Chiudere o non chiudere? Che cosa chiudere, che cosa non chiudere? E fino a quando? È andato avanti fino alle 2 di notte martedì sera l’incontro convocato dal ministro della Salute, Rudolf Anschober, con i governatori della Bassa Austria, Johanna Mikl-Leitner, del Burgenland, Hans Peter Doskozil, e di Vienna, Michael Ludwig (che è sindaco e governatore al tempo stesso), per discutere sui provvedimenti da prendere per arginare la terza, impetuosa ondata del Coronavirus.
I quattro si erano già visti il giorno prima, in una riunione allargata in cui erano presenti anche i governatori degli altri Länder, il cancelliere Sebastian Kurz, qualche altro ministro e una pattuglia di virologi, epidemiologi ed esperti di altre materie, compresi i calcoli statistici. Anche allora si era discusso di Coronavirus e di chiusure, ma senza cavare un ragno dal buco.
C’era il partito dei rigoristi e preoccupati e quello degli ottimisti e fiduciosi, perché l’Austria in questo momento è spaccata in tre. Sul fronte occidentale (Tirolo e soprattutto Vorarlberg) il numero dei contagi è precipitato e così pure quello dei decessi e dei ricoveri, tanto che il governatore del Vorarlberg, Markus Wallner, può affermare con comprensibile soddisfazione che “attualmente in terapia intensiva abbiano 2 o 3 pazienti al massimo”. Due o tre pazienti in tutto il Land!
Ci sono poi le “terre di mezzo”, in particolare il Salisburghese, dove le cose vanno così, così. Non tanto bene, ma neppure tanto male.
Infine c’è il fronte orientale in piena emergenza: nuove infezioni al galoppo, variante inglese ovunque, ospedali dove ormai si fanno solo gli interventi urgenti, perché tutti i reparti sono destinati a contagiati Covid, e terapie intensive oltre il limite di guardia. Se continua così, dicono gli statistici (ecco perché c’erano anche loro alla riunione di lunedì!), ad aprile si arriverà al collasso e nelle terapie intensive si dovrà decidere chi salvare e chi abbandonare al suo destino.
Ecco perché lunedì era stato difficile prendere decisioni valide per tutto il territorio nazionale. Non soltanto perché le situazioni sono diverse, ma anche perché le sensibilità e le preoccupazioni dei governatori erano diverse. Si è giunti così all’idea di convocare una riunione a parte per i soli territori in condizioni di grave emergenza ed è stata una buona idea, che ha dato risultati significativi, anche se sofferti, come si intuisce dal suo protrarsi fino a tarda notte.
Li riassumiamo, senza entrare troppo nei dettagli. In primo luogo è stata decisa la chiusura completa del commercio e dei servizi alla persona dal 1. al 6 aprile. Faranno eccezione soltanto alimentari e farmacie. Dopo Pasqua, il 7 aprile, i negozi riapriranno, ma per entrarvi sarà necessario un test. Divieto di uscire di casa 24 ore su 24, come prima di Natale (si presume con le eccezioni previste già allora per esigenze sanitarie, lavoro, emergenze ecc.). I contatti interpersonali limitati agli stretti familiari. I musei torneranno a essere chiusi (erano le sole istituzioni culturali aperte, mentre teatri, cinema, discoteche ecc. sono sempre rimaste chiuse e continueranno ad esserlo).
Dal 1. all’11 aprile, inoltre, sarà obbligatoria la mascherina Ffp2 negli ambienti chiusi, dove siano presenti più di una persona. Le stesse mascherine saranno richieste anche all’aperto, ove siano radunate più persone. Nelle aziende il personale dovrà sottoporsi a test almeno una volta alla settimana o lavorare in casa. Nelle scuole l’insegnamento avverrà a distanza fino al 9 aprile; da quella data in poi in presenza, ma previo test molecolare.
Poiché si presume – ma non esistono conferme in proposito – che molti contagi arrivino da persone in arrivo dall’Est Europa, saranno rafforzati i controlli ai confini e saranno rese più efficaci le regole per i pendolari, che dovranno sottoporsi a due test settimanali.
Queste sono le decisioni principali assunte, che hanno fatto dire alla governatrice della Bassa Austria, Mikl-Leitner, che nei tre Länder dell’Est vi sarà una “Osterruhe”, ovvero una “quiete pasquale”. Passare dalle parole ai fatti è un altro discorso, perché non tutte le misure prese saranno applicabili e soprattutto verificabili. C’è da chiedersi, per esempio, con quali uomini potranno essere rafforzati i controlli ai confini, se la polizia non ha personale nemmeno per vigilare gli ingressi di Wiener Neustadt, città in quarantena (soltanto in 6 dei 24 accessi alla città sono presenti posti di blocco).
Insomma la “quiete pasquale” sarà soltanto in parte quieta. Ma qualcosa bisognava pur fare, sperando che sia sufficiente per arginare i contagi e non mandare gli ospedali in tilt.
NELLA FOTO, da sinistra, Johanna Mikl-Leitner, Rudolf Anschober, Michael Ludwig e Hans Peter Doskozil, mentre si avviano alla riunione di martedì, incominciata nel pomeriggio e durata fino a tarda notte.
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