Sabato 18 Maggio 2024

L’Austria è un Paese neutrale ed è uno dei pochi rimasti in Europa, dopo la decisione repentina di Svezia e Finlandia di rinunciare alla loro neutralità, per bussare alla porta della Nato. La neutralità austriaca è sancita dalla Costituzione, che la definisce “perenne”, e la stragrande maggioranza della popolazione vuole che rimanga così. Per gli austriaci la neutralità è ormai un mito.

L’aspetto bizzarro della vicenda è che in origine avrebbero preferito non essere neutrali. Il divieto di aderire a un’alleanza militare fu imposto all’Austria dall’Unione Sovietica, nel 1955, quale condizione per ridiventare uno Stato sovrano, dopo un’occupazione alleata durata 10 anni. Quella neutralità, quindi, fu subita come un ricatto. Fu il prezzo che gli austriaci dovettero pagare a Mosca per tornare ad essere liberi.

In seguito, però, l’atteggiamento cambiò e le ragioni furono tante. Non ultime la comodità di essere neutrali e di non spendere troppo in armi e soldati, perché tanto alla difesa del suolo austriaco ci avrebbero pensato gli altri, i Paesi della Nato che le stavano tutti intorno e che, dedicando uomini e risorse alla propria difesa, avrebbero volenti o nolenti fatto da scudo anche all’Austria.

Non solo. Lo status di neutralità dava agli austrici l’ingannevole impressione di riuscire a svolgere un ruolo di mediatori sulla scena internazionale, divisa per decenni tra Est e Ovest. Il che accadde, in effetti, ma solo per qualche anno dell’era Kreisky, dopo non più. Non accade, per esempio, oggi nei conflitti in corso, nonostante il tentativo maldestro del cancelliere Karl Nehammer di trattare con Putin. Se parliamo oggi di mediatori, ci vengono in mente in primo luogo la Turchia (che peraltro non è neutrale, ma è membro della Nato), nel conflitto russo-ucraino, o il Qatar, nella crisi israelo-palestinese, quel Qatar che pure finanzia Hamas con centinaia di milioni di dollari all’anno e ospita a Doha i leader dei terroristi di Gaza.

I conflitti citati – in particolare l’aggressione russa all’Ucraina, che dista da Vienna meno di quanto disti Vienna dal Vorarlberg, il suo Land più occidentale – hanno riaperto la discussione sulla neutralità in Austria. Ha ragione di esistere ancora o sarebbe meglio seguire l’esempio di Svezia e Finlandia?

Michael Jungwirth, responsabile della redazione di Vienna della Kleine Zeitung, e Nina Koren, capa degli esteri dello stesso giornale, ne hanno parlato con Kaja Kallas, prima ministra dell’Estonia, ospite in questi giorni della capitale austriaca per il Ballo dell’Opera. L’intervista alla leader estone occupa due pagine dell’edizione odierna del giornale.

A noi interessa solo la parte in cui i due giornalisti chiedono all’interlocutrice baltica quanto sia reale la minaccia di Putin. “Ogni Paese dovrebbe esserne preoccupato, anche l’Austria – risponde Kallas – L’Austria si trova più vicina all’Ucraina dell’Estonia. Ogni dittatore incomincia una guerra se è sicuro di vincerla, perché l’avversario è debole. Tutti i Paesi europei devono investire più risorse nella difesa, perché solo così funziona la deterrenza”.

I giornalisti le chiedono allora se ritenga che i Paesi baltici si trovino in una condizione di sicurezza. Risponde Kallas: “La Russia è un pericolo. La differenza (rispetto all’Austria, nda) è che noi siamo nella Nato”. La risposta suscita la domanda successiva, se l’Austria faccia abbastanza per la propria sicurezza. Kallas se la cava ricordando che l’Austria è neutrale e che la sua neutralità è ancorata alla Costituzione.

Ma i giornalisti della Kleine Zeitung insistono, perché vogliono sapere che cosa la prima ministra dell’Estonia pensi della neutralità austriaca. E Kallas allora risponde a chiare lettere: “Noi estoni tra le due guerre eravamo neutrali e avevamo pensato: se noi rimaniamo neutrali tra i due cattivoni (Hitler e Stalin, nda), non ci accadrà nulla. Invece abbiamo perso la nostra libertà e il nostro benessere per 50 anni. Non abbiamo avuto una buona esperienza della nostra neutralità”.

NELLA FOTO, la prima ministra estone Kaja Kallas, mentre risponde alle domande dei giornalisti della Kleine Zeitung.

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