Sabato 18 Maggio 2024

11.09.21 Budapest, sede Erste Group szekhaz_02_160x200Sono 1,3 milioni  gli ungheresi che hanno scelto di farsi prestare dalle banche denaro in valuta straniera, per lo più in euro e franchi svizzeri. Il rischio è simile a quello corso dagli italiani che a suo tempo avevano sottoscritto un mutuo a tasso variabile. La differenza è che da noi l’alea era determinata dalla variabilità degli interessi da rimborsare, mentre nel caso ungherese dipende dal rapporto di cambio tra le valute.

In questo momento il fiorino ungherese è in calo. Ne servono oltre 287 per acquistare un euro. Si capisce, dunque, come 1,3 milioni di ungheresi in questo momento siano in ansia, perché hanno fatto il mutuo per la casa in franchi svizzeri o in euro e la restituzione del prestito è diventata molto più onerosa Di essi, riferiscono le agenzie di stampa magiare, 800.000 sarebbero addirittura in difficoltà nel pagamento.

Si capisce di meno, invece, l’iniziativa annunciata dal governo di Budapest per aiutare i propri concittadini. Sta per essere varata una legge che fissa d’autorità il tasso di cambio delle valute a 250 fiorini (anziché 287) per l’euro e a 180 fiorini (anziché 240) per il franco svizzero, vale a dire sensibilmente al di sotto del cambio ufficiale. Il provvedimento appare in contrasto con l’ordinamento giuridico ungherese, oltre che con le norme internazionali, perché scarica il costo del “salvataggio” sulle banche che hanno concesso il credito. Le quali banche, oltre al rischio connesso come sempre con la concessione di un prestito, registreranno comunque una perdita certa del 20% circa, anche nei rapporti andati a buon fine.

Per molti istituti questo “esproprio di Stato” rischia di far saltare gli equilibri di bilancio. Il rischio è maggiore soprattutto per le banche austriache, più esposte di altre sui mercati dell’Est Europa. Erste Group, capofila delle casse di risparmio austriache, per esempio, ha erogato in Ungheria prestiti per 3 miliardi di franchi svizzeri. E la Raiffeisen Bank International è esposta in tutta l’Europa Centro-orientale per 3,4 miliardi di euro (in Ungheria per 1,6 miliardi di franchi svizzeri e 100 milioni di euro).

La preoccupazione per quello che potrebbe accadere è palpabile a Vienna, anche se i portavoce delle banche hanno ricevuto l’ordine di tacere, finché non si conosceranno meglio i contenuti del provvedimento voluto dal governo di Viktor Orban, di cui si sa poco o nulla anche alla vigilia della sua approvazione. Per esempio, non si sa se il cambio a tasso fisso riguarderà soltanto i mutui accesi da privati cittadini o anche quello delle imprese.

Tacciono le banche coinvolte, ma non la Banca nazionale austriaca, dove ci si dichiara “colpiti” dalla circostanza che “un Paese membro dell’Unione Europea determini una situazione difficilmente conciliabile con le regole del mercato interno comunitario”. Ne deriverebbe oltretutto un’incertezza giuridica che terrebbe gli investitori lontani dell’Ungheria, che finirebbe per pagarne le conseguenze economiche.

Il vicecancelliere e ministro degli esteri Michael Spindelegger si è detto pronto a chiedere un intervento della Commissione europea, affinché ottenga dalla Corte europea di giustizia un provvedimento provvisorio che blocchi il disegno di legge ungherese. La ministra delle finanze Maria Fekter, a sua volta, ha inviato una lettera al collega ungherese György Matolcsy. “Il provvedimento – ha scritto – comporterà rilevanti perdite nell’intero sistema bancario ungherese” e minaccia “la stabilità dei mercati finanziari nell’Est e nel Centro Europa e nell’Europa nel suo complesso”.

“Noi respingiamo energicamente il provvedimento – ha proseguito – perché esso rappresenta un vulnus nel sistema giuridico, come mai finora si era presentato in nessuno dei Paesi membri dell’Unione Europea”.

Nella foto, il palazzo di Erste Group a Budapest.

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