Doccia fredda per i telespettatori austriaci, venerdì sera. Il telegiornale delle 22.00, Zib2, condotto da Armin Wolf, ha avuto ospite il virologo Christian Drosten (nella foto), professore alla Charité, l’Università di medicina di Berlino, che dispone di una delle più grandi cliniche universitarie d’Europa.
Drosten è un volto ormai famoso in Germania ed è noto anche in Austria, da quando è diventato il principale consulente del governo tedesco nell’epidemia da Coronavirus. In Austria, per dire, nessuno sa bene chi consigli il governo nelle decisioni da prendere in materia, perché nelle quasi quotidiane conferenze stampa si presentano sempre e soltanto il cancelliere Sebastian Kurz, affiancato dai ministri della Salute, Rudolf Anschober, e degli Interni, Karl Nehammer, talvolta anche dal vicecancelliere Werner Kogler. Ma con loro non appare mai nessun “esperto”, di cui forse si conosce il nome, ma non la faccia.
A Berlino, invece, quando Angela Merkel si presenta ai giornalisti per parlare di Coronavirus, ha sempre al suo fianco il professor Drosten, un po’ come accade negli Usa con il prof. Antony Fauci, che accompagna sempre il presidente Donald Trump. Con la differenza, però, che Merkel si fida di Drosten e le sue raccomandazioni vengono seguite alla lettera, senza le fantasiose interpretazioni trumpiane.
Drosten, dunque, è considerato un punto di riferimento in Germania e, a caduta, anche in Austria, dove si seguono i notiziari televisivi dei “cugini” tedeschi. L’intervista in collegamento da Berlino concessa venerdì sera a Wolf, insolitamente lunga per un telegiornale (oltre 19 minuti), è stata seguita con grande interesse dagli austriaci, che già si stanno preparando alla fase 3 o 4 dell’alleggerimento delle misure disposte per il contenimento dell’epidemia, con riapertura di negozi, servizi, chiese e presto anche scuole.
Siamo dunque all’epilogo del fenomeno? No, ha risposto il virologo berlinese, “siamo nel bel mezzo, se non addirittura all’inizio”, per poi ammonire: “Vediamo proprio in questi giorni sottili segnali di un ripetersi di nuove infezioni”. Ciò potrebbe essere messo in relazione con le recenti festività pasquali, nelle quali non tutti si sono attenuti alle rigorose misure dettate per il contenimento del contagio. Una seconda ondata di infezioni con “un aumento dei casi in una dimensione non più sopportabile” potrebbe essere la conseguenza. “Purtroppo dobbiamo mettere in contro qualcosa del genere”.
Alla domanda di Armin Wolf, se le misure adottate in tutto il mondo non siano state troppo drastiche, Drosten ha risposto: “Abbiamo davanti a noi un virus pericoloso”. Il virologo tedesco lo ha paragonato alla Sars e, sotto certi aspetti, perfino alla Spagnola di un secolo fa, escludendo che possa essere considerato alla stregua di una normale influenza stagionale.
L’estate potrebbe portare a un’attenuazione ingannevole del fenomeno, ma ciò non sarebbe dovuto alle temperature più alte, come molti credono, bensì al fatto che si trascorre più tempo all’aperto. Con il ritorno dell’inverno, invece, potrebbe sopraggiungere una seconda, temuta ondata, che sarebbe addirittura più acuta dell’attuale. Ci salverà il vaccino? Sì, ma soltanto dalla prossima primavera in poi.
Credere alle previsioni allarmanti del professor Drosten o fidarsi invece di virologi più ottimisti, come inizialmente aveva preferito fare Trump? Purtroppo conosceremo la risposta soltanto in autunno o in inverno. Ora ci è consentita una sola considerazione: se il governo tedesco si affida alle raccomandazioni del consulente che ha scelto – e non c’è motivo per pensare diversamente – la Germania, a differenza dell’Austria e di altri Paesi vicini a noi, non rinuncerà molto presto alle misure restrittive adottate e non riaprirà facilmente i suoi confini.
L’annullamento dell’Oktoberfest è un segnale in questa direzione. Festival come quelli di Salisburgo o di Bregenz non possono essere disdetti all’ultimo momento, perché vi partecipano attori, musicisti, registi che arrivano da ogni parte del mondo e devono provare con settimane di anticipo. Ma la festa della birra di Monaco non comporta questo viavai di artisti internazionali. Poteva quindi essere disdetta anche all’ultimo momento. Invece si è preferito farlo fin d’ora, perché probabilmente si teme che anche dopo l’estate l’emergenza non sarà finita.
Se, di fronte al Coronavirus, possiamo dividerci tra ottimisti e pessimisti, tra chi crede che siamo ormai alla fase conclusiva e chi invece teme che il problema sia più serio, la Germania fa parte del secondo gruppo. Tutto il contrario della Svezia, che ha affrontato serenamente il Coronavirus, senza prendere alcun provvedimento, e che da ieri ha raggiunto quasi i 2.2000 decessi, di cui il 40% in case di riposo per anziani. Tanto per fare un raffronto: in Norvegia i decessi erano 201, in Danimarca 418, in Austria 536.
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