Sabato 18 Maggio 2024

18.05.28 Elezioni 1999, manifesto FPÖ con Haider e Thomas PrinzhornAnche l’Austria ha i suoi Savona. Ha, cioè, dei candidati a far parte del governo non graditi al Capo dello Stato, sui quali il Capo dello Stato ha posto il veto. La vicenda italiana, che ieri sera ha assunto tinte drammatiche – con la rinuncia del presidente del consiglio incaricato Giuseppe Conte, l’intervento in diretta televisiva del presidente Mattarella, la richiesta di impeachment avanzata da Luigi Di Maio e da altri – presenta singolari analogie con ciò che accade in Austria. I due Paesi hanno Costituzioni differenti, ma che per certi aspetti possono sovrapporsi e coincidere. Per esempio sul ruolo e sulle funzioni del Capo dello Stato.

In Italia è eletto in una seduta a Camere riunite, con la partecipazione di delegati di tutte le Regioni. In Austria, invece, il presidente è eletto direttamente dai cittadini (ricordiamo tutti quanto fu accidentata l’elezione del presidente in carica Alexander Van der Bellen, tra ricorsi, annullamenti, ballottaggi ripetuti, schede ristampate perché difettose). Ma sia il presidente italiano che quello austriaco hanno ruoli soprattutto simbolici, salvo che in una fase della vita dello Stato: quella della formazione di un nuovo governo.

Anche il presidente austriaco sceglie il leader politico a cui affidare il compito di formare il nuovo governo e, su proposta di questi, nomina i ministri che ne faranno parte. La proposta, dunque, viene dal primo ministro incaricato, ma è il presidente che formalmente fa le nomine. Non è un semplice atto notarile. Rientra tra le prerogative del Capo dello Stato, infatti, quella di valutare l’idoneità dei candidati che gli vengono proposti e, se lo ritiene, di rifiutarne la nomina e chiedere che ne siano indicati altri.

Le cose andarono così nel 2000, alla nascita del primo governo di centro-destra in Austria, con la partecipazione dell’Övp (Partito popolare) e dell’Fpö (Partito liberalnazionale). Alcuni ricorderanno che alle elezioni politiche avvenute a fine 1999 l’Spö (Partito socialdemocratico) ed l’Övp avevano entrambi perso molti voti a favore dell’Fpö, che era così diventato il secondo partito.

Il presidente austriaco di allora, Thomas Klestil, affidò un incarico esplorativo a Viktor Klina, cancelliere uscente e leader dell’Spö, che, nonostante l’emorragia di voti, era rimasto comunque il primo partito. Dopo lunghe trattative per ricostituire un governo di “Grosse Koalition”, tra Spö ed Övp, il tentativo fallì per il rifiuto della componente sindacale socialdemocratica di approvare l’accordo ormai raggiungo tra le due parti.

L’Övp a quel punto si era rivolto all’Fpö, allora guidato da Jörg Haider, raggiungendo rapidamente un accordo di governo, che assegnava a Wolfgang Schüssel, leader dei popolari, la carica di cancelliere, benché il suo partito fosse uscito sconfitto dalle urne. Con quell’accordo in tasca, Haider e Schüssel si erano presentati a Klestil, che aveva dovuto far buon viso a cattiva sorte, affidando a Schüssel l’incarico di formare un governo, dato che esso poteva contare su una larga maggioranza in Parlamento.

Quando però il cancelliere in pectore aveva presentato al Capo dello Stato la lista dei suoi ministri, questi ne aveva immediatamente depennato due, ritenendoli indegni di ricoprire la carica per gli atteggiamenti razzisti e xenofobi più volte manifestati in passato. Non si era trattato di un veto di poco conto, perché uno dei due, Thomas Prinzhorn, era stato il candidato capolista dell’Fpö, quello cioè che si era presentato agli elettori come aspirante al ruolo di cancelliere (ricordiamo che in quelle elezioni Jörg Haider, appena eletto Landeshauptmann della Carinzia, non si era presentato).

Prinzhorn, noto imprenditore austriaco, era destinato al ministero delle Finanze. Il rifiuto di Klestil non costituiva quindi soltanto uno schiaffo all’Fpö e ai suoi elettori, perché toglieva di mezzo il parlamentare più importante del partito vincitore, ma creava un problema di non poco conto per Haider.

L’Fpö anche allora – soprattutto allora – non disponeva di personale preparato per assumere funzioni di governo. Prinzhorn era uno dei pochi a capire qualcosa di economia e di finanza e non c’erano altri che potessero prendere il suo posto. In una simile emergenza Haider fu costretto  a chiedere di rientrare nei ranghi a Karl-Heinz Grasser, che pochi mesi prima aveva cacciato dal partito, perché in un’intervista al settimanale “Profil” aveva osato sollevare critiche nei confronti del leader carinziano. Si può facilmente immaginare quanto fosse costato ad Haider andare a Canossa, per genuflettersi dinanzi al giovane Grasser.

L’altro personaggio rifiutato da Klestil era Hilmar Kabas, noto per i suoi insulti razzisti. Sarebbe dovuto diventare ministro della Difesa. Il veto del Capo dello Stato non piacque, ovviamente, all’Fpö, ma fu accolto senza batter ciglio. A nessuno venne in mente di chiedere l’impeachment del Capo dello Stato e metterlo in stato di accusa per alto tradimento. Da questo punto di vista l’Austria è molto diversa dall’Italia.

 

NELLA FOTO, il manifesto dell’Fpö alle elezioni politiche del 3 ottobre 1999, quelle che portarono poi alla nascita del primo governo di centro-destra. Vi appaiono il candidato capolista Thomas Prinzhorn e, al suo fianco, Jörg Haider, solo in veste di sostenitore (non essendosi candidato). Lo slogan “due veri austriaci” si colloca nel contesto della campagna condotta dall’Fpö contro gli immigrati, che allora erano per lo più gente dell’Est Europa, provenienti proprio da quei Paesi che ora fanno parte del gruppo di Visegrad.

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