Sabato 18 Maggio 2024

19.01.28 Vienna, Fayez Mustafà al-Sarraj con cancelliere Sebastian KurzMettetevi per un momento nei panni di Fayez Mustafà al-Sarraj, capo del governo libico, ma in realtà alla guida soltanto di una parte modesta della Libia, di cui ha sì e no il controllo (più no che sì). Non ne può più di sentirsi rivolgere l’accusa da tutti gli europei di tenere rinchiusi in campi di tortura i profughi che arrivano dal sud del Sahara e che Salvini gli rimanda indietro, affidandoli alle motovedette della guardia costiera. Nell’incontro che ha avuto ieri a Vienna con il cancelliere Sebastian Kurz e poi anche con il capo dello Stato, Alexander Van der Bellen, Mustafà al-Sarraj ha detto la sua sulla questione profughi, togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa.

Innanzitutto ha definito “fuori luogo” e “inaccettabili” le accuse che gli vengono mosse. Eppure le organizzazioni internazionali di soccorso e in primo luogo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati definiscono disumane le condizioni di vita nei lager libici e riferiscono di violazione dei diritti dell’uomo, torture, violenze anche sessuali, riduzione dei profughi in schiavitù.

Il primo ministro libico non ha negato che ciò avvenga, ma ha replicato: “Per giudicare, bisogna avere chiaro in testa quanto sia difficile oggi la situazione in Libia. Sappiamo che la condizione di vita nei campi di internamento non è ideale per offrire assistenza ai rifugiati, soprattutto nelle regioni che non sono sotto il nostro controllo”. Per capire le dimensioni del fenomeno fornisce due numeri: attualmente in Libia si trovano 800.000 rifugiati, di cui soltanto 20.000 sono ospiti dei campi sotto il controllo del suo governo”. Come per dire che, nel caos del Paese, lui può rispondere soltanto delle persone di cui il suo governo si sta  direttamente occupando, che sono una parte minima della massa di uomini e donne in fuga dall’Africa, con il sogno di mettere piede sul suolo europeo.

Ma ai Paesi europei che puntano il dito contro la Libia replica: “È inaccettabile che questi Stati, che non vogliono accogliere nemmeno un migrante a casa loro, poi critichino noi. Li invitiamo a prendersi essi stessi cura di questi profughi o di provvedere al loro accompagnamento nei Paesi di provenienza”. E ancora: “L’Europa deve ricordarsi che la Libia non è l’origine del problema, noi siamo vittime di questo problema. Le radici del problema vanno cercate altrove, nei Paesi da cui fuggono queste persone, Paesi che hanno bisogno di sviluppo e che devono essere aiutati”.

Al cancelliere Kurz, fino a dicembre presidente del Consiglio europeo, il leader libico ha indicato quale, secondo lui, sarebbe l’unica via d’uscita in Libia per il problema emigrazione, che l’Europa considera prioritario. “Per noi – ha detto – è decisivo che l’Ue sia unita”, perché, se ogni Paese europeo interviene per conto suo, il conflitto in Libia non può che peggiorare. “Non vogliano che certi Stati sostengano certe parti qui in Libia”. In caso contrario vi sarebbero forze distruttive, che approfitterebbero delle divisioni in Europa (ma anche nell’Onu), per aggravare i conflitti esistenti.

 

NELLA FOTO, il leader libico Fayez Mustafà al-Sarraj con il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, durante il loro incontro di ieri a Vienna.

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