Il matrimonio può essere il coronamento di una storia di amore, ma anche uno stratagemma (un po’ truffaldino) per fare soldi senza fatica. Questa idea è suggerita dalla vicenda matrimoniale di una donna della Stiria, di cui non sappiamo nulla, né il nome e nemmeno l’età. Sappiamo soltanto che nel 1981 era rimasta vedova.
La sofferenza di una vedova è proverbiale: intensa, ma di breve durata. Già l’anno dopo la donna viene colpita dalla freccia di Cupido e va a nuove nozze. Sarà amore eterno? Le intenzioni sono buone, ma il destino alle volte è crudele. Dopo breve tempo i due si separano e lei ha una sorpresa: l’istituto pensionistico – che in Austria si chiama Pensionsversicherungsanstalt – riprende a versarle la pensione di reversibilità del primo marito, quello defunto.
Ma una sorpresa ancora più grande la coglie quando, qualche tempo dopo, fatta pace con il secondo marito da cui si era separata, i due decidono di tornare a vivere insieme, sposandosi per la seconda volta. In quel momento la “vedova allegra” scopre che il Pensionsversicherungsanstalt cessa di versarle la pensione di reversibilità (di cui non ha più bisogno, essendosi risposata), ma le concede una liquidazione, una sorta di “trattamento di fine rapporto”.
Non sappiamo quale ne sia l’importo, ma gli sposi per la seconda volta novelli lo sanno. Si siedono al tavolino, guardano le carte che la vedova ha ricevuto dall’istituto pensionistico e, fatti un paio di conti, verificano che conviene divorziare e soprattutto conviene sposarsi di nuovo. Così decidono di sperimentare l’operazione studiata a tavolino. Non lo fanno subito subito, per non suscitare sospetti, ma, trascorso un tempo che essi ritengono adeguato, vanno dal giudice per ottenere un secondo divorzio consensuale.
In realtà nella loro vita non cambia nulla. Continuano a vivere insieme, condividono le spese della casa, forse perfino si amano. Cambia, invece, l’aspetto economico, perché la vedova torna a incassare la pensione di reversibilità, che significa, per il bilancio familiare, un secondo stipendio. Ma non è tutto. Poiché il vantaggio maggiore è dato dalla liquidazione, i due “separati in casa” decidono di “far pace” e di risposarsi una terza volta. Cessa la pensione di reversibilità, ma arriva la liquidazione.
E, siccome l’appetito vien mangiando, la nostra coppia stiriana ripete il gioco una terza, una quarta, una quinta volta, fino ad arrivare all’undicesima volta. Fa pensare che tutto ciò avvenga senza che nessuno abbia nulla da ridire, né gli ufficiali d’anagrafe, né i giudici del Tribunale. Anche il Pensionsversicherungsanstalt, che per 11 volte aveva riattivato il bonifico della pensione di reversibilità e per 11 volte lo aveva sospeso, non aveva sollevato obiezioni.
Lo ha fatto però alla dodicesima volta, negando la pensione. Il gioco a spese dell’istituto previdenziale sembrava finito, ma non per la vedova che, vedendosi negare la pensione del primo marito, aveva citato in Tribunale il Pensionsversicherungsanstalt. Non le è andata bene. Non le è andata bene nemmeno davanti alla Corte suprema, a cui aveva presentato ricorso. Non aveva diritto a quella pensione, perché, nonostante i ripetuti divorzi, aveva continuato a vivere “more uxorio”, verrebbe da dire, con lo stesso uomo.
Insomma, l’unico modo per riottenere la pensione di reversibilità potrebbe essere un 13. divorzio. Ma questa volta un divorzio vero.
NELLA FOTO, l’atrio della Corte suprema a Vienna.
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