Sabato 18 Maggio 2024

19.01.27 Profughi in Austria dall'ex JugoslaviaIl fenomeno migratorio ha condizionato le elezioni degli ultimi anni. Tutte le elezioni, in Italia e negli altri Paesi europei, determinando il successo di forze populiste, che si erano schierate compatte per la chiusura dei confini e dei porti e il blocco navale nel Mediterraneo.

È accaduto così anche in Austria, come si è visto dall’andamento delle ultime elezioni nazionali e regionali (fanno eccezione quelle in Carinzia), di cui abbiamo dato conto in questo blog. Le ondate migratorie del 2015 hanno gonfiato le vele dell’Fpö, il partito della destra sovranista, ora al governo assieme al Partito popolare (Övp).

Anche tre anni dopo la cosiddetta “invasione” dell’autunno 2015, benché gli arrivi si siano ridotti a dimensioni insignificanti, il profugo è visto sempre con sospetto e preoccupazione. Ed è questa la ragione per cui il governo – in particolare la componente Fpö, che ha la responsabilità del Ministero degli Interni, in Austria come in Italia – continua a prendere provvedimenti anti-immigrazione. Inizialmente erano soprattutto misure per presidiare i confini (fu addirittura creata un’unità speciale di pronto intervento, composta da 600 uomini e denominata “Puma”). Ora, visto che gli arrivi si contano sulle dita, ci si preoccupa soprattutto di rendere difficile la vita di quelli che sono già arrivati, quasi a voler dire a chi ha intenzione di raggiungere l’Austria che è meglio che se ne stia a casa sua, perché qui non troverà una buona accoglienza.

Le immigrazioni non costituiscono una novità per l’Austria. Basti pensare a quel che accadde dopo il crollo dell’impero. Ma senza andare troppo indietro nel tempo e limitando lo sguardo al secondo dopoguerra, registriamo un continuo susseguirsi di flussi migratori: l’arrivo della popolazione di lingua tedesca dai Sudeti (fenomeno simile a quello dei profughi dall’Istria e Dalmazia), lo stillicidio continuo di profughi dall’Est Europa comunista, gli arrivi in massa dopo le repressioni in Ungheria (1956) e in Cecoslovacchia (1968), il transito di tedeschi attraverso l’Ungheria poco prima della caduta del muro di Berlino, le popolazioni dei Balcani in fuga dalla guerra civile dopo la dissoluzione della Jugoslavia.

Attualmente oltre il 12% della popolazione austriaca è composta da cittadini stranieri (o con almeno uno dei genitori straniero) giunti nel corso di queste migrazioni. Gli ultimi arrivati (afghani, siriani, iracheni, africani) rappresentano una modesta minoranza. E pur tuttavia è di essi che gli austriaci hanno più paura, come emerge da un sondaggio appena sfornato dall’istituto demoscopico Market.

L’atteggiamento nei confronti dei “vecchi” immigrati, al contrario, è largamente positivo. Ma come, non avevano suscitato allarme anch’essi al loro arrivo? L’Fpö, a quel tempo guidato da Jörg Haider, non aveva imbastito compagne contro lo straniero con slogan del tipo “prima l’Austria” e “l’Austria agli austriaci”? Sì, è proprio così. Ma evidentemente quell’allarme era ingiustificato ed era cessato immediatamente dopo che gli immigrati di allora si erano inseriti nelle comunità locali. Come dire: “se li conosci, non li eviti”.

A distanza di più di due decenni, il 53% delle persone intervistate da Market Institut ritengono che quei “nuovi austriaci” erano stati “di aiuto per lo sviluppo dell’Austria”. Soltanto il 7% ne dà oggi un giudizio negativo. Positivo, naturalmente, il giudizio sugli ebrei fuggiti all’estero dopo l’Anschluss e rientrati dopo il 1945. Positivo, ma in misura minore, anche il giudizio sui profughi giunti dai Sudeti.

Immigrazioni più recenti dall’Est Europa (prima della caduta del muro): il 37% degli intervistati ritiene che abbiano contribuito al progresso dell’Austria. Più problematico il giudizio sui turchi, giunti in Austria a suo tempo come “Gastarbeiter” (cioè “lavoratori ospiti”, che al termine del contratto di lavoro sarebbero dovuti ritornare in Turchia, mentre invece in gran numero sono rimasti): il 22% ne dà un giudizio negativo, ma i giudizi positivi salgono al 37%.

La musica cambia, come si diceva, quando si passa ai flussi migratori di questi ultimi anni. Solo il 10% ritiene che possano essere utili per l’Austria i profughi provenienti dal Medio Oriente e scende al 7% per quelli dall’Africa.

Tra venti o trent’anni l’autore di questo blog non sarà più vivo, ma gran parte dei suoi lettori sì. Ci auguriamo che a quel tempo, che noi non vedremo, essi possano verificare se l’opinione degli austriaci sui profughi di oggi sarà cambiata o se sarà rimasta la stessa. Per ora possiamo solo constatare che le previsioni catastrofiche di Haider & Co. di trent’anni fa – a quel tempo la parola usata era “Entfremdung”, alienazione, e stava a indicare una minaccia all’identità nazionale che sarebbe stata causata dall’invasione straniera – non si sono avverate. Se i populisti di allora si erano sbagliati, forse potrebbero sbagliarsi anche i populisti di oggi.

 

NELLA FOTO, profughi giunti in Austria dall’ex Jugoslavia, tra il 1991 e il 1992. La provenienza era diversa, ma la disperazione negli occhi è la stessa di oggi. In quegli anni attraversarono il confine austriaco 115.000 uomini e donne, provenienti soprattutto da Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo; di questi, 60.000 sono rimasti in Austria.

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