La stampa internazionale, soprattutto quella britannica e francese, segue con incredulità lo spazio che sui media italiani viene concesso a quanti sostengono le ragioni della Russia nella guerra contro l’Ucraina. O che, pur non schierandosi con la Russia, sventolano le bandiere della pace e chiedono un’immediata cessazione delle ostilità, fingendo di non sapere che in questo modo si farebbero gli interessi dell’aggressore e si abbandonerebbe al suo destino l’aggredito. In nessun altro Paese d’Europa Putin conta tanti fans.
Ma un conto è il dibattito in tv tra i cosiddetti “esperti” e un conto è l’azione del governo e del Parlamento. Qui Putin non ha molti amici. La stragrande maggioranza dei partiti politici italiani è schierata con Kyiv e con le sanzioni alla Russia.
Questa constatazione emerge dalla lettura di un’analisi apparsa recentemente sulla “Neue Zürcher Zeitung”, dal titolo “L’Austria non osa rompere con Putin”. L’autorevole giornale svizzero definisce “utili idioti” quelli che in Occidente contribuiscono a diffondere la propaganda del Cremlino. “Ed è fuori discussione – sostiene – che questo ruolo, tra i governi europei, spetti in primo luogo all’Ungheria”. Viktor Orban, benché a capo di un Paese che è membro della Nato, nega i rifornimenti di armi all’Ucraina attraverso il suo territorio, si oppone alle sanzioni dell’Ue e fa proprio il punto di vista di Mosca nell’aggressione al Paese vicino.
Se per la “Neue Zürcher Zeitung”, tra gli utili idioti della Russia, l’Ungheria occupa il primo posto, al secondo viene l’Austria. È ben vero che Vienna ha condannato fin dall’inizio l’aggressione all’Ucraina e ha aderito a tutte le sanzioni inflitte alla Russia, ma non ha fatto nulla per porre fine agli stretti legami politici ed economici con Mosca.
Una rottura completa appare infatti difficile e dolorosa per una classe politica che storicamente ha sempre strizzato l’occhio a Mosca, traendone molti benefici ai quali ora stenta a rinunciare. La presenza di Putin nel 2018 alle nozze della ministra degli Esteri, Karin Kneissl, che abbiamo ricordato in questo blog proprio l’altro ieri, è soltanto l’aspetto più folcloristico di questa corrispondenza d’amorosi sensi. Conta molto di più la vacanza di Putin sulle piste di sci del Tirolo, accompagnato dall’allora cancelliere Wolfgang Schüssel (Övp). Le immagini di loro due, seduti in seggiovia l’uno accanto all’altro, sono presenti ancor oggi sulla pagina web del Cremlino.
Lasciata la cancelleria, Schüssel ebbe presto un incarico dirigenziale in una delle società pubbliche russe. Così come accadde poco dopo anche ai suoi successori Alfred Gusenbauer (Spö) e Christian Kern (Spö). Quale altro Paese in Europa o nel mondo ha visto tre suoi ex cancellieri – non tre politici di secondo piano, ma tre uomini che avevano guidato il governo del loro Paese – a libro paga di Putin?
In molti altri Paesi europei i rapporti con Mosca incominciarono a raffreddarsi già dopo l’assassinio dell’oppositrice di Putin Anna Politkovskaja (2006), dopo la guerra in Georgia (2008), dopo l’annessione della Crimea con gli “omini verdi” (2014). In Austria invece tutto continuò come prima. Già tra mesi dopo l’invasione della Crimea Putin era ospite di Stato a Vienna, ricevuto con tutti gli onori dal presidente Heinz Fischer (Spö) e dall’élite dell’industria. Quattro anni dopo fu il nuovo presidente Alexander Van der Bellen (Verdi) ad accogliere con tutti gli onori Putin alla Hofburg. E, sempre in quell’anno, lo zar di Mosca incontrò quattro volte il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e si fece immortalare nelle famose foto mentre balla con Karin Kneissl nella festa nuziale.
Abbiamo fatto seguire le sigle di partito ai nomi, per richiamare l’attenzione sul fatto che la simpatia austriaca nei confronti della Russia di Putin è trasversale. Ma non c’è dubbio che in prima fila è l’Fpö, il partito dell’estrema destra sovranista – un tempo di Haider, poi di Strache e ora di Herbert Kickl – che nel 2016 aveva addirittura stretto un patto di amicizia con Russia Unita, il partito di Putin, così come aveva fatto la nostra Lega. Quel patto è giunto alla sua naturale scadenza in febbraio e non dovrebbe essere stato rinnovato, ma l’atteggiamento dell’Fpö non è cambiato: si è dichiarato sempre contrario alle sanzioni alla Russia e, in occasione dell’intervento di Volodymyr Zelensky in Parlamento, i suoi deputati hanno lasciato l’aula.
L’economia austriaca va al passo con la politica. Vanno al passo soprattutto le grandi aziende che un tempo erano tutte dello Stato e che ora sono in parte controllate dallo Stato. Prima fra tutte quella petrolifera, che oggi si chiama Omv. Nel 1968, quando si chiamava Österreichische Mineralöl-Verbreitungsgesellschaft, fu la prima tra quelle del mondo occidentale a firmare un contratto di fornitura di gas con l’Unione Sovietica e a diventare uno snodo per il trasporto di gas ad altri Paesi, tra cui l’Italia e la Germania. Il beneficio economico che ne derivò ebbe però un prezzo politico. Quando nello stesso anno il Patto di Varsavia soffocò nel sangue la Primavera di Praga, l’Austria fu l’unico Paese libero che non condannò l’aggressione.
Da allora i contratti di fornitura sono sempre stati rinnovati, da ultimo nel 2018 addirittura fino al 2040, benché non ce ne fosse alcun bisogno, perché il contratto in vigore sarebbe durato fino al 2028. Ma i governanti austriaci erano inginocchiati davanti a Mosca e festeggiarono la proroga in presenza di Putin. Questo atteggiamento e gli impegni contrattuali assunti spiegano in parte le difficoltà di Vienna di rinunciare ora al gas russo. Allo scoppio della guerra in Ucraina l’Austria dipendeva per l’80% dalle forniture russe. Nei mesi successivi sono state ricercate fonti alternative, ma senza troppo impegno: oggi la dipendenza è al 70% e, stando alle parole della ministra per l’Energia e l’Ambiente, Leonore Gewessler (Verdi), potrebbe essere azzerata soltanto dopo il 2027. Ma, come ha dichiarato il cancelliere Karl Nehammer (Övp), nessuno in Austria ha fretta di chiudere i rubinetti, perché una risoluzione del contratto “sarebbe a danno dei contribuenti austriaci”. In altre parole, l’Austria continuerà a utilizzare il gas russo finché Putin glielo venderà. Magari fino al 2040.
NELLA FOTO, Wolfgang Schüssel (a destra), all’epoca cancelliere austriaco, e Vladimir Putin insieme in seggiovia in Tirolo.
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