Mai come in questi giorni di epidemia appare così evidente l’importanza – verrebbe da dire la bellezza – dei confini aperti. L’avevamo sottovalutata in tempi normali, quasi che un’Europa senza frontiere non fosse il frutto di un faticoso lavoro di uomini lungimiranti, ma una legge di natura. Il Coronavirus ci ha richiamato alla realtà, una realtà che crea inenarrabili disagi soprattutto per quanti hanno rapporti familiari e affettivi al di qua o al di là del confine e ora sono costretti a una dolorosa separazione.
L’impossibilità di viaggiare si ripercuote anche su un importante settore dell’economia, quello del turismo. Gli operatori sono in allarme, perché, dopo aver assistito a una interruzione anticipata della stagione invernale, che prometteva molto bene, temono di non vedere iniziare quella estiva, altrettanto importante.
In Austria, dove i numeri del contagio sono nettamente inferiori a quelli italiani, ci si sta comunque preparando. Tutte le strutture ricettive stanno addestrando il personale a protocolli di sicurezza che prevedono l’uso di mascherine, distanziamento dei tavoli nei locali, igiene personale. Misure analoghe stanno adottando i concessionari di spiagge sul Wörthersee e sugli altri laghi.
Il cancelliere Sebastian Kurz, per dare il suo contributo, ha annunciato che trascorrerà le vacanze in Austria e ha invitato a fare lo stesso anche i suoi connazionali. Ma, se anche tutti gli austriaci nella prossima estate decidessero per patriottismo di non lasciare il Paese, il turismo austriaco ne soffrirebbe ugualmente, perché oltre il 60% delle presenze sono tedesche (quelle austriache appena il 15%). Verranno anche quest’anno i tedeschi? Lo si può escludere in partenza. Intanto perché dopo due mesi di semiparalisi di ogni attività anche i mesi estivi saranno per molti mesi di lavoro. In secondo luogo perché la Germania, al momento, non sembra affatto intenzionata ad allentare la stretta ai confini.
Il governo tedesco sta prendendo molto sul serio questa epidemia ed è molto prudente. Riferendosi alle misure prese a livello europeo per limitare i viaggi, il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha dichiarato che prima o poi se ne riparlerà per rimuoverle. “Al momento però – ha soggiunto – non c’è un solo indizio che ci induca a pensare che ciò possa avvenire in tempi prevedibili”. I “tempi prevedibili”, in Germania, sono “tempi lunghi”, tant’è vero che solo tre giorni fa si è deciso di annullare l’Oktoberfest di Monaco, che, come dice il nome stesso, si tiene in ottobre. Segno che almeno fino ad ottobre la Germania non abbasserà il livello di guardia.
Ciò non esclude che i confini siano almeno in parte riaperti, ma il flusso di chi deciderà di varcarli a proprio rischio sarà nettamente inferiore a quello delle estati passate. La cosa colpisce direttamente l’Italia, dove gli ospiti delle spiagge adriatiche, ma anche del “Gardasee” o della Toskana (con la “kappa”, come si scrive nell’area germanofona), sono in gran numero tedeschi. E interessa ovviamente l’Austria, per le ragioni che abbiamo detto sopra.
Per questo Kurz e la ministra per il turismo Elisabeth Köstinger premono sulla Germania (e sulla Cechia), per convincere Berlino ad allentare la stretta al confine con l’Austria. È una pressione congiunta esercitata insieme con la Slovenia e soprattutto con la Croazia, anch’esse interessate ad accogliere di nuovo a braccia aperte sulle coste adriatiche gli ospiti teutonici.
Alla vigilia del vertice di Bruxelles c’è stato un colloquio a distanza tra Kurz e il collega croato Andrej Plenkovic. È seguito un twitt in inglese del cancelliere, in cui annuncia di aver discusso con Plenkovic “un coordinato avvio verso la riapertura del settore turistico nei nostri rispettivi Paesi, sia per quanto riguarda i controlli di confine, sia per i lavoratori stagionali” (questi ultimi interessano esclusivamente l’Austria, dove mancano queste maestranze e senza immigrati alberghi e ristoranti rischiano di dover chiudere).
Plenkovic ha poi dichiarato all’agenzia di stampa croata Hina di aver avuto colloqui analoghi anche con i capi di governo sloveno (Janez Jansa), ungherese (Viktor Orban), ceco (Andrej Babis) e tedesco (Angela Merkel). A suo dire, “tutti quelli con cui ho parlato vogliono individuare nelle prossime settimane un modello per l’apertura dei confini e per consentire alle gente di venire in vacanza d’estate in Croazia”. Non si tratterebbe soltanto di un “desiderio della Croazia”, ma anche della confinante Slovenia, dato che molti cittadini sloveni possiedono una casa di vacanza sulle coste croate.
L’impressione che se ne ricava è che si stia costituendo un “asse” dalla Germania alla Croazia, passando per l’Austria e la Slovenia, che escluderebbe l’Italia. Nei colloqui finora avvenuti, infatti, non si fa cenno al nostro Paese, considerato maggiormente a rischio, al pari della Spagna e della Francia (non del Portogallo e della Grecia). Per l’Italia pesa naturalmente il numero di contagi e di decessi in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte. Veneto e soprattutto Friuli Venezia Giulia presentano un quadro epidemiologico più tranquillizzante, ma questo andrebbe spiegato in Germania e in Austria, dove si conoscono i dati complessivi che riguardano l’Italia, non quelli regione per regione.
Certo, non giova sapere che in Friuli Venezia Giulia, regione che ha meno sofferto del Coronavirus, il numero dei decessi è 258, mentre nella confinante Carinzia sono soltanto 12. Il turista tedesco propenso alla cautela, se proprio non ha la seconda casa a Grado o a Lignano, è probabile che parcheggerà la sua macchina in riva al Wörthersee.
NELLA FOTO, la spiaggia di Sakarun nell’isola di Dugi Otok (Isola Lunga), in Croazia.
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