Sabato 18 Maggio 2024

14.06.26 Vienna, sede OMV - CopiaÈ un “ritorno al futuro” o un “ritorno al passato” il cammino che l’Öiag (l’Iri austriaca) si accinge a intraprendere? O si tratta soltanto di un rimescolamento di carte, senza che dietro vi sia alcuna strategia politica di intervento sul terreno economico, se non forse quella di piazzare uomini di fiducia delle forze politiche di governo in ruoli che un tempo avremmo definito “di sottogoverno”?

 

Stiamo parlando di una holding pubblica, la cui ragione sociale è una sigla che sta per Österreichische Industrieholding Ag. Un gruppo che un tempo era potentissimo e comprendeva decine di società grandi e piccole – dal poligrafico dello Stato all’Aeroporto di Vienna, dalla manifattura dei tabacchi alla casa d’aste del Dorotheum, dalle miniere (comprese quelle da cui si cavava il sale) all’intera industria siderurgica e dell’acciaio (la Voestalpine dovrebbe dire qualcosa) – e che ora vede ridotto il suo raggio d’azione a tre sole grandi partecipazioni: il 52,85% di Post (il servizio esclusivamente postale, da cui nel 2001 è stato scorporato quello bancario, la Postsparkasse, ceduto interamente alla Bawag, la Banca per il lavoro e l’economia), il 31,5% dell’Omv, società petrolifera che gestisce, tra l’altro, una rete di stazioni di servizio (tra cui anche quella di Malborghetto, sull’autostrada per Tarvisio) e il 28,42% di Telekom (società telefonica il cui principale azionista attualmente è il messicano Carlos Slim).

 

Lo smagrimento di Öiag era incominciato sin dalla fine degli anni ’80, con l’ingresso in borsa di Omv e la cessione del 15 e poi ancora del 10 per cento del suo capitale. Era l’avvio di una privatizzazione che gradualmente avrebbe portato alla cessione di tutti i gioielli della holding pubblica. Definirli “gioielli” è tuttavia improprio. Alcune di quelle aziende erano idrovore di denaro, a causa delle continue ricapitalizzazioni che si rendevano necessarie per sanare vertiginosi buchi di bilancio. Del resto, lo scopo principale dell’industria di Stato di allora non era la produttività, ma il consenso sociale, attraverso la creazione di posti di lavoro.

 

Un meccanismo che aveva ben funzionato finché il debito pubblico era stato relativamente basso, ma che alla fine degli anni ’80 – vale a dire dopo la stagione del governo Kreisky (di cui si ricorda la celebre frase: “Un paio di miliardi di debiti in più mi procurerebbero meno notti insonni di un paio di centinaia di migliaia di disoccupati in più”) – non era più sostenibile. Ovviamente vi erano forze politiche più favorevoli alle privatizzazioni e altre meno favorevoli. Il Partito socialdemocratico (Spö) era tra quelle meno favorevoli. Ma furono proprio governi a guida socialdemocratica, negli anni ’90, che cedettero ai privati alcuni colossi dell’industria pubblica. Non senza polemiche. I contrari lamentavano che lo Stato si era privato di aziende che producevano ricchezza, dimenticandosi che finché erano in mano pubblica avevano prodotto solo debiti e avevano incominciato a produrre ricchezza solo quando e proprio in quanto erano passate ai privati.

 

Il colpo finale venne assestato dopo il 2000 dal primo governo di centrodestra guidato dal popolare Wolfgang Schüssel. Lo slogan di quegli anni era “mehr Privat, weniger Staat”, “più privato, meno Stato”.  Una dopo l’altra le società dell’Öiag vengono cedute. L’ultima privatizzazione è del 2009, quando il governo Schüssel, sconfitto alle elezioni del 2006, ha ormai passato la mano a una “Grosse Koalition” di nuovo a guida socialdemocratica. Tocca a un governo di centrosinistra cedere Austrian Airlines, la compagnia di bandiera che allora si trovava in uno stato agonizzante, come accadeva proprio in quegli anni alla nostra Alitalia. Con la differenza che allora la società aerea austriaca fu ceduta alla Lufthansa e non a un gruppo di “capitani coraggiosi”, come fece l’Italia, con i risultati che oggi tutti conosciamo.

 

Oggi l’Öiag, che tutti credevano ormai prossima alla liquidazione, sembra invece ritrovare vitalità e nuovi compiti. Potrebbe fare dietro front e tornare ad acquisire partecipazioni in nuove aziende nei settori dell’innovazione. Potrebbe farlo con i 153 milioni di utili che ora ricava dalle poche aziende ancora sotto il suo controllo e che finiscono nel bilancio dello Stato. E inoltre si pensa di trasferire nelle mani di Öiag aziende pubbliche che attualmente sono gestite direttamente dallo Stato.

 

Una di queste è il Verbund (51% controllato dal Ministero dell’economia), uno dei maggiori produttori di energia elettrica d’Europa, presente in venti Paesi (in Italia sfortunatamente è dal 1999 partner di Cir con una quota del 45% di Sorgenia), che potrebbe passare all’Öiag. Stesso discorso per Casinos Austria (società che gestisce 12 casinò nel Paese e alcuni all’estero): il 33,24% controllato dalla Banca nazionale attraverso Münze Österreich potrebbe essere messo sul mercato e acquisito anch’esso da Öiag. La lista potrebbe continuare con la Big (Bundesimmobiliengesellschaft), società che amministra il patrimonio immobiliare dello Stato, le Foreste federali (Bundesforste) e poi con le società nella sfera di competenza del Ministero delle infrastrutture: non le Ferrovie (Öbb), ma l’Asfinag (autostrade e superstrade), Via Donau (società che gestisce il traffico fluviale lungo il Danubio), il centro di ricerca di Seibersdorf o infine l’Austro control (società per il controllo del traffico aereo).

 

Insomma, per l’”Iri austriaca” si prospetta un grande futuro. O un “grande passato”, come ipotizzavamo all’inizio. Il fatto che nel dibattito in corso si parli anche e molto delle persone che dovranno gestire in futuro la holding – con un consiglio di sorveglianza allargato da 14 a 18 membri, e con due direttori generali anziché uno solo, come ai bei tempi, quando tutte le società di Stato avevano due amministratori delegati, uno popolare e uno socialdemocratico, tanto per non far torto a nessuno – fa propendere per la seconda ipotesi.

 

Nella foto, la sede dell’Omv a Vienna.

 

[Questo articolo è già apparso in “Realtà Industriale”, mensile di Confindustra Udine]

 

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