. Nel linguaggio normale si direbbe piuttosto “Abspaltung”, che vuol dire “scissione”. Scissione – o secessione, appunto – dallo storicismo imperante nell’arte ufficiale della Vienna di allora, quello che aveva allineato pochi anni prima lungo il Ring due millenni di stili architettonici; scissione dal naturalismo borghese amante di idilliaci paesaggi campestri; scissione dall’accademismo popolato da personaggi della mitologia antica e della storia recente.

Klimt, Hoffmann, Olbrich, Moser, Moll sono alcuni dei protagonisti di questa nuova stagione, riuniti nella “Vereinigung bildender Künstler Österreich – Secession” (“Associazione degli artisti austriaci – Secessione”) e la palazzina progettata sulla Friedrichstrasse da Olbrich con l’aiuto dell’architetto Wagner, chiamata per l’appunto “Secession”, è il luogo dove poter esporre le loro opere, visto che per i “ribelli” non c’è più posto nei templi consacrati dell’Accademia. Chi ha visitato Vienna magari non se ne ricordava il nome, ma sicuramente gli sarà rimasto in mente l’immagine dell’edificio piuttosto piccolo, isolato dai grandi palazzi circostanti, con il tetto piatto e sopra una grande cupola in metallo dorato, traforato a imitazione delle foglie d’alloro

Fin dall’inizio la Secession è uno scandalo. Perché non rispetta i canoni dell’arte accademica e perché il suo linguaggio è fatto di allegorie e di allusioni simboliche non sempre di facile comprensione. Ma è uno scandalo soprattutto per l’esibizione del nudo maschile e femminile. Certo, anche le opere figurative dell’accademismo ufficiale pullulavano di putti ignudi e divinità semisvestite, ma nelle opere secessioniste l’esibizione del sesso è quasi sfacciata.

Cento anni dopo la Secession torna a fare scandalo, ma non per il celebre “fregio di Beethoven” che Klimt affrescò sulla fascia superiore di tre pareti di una sala del seminterrato. Torna a fare scandalo per un allestimento dell’artista svizzero Christoph Büchel, inaugurato sabato scorso (e visitabile fino al 18 aprile) intitolato “Bar-club Element6”, che mette in mostra un club privè. Il titolo del resto non lascia dubbi: “Element6” è un club per scambisti realmente esistente a Vienna. Per tutta la durata della mostra la sua sede in Kaiserstrasse è stata chiusa e divani, poltrone, letti e persino la sauna sono stati trasferiti nelle sale della Secession.

a 10.02.22 Secession Swinger_726apa230210Büchel non è nuovo a esperienze del genere. Le sue ricerche artistiche mirano a riproporre in normali spazi espositivi situazioni della vita reale. Lo ha già fatto allestendo in sale museali un discount, un solarium, persino una sala scommesse. Nella Secession di Vienna si è lasciato ispirare dalle ragioni che avevano indotto cento anni fa gli artisti riuniti attorno a Klimt a rompere con le concezioni estetiche del tempo, ben espresse nel motto che campeggia sulla facciata della palazzina: “Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”.

Quale è l’arte del nostro tempo e quale libertà essa consente? La risposta di Büchel per Vienna è un sexy club, l’”Element6” per l’appunto. Non soltanto lo ha ricostruito nel tempio della Secession con mobili e suppellettili originali, ma ha voluto che fosse anche funzionante: dalle 21 in poi, tutti i giorni (esclusi i sabati e le domeniche), l’”Element6” ridiventa il club privè che era nella Kaiserstrasse e riapre i suoi battenti alle coppie, ma anche ai single, in vena di trasgressione erotica sui divanetti di velluto o nei separé. Lì dentro, alla sera, accade di tutto e di più. E fa una certa impressione pensare che alla chiusura del club – tra le 2 e le 4 della notte, a seconda del giorno della settimana – ci sia qualcuno che ripulisce tutto, cambia lenzuola e asciugamani, svuota i cestini, perché le persone “normali” che il giorno dopo visiteranno la palazzina Jugendstil per vedere gli affreschi di Klimt non trovino traccia delle attività notturne.

Che l’allestimento di Christoph Büchel stia suscitando scandalo, come scrivevamo all’inizio, non deve stupire troppo. Stupisce forse di più che l’iniziativa conti sul sostegno di sponsor come la Erste Bank, il Ministero della cultura e il Comune di Vienna (quest’ultimo con un contributo di 90.000 euro). Alle critiche che le vengono rivolte, la Secession risponde attraverso la sua portavoce Urte Schmitt-Ulms: la situazione di oggi è simile a quella di cento anni fa, quando Klimt dipinse il fregio di Beethoven. Le figure delle tre Gorgoni e le allegorie dell’impudicizia, della lussuria e dell’incontinenza, con gli evidenti riferimenti agli organi sessuali maschili e femminili, a sperma e ovuli – sostiene la Schmitt-Ulms – non provocano più l’indignazione di allora.

Anche l’installazione di Büchel tra cento anni potrebbe avere la stessa sorte, ammesso che qualcuno ne conservi il ricordo. Ma forse una differenza c’è tra Klimt e l’artista svizzero. Klimt e gli artisti della Secessione erano dei provocatori, ma convinti di creare delle opere d’arte. C’è il sospetto che Büchel sia soltanto un provocatore.

 Nella foto in alto, la palazzina della Secession nella Friedrichstrasse di Vienna. In basso, un separé del club privè “Element6” ricostruito tale e quale nel seminterrato della Secession.

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