Sabato 18 Maggio 2024

14.06.28 Sarajevo, Francesco Ferdinando con la moglie prima dell'attentatoSe l’”Inno alla gioia” di Beethoven, scelto dal Consiglio d’Europa quale inno ufficiale dell’Unione Europea, esprime in musica l’aspirazione alla pace e alla fratellanza universale (“alle Menschen werden Brüder”, “tutti gli uomini diventano fratelli”, recita il verso di Schiller che ispirò il grande compositore), se questo è il significato di quell’inno, non c’è palcoscenico migliore dove possa essere eseguito di quello di Sarajevo. È qui, nella città in cui Gavrilo Princip cent’anni fa sparò è uccise Francesco Ferdinando, l’erede al trono d’Austria e Ungheria, è in questa città simbolo della tragedia della prima guerra mondiale e di altre tragedie più recenti e non meno cruente, è in questa città martoriata che le note di Beethoven possono risuonare e parlare davvero al cuore degli uomini, suscitando speranze di riappacificazione.

 

Proprio oggi, nel centesimo anniversario di quell’attentato che fu la scintilla dello scoppio della prima guerra mondiale, proprio oggi, alle 18.15, qui a Sarajevo, i Wiener Philharmoniker terranno un concerto in ricordo di quel fatale evento. L’”Inno alla gioia” sarà l’ultimo brano che essi eseguiranno, guidati dalla bacchetta di Franz Welser-Möst, direttore della Staatsoper di Vienna.

 

Che alla commemorazione dell’attentato di Sarajevo suoni un’orchestra austriaca – la più importante di quel Paese e una delle più prestigiose al mondo – è un segno di quanto siano cambiati i tempi e le relazioni tra le nazioni di un’Europa che sta diventando sempre più piccola. Un altro segno è la presenza alla cerimonia di oggi del presidente della Repubblica austriaca, Heinz Fischer e, accanto a lui, dei presidenti di Macedonia e Montenegro.

 

Non solo. Ci sarà anche Carlo d’Absburgo-Lorena, figlio dell’ultimo erede al trono dell’Austria e Ungheria Otto, nipote dell’ultimo imperatore Carlo, pronipote di quel Francesco Giuseppe che, dopo l’assassinio di Sarajevo, firmò l’ultimatum impossibile alla Serbia, decretando con esso lo scoppio della prima guerra mondiale. Sono trascorsi cent’anni e il rappresentante degli Absburgo – di quella monarchia che nel 1908 aveva annesso unilateralmente la Bosnia-Erzegovina, sconvolgendo gli equilibri geopolitici nei Balcani occidentali – può non soltanto metter piede a Sarajevo, ma addirittura tenere il discorso d’apertura a una tavola rotonda che avrà per tema “Le prospettive europee della Bosnia-Erzegovina 1914-2014”.

 

L’inno dell’Europa chiuderà il concerto dei Wiener Philharmoniker, che sarà invece aperto dall’inno nazionale della Bosnia. E subito dopo dal “Kaiserquartett” di Joseph Haydn, che fino alla caduta della monarchia absburgica era stato l’inno imperiale. “Gott erhalte unsern Kaiser” (“Dio conservi il nostro imperatore”), cantavano i sudditi dell’impero absburgico, ciascuno nella propria lingua. Per gli italiani diventava “Serbi Dio l’austriaco regno”. Nella scelta di quel brano di Haydn, inserito tra l’inno della Bosnia di oggi e l’inno europeo, c’è forse un po’ di nostalgia per un tempo in cui i nazionalismi non avevano ancora dilaniato l’Europa, la convivenza tra etnie differenti era possibile e, come dicono gli austriaci, “die Welt noch in Ordnung war”.

 

Nella foto, il principe ereditario Francesco Ferdinando, con la moglie Sofia, a Sarajevo, mentre sta per salire sull’auto su cui pochi minuti dopo sarebbe stato ucciso con un colpo di pistola da Gavrilo Princip.

 

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