Sabato 18 Maggio 2024

Non c’è soltanto l’Italia, c’è anche l’Austria tra i nove Paesi per i quali il commissario europeo Joaquin Almunia ha annunciato all’Ecofin di Goteborg l’apertura della procedura di infrazione. Hanno tutti sforato la soglia del 3% nel rapporto deficit pubblico-Pil prevista dagli accordi di Maastricht. La presenza dell’Italia non sorprende; sorprende che ci sia anche l’Austria, che ha sempre osservato una rigorosa gestione delle risorse pubbliche. Ma siamo in tempi di emergenza, che rendono difficile per tutti far quadrare i conti. Basti dire che tra i 27 Paesi membri dell’Unione Europea soltanto 7 attualmente stanno rispettando i parametri di Maastricht.

Nel bilancio di previsione biennale approvato qualche mese fa, il governo austriaco aveva previsto nell’anno in corso un disavanzo del 3,5% , che nel 2010 sarebbe salito al 4,7%. La situazione economica però è peggiorata nel corso dei mesi e continua a peggiorare, tanto che il Wirtschaftsforschungsinstitut (Istituto di ricerche economiche) e l’Ihs (Istituto di studi superiori) hanno stimato già per quest’anno un deficit del 4,5%, che il prossimo anno salirà al 5,2-5,5% circa.

Le ragioni sono evidenti: per far fronte alla crisi economica, il governo ha speso di più in interventi sociali e in un pacchetto di sostegno alle banche (analogo ai nostri Tremonti bond); nel contempo sono diminuite le entrate per il minor gettito fiscale. Se la crisi economica determina una calo della domanda, le aziende sono costretta a rallentare la produzione, con conseguente calo del fatturato e delle imposte che ne derivano.

Quelle sugli utili delle società sono precipitate nei primi otto mesi dell’anno (cioè tra gennaio e agosto), rispetto allo stesso periodo del 2008, del 40%. Da parte del Ministero delle finanze si parla di una variazione “non drammatica”, ma è una valutazione difficilmente condivisibile: nel bilancio di previsione 2009, certo, era stato previsto un calo del gettito d’imposta delle società, ma nella misura del 20%; ora si sta rivelando in una misura doppia!

Nel complesso, le entrate fiscali dello Stato austriaco sono diminuite nei primi otto mesi dell’anno del 7,2%, con un’accelerazione nelle ultime settimane (basti considerare che il calo nei primi cinque mesi era stato “solo” del 5,3%). La differenza rispetto al gettito dell’imposta sulle società è dovuta al fatto che per ora l’imposta sui redditi (la nostra Irpef) è calata anch’essa, ma è calata di meno (-5,3%). Un ridimensionamento meno vistoso ha subito anche il gettito dell’Iva, che nel periodo considerato è calato soltanto dell’1,9%.

Questa la situazione di oggi, dovuta, come si diceva, alla crisi economica internazionale, ma non soltanto ad essa. Un graduale peggioramento dei conti pubblici si era avvertito già primi della crisi mondiale, con una crescita incontenibile del deficit pubblico dall’1,1% al 3,4% (oltre Maastricht). Per un risanamento dei conti, dunque, non basterà aspettare che l’economia mondiale torni a marciare, ma bisognerà anche in Austria metter mano a una radicale riorganizzazione della spesa pubblica.

Tanto il Wirtschaftsforschungsinstitut e l’Ihs (i due istituti di ricerca economica più autorevoli dell’Austria, già citati sopra) ritengono che non sia possibile ritoccare in su le tasse, perché ciò si ripercuoterebbe negativamente su un’economia fin troppo stagnante. Non resta allora che ridurre le spese, attraverso quella riforma dello Stato di cui si discute da anni e la quale da tempo è pronta una bozza. Prevede un ridimensionamento del federalismo, giudicato parzialmente inutile e troppo costoso.

Quasi il contrario di ciò che sta avvenendo in Italia, dove invece si cerca di navigare verso il federalismo. Si tratta di un viaggio senza ritorno, come l’Austria sta dimostrando: il progetto di riforma austriaco, che prevede appunto una marcia indietro, è da anni nel cassetto e probabilmente vi rimarrà per sempre.

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