Sabato 18 Maggio 2024

10.04.25 Heinz Fischer con la moglie Margit heinz20100425194952Heinz Fischer, 72 anni, socialdemocratico da sempre, è stato confermato dal voto di ieri alla carica di Capo dello Stato austriaco. Rimarrà alla Hofburg, quindi, anche nei prossimi 6 anni. Ma la sua rielezione era scontata. Tanto scontata che il Partito popolare (Övp) aveva rinunciato a una propria contro-candidatura, consapevole che sarebbe stata inutile. Ciò che importa del voto di ieri, dunque, non è sapere chi ha vinto e chi ha perso, ma di quanto ha vinto chi ha vinto e di quanto hanno perso gli altri.

Da questo punto di vista il risultato è estremamente interessante. Non tanto per il successo di Fischer che, secondo i risultati provvisori di ieri sera risultava votato dal 78,9 per cento degli elettori, come avevano previsto tutti i sondaggi delle scorse settimane, quanto per l’insuccesso – o il modesto successo – della sua avversaria, Barbara Rosenkranz, 52 anni, esponente dell’Fpö, partito nazionalista di destra, all’interno del quale lei rappresenta l’ala estrema. Una neonazista? Le parole vanno soppesate per il loro valore e forse neonazista è una definizione eccessiva. Ma quale definizione alternativa andrebbe ricercata per una donna che anche in campagna elettorale si era rifiutata di esprimere un giudizio sul nazismo e sull’Olocausto, asserendo di non conoscerli e di non averne sentito parlare quando andava a scuola?

Un atteggiamento ambiguo che è stato sanzionato dall’elettorato. L’Fpö confidava di superare largamente il risultato delle ultime politiche (17,5%), potendo contare anche sui voti dell’elettorato dell’Övp, orfano di un proprio candidato e scarsamente propenso a mettere la croce su un candidato “rosso”. Il segretario politico Heinz Christian Strache aveva incautamente azzardato un risultato superiore al 30%, forse addirittura al 35%. Si è dovuto accontentare di un magro 15,6%, che ha ridimensionato i suoi sogni di gloria.

Evidentemente si è rivelata sbagliata la candidatura. L’aver scelto un personaggio discusso e discutibile come la Rosenkranz non gli ha permesso di pescare voti nell’elettorato popolare, ma persino il suo elettorato, quello dell’Fpö, gli ha voltato le spalle. È un fatto positivo. Un segnale che l’Austria di oggi, persino l’Austria della destra nazionalista, non è più l’Austria di Waldheim e forse nemmeno quella di Haider. Le strizzate d’occhio alle frange estremiste delle teste rasate e degli “ewiggestrigen”, come qui vengono chiamati i nostalgici del Reich, non pagano più. Strache e l’Fpö dovranno tenerne conto e imprimere alla loro azione politica una sterzata al centro, su posizioni più moderate e finalmente prive di ambiguità con quel “passato che non passa”. Da questo punto di vista, possiamo dire che la giornata elettorale di ieri è stata una buona giornata.

Gli austriaci chiamati ieri alle urne erano oltre 6 milioni 355 mila (per la prima volta votavano anche i maggiori di 16 anni), ma la partecipazione è stata soltanto del 49,2%, la più bassa nel dopoguerra. La spiegazione è intuibile: il risultato era scontato, per cui molti elettori socialdemocratici sono rimasti a casa; e sicuramente sono rimasti a casa gli elettori popolari, privi di un proprio candidato e non disposti a dare il loro voto né a un socialdemocratico e men che meno a un’estremista di destra.

Ricordiamo che c’era anche una terza candidatura, quella di Rudolf Gehring, esponente del cattolicesimo tradizionalista, sceso in campo senza un vero partito alle spalle e privo di qualsiasi macchina elettorale. Avevamo scritto che soltanto un miracolo gli avrebbe consentito di vincere. Ebbene, non ha vinto, ma quel 5,4% di voti conquistati da solo, praticamente senza spendere nulla di manifesti e gadget elettorali, rappresenta comunque un miracolo. Per lui, forse, potrebbero aver votato alcuni elettori dell’Övp.

Nella foto, Heinz Fischer e la moglie Margit esultanto ieri pomeriggio, dopo aver appreso i risultati del voto.

Lascia un commento