Sabato 18 Maggio 2024

Herzog_Leopold_V._BabenbergOggi l’Austria fa festa. I tarvisiani lo sanno molto bene, perché aumenta sensibilmente il traffico dalla Carinzia. Fabbriche e uffici sono chiusi, sono aperti invece i musei con ingresso gratuito. Anche la Cancelleria federale (il palazzo dove ha sede il governo) e il Parlamento sono aperti ai visitatori e l’esercito schiera i suoi armamenti e i suoi mezzi nella Heldenplatz, la “piazza degli eroi” davanti alla Hofburg. Cerimonie e deposizioni di corone sono in programma un po’ ovunque.

Ma che cosa si festeggia esattamente oggi in Austria? Se lo chiedete a un giovane probabilmente vi risponderà di non saperlo. Ma anche da gran parte degli adulti e degli anziani avreste una simile risposta. Perché il 26 ottobre è il Nationalfeiertag, “il giorno della festa nazionale”, un evento di cui gli austriaci non hanno ancora compreso esattamente il senso, forse perché solo da poco hanno incominciato a definire i contorni della loro identità nazionale.

Dopo il crollo della monarchia l’Austria s’era ridotta ad essere “ciò che resta”, per usare le parole sprezzanti del primo ministro francese Clemanceau. Un caso forse unico nella storia di un Paese nato non per aggregazione di territori, ma per distacco. “Ciò che restava” del grande impero absburgico era quella piccola Austria che conosciamo anche oggi. Così piccola da convincersi fin dall’inizio di non poter sopravvivere da sola, ma di dover necessariamente aggregarsi alla grande Germania. La prima Costituzione repubblicana definisce il Paese “Deutsch-Österreich” e prevede espressamente l’annessione alla Repubblica di Weimar.

Il sentimento tedesco-nazionale non è dunque un’invenzione del nazionalsocialismo, ma il prodotto quasi naturale del disfacimento dell’impero multietnico. “Ciò che era rimasto” era l’Austria tedescofona (neppure tutta, perché il Sud Tirolo e la Valcanale erano stati ceduti all’Italia) e i suoi ceti dirigenti consideravano inevitabile e necessaria l’aggregazione alla Germania, come era accaduto meno di mezzo secolo prima per la miriade di stati, staterelli e città libere dell’area di lingua tedesca centroeuropea, che si erano aggregati al Secondo impero prussiano.

Il sentimento di appartenenza alla Nazione tedesca si era naturalmente rinvigorito dopo l’Anschluß al Reich, che aveva addirittura cancellato l’Austria dalla carta geografica, dandole il nuovo nome di Ostmark, anonima “marca orientale” dell’impero nazista. E tale sentimento non è sostanzialmente venuto meno dopo la seconda guerra mondiale. La caduta del Reich certo ha fatto rinascere l’Austria, ma non automaticamente il sentimento di identità nazionale nei suoi abitanti. Secondo indagini demoscopiche ripetute nel tempo, nel 1966 (20 anni dopo la fine della guerra) soltanto il 47% degli austriaci considerava l’Austria una nazione, rapporto salito al 67% nel 1980. Il ricambio generazionale ha consentito dei progressi in questa direzione.

La complessità del rapporto degli austriaci con la propria identità nazionale si riflette, del resto, anche nella difficile gestazione del Nationalfeiertag che si celebra oggi. La Festa nazionale austriaca non è stata proclamata immediatamente dopo la rinascita dell’Austria libera, ma soltanto nel 1966, oltre vent’anni dopo.

Nel 1946, per la verità, si era deciso di festeggiare il 13 aprile come “Giorno della liberazione” (perché il 13 aprile del 1945 l’Austria era stata liberata dal nazismo). Ma l’entusiasmo iniziale scemò rapidamente, per i non facili rapporti con le Potenze occupanti, in particolare con quelle sovietiche presenti in Bassa Austria, nel Burgenland e in metà dell’Alta Austria. Il 13 aprile non fu più inteso come un giorno “della liberazione”, ma piuttosto come quello di una nuova occupazione. Nel 1954 la festa fu definitivamente cancellata dal calendario: niente più bandiere sui pennoni, niente sfilate per il centro, niente giorno di vacanza scolastica.

L’occasione per ripristinare la festa arriva però già l’anno dopo, nel 1955, quando le Potenze vincitrici sottoscrivono con l’Austria il cosiddetto Trattato di Stato e decidono di por fine all’occupazione. Il Trattato viene firmato il 15 maggio nel palazzo del Belvedere; l’ultimo soldato alleato lascia il territorio austriaco il 25 ottobre. Il 26, primo giorno in cui l’Austria è senza più presenze straniere (e in cui viene promulgata la legge che stabilisce la “neutralità permanente”), è proclamato “Nationalfeiertag”. In altre parole, si celebra la giornata in cui l’Austria si è “liberata dai liberatori”.

Il dipinto in alto mostra il duca Leopoldo V Babenberg inginocchiato dinanzi all’imperatore Federco I Barbarossa, che gli consegna la nuova bandiera  rosso-bianco-rossa dopo la battaglia di Akkon. Saranno questi i colori della bandiera austriaca anche con gli Absburgo (tranne che nel 19. secolo, in cui prevarrà il giallo-nero e i colori rosso-bianco-rosso saranno mantenuti soltanto nelle marine da guerra e mercantile). L’immagine riportata sopra è parte di un dipinto con l’albero genealogico dei Babenberg conservato nell’abbazia di Klosterneuburg.

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