Sabato 18 Maggio 2024

16.06.24 Museo ebraico (Jüdischese Museum Wien), ricostruzione virtuale sinagoghe 3 - CopiaC’è una parte importante di Vienna che noi, contemporanei, non possiamo conoscere, perché ne siamo stati privati nel 1938: le sinagoghe della comunità ebraica. Erano un centinaio ed erano parte costitutiva del paesaggio urbano. Poi venne il pogrom di novembre (quello che i nazisti cinicamente chiamarono la “notte dei cristalli”) e quei luoghi di preghiera furono bruciati con il fuoco o fatti saltare con l’esplosivo. Nella stessa notte furono devastati negozi e abitazioni di famiglie ebree e alcune decine di membri della comunità vennero pestati e uccisi.

La cosiddetta “Kristallnacht” fu soltanto uno dei segnali premonitori, sicuramente il più efficace, della sorte che di lì a poco sarebbe toccata agli ebrei. Molti di essi scelsero di restare comunque, confidando che il “Reich millenario” non sarebbe durato così a lungo. Una previsione sbagliata, che soltanto in Austria costò la vita a 65.000 ebrei. Altri, invece, cercarono di andarsene, non senza difficoltà, perché gli Stati confinanti non erano propensi ad accoglierli. Già nella conferenza di Évian del luglio 1938 nessuno dei 32 Paesi partecipanti si dichiarò disponibile ad offrire rifugio agli ebrei austriaci. L’atteggiamento non cambiò dopo la ferocia dimostrata dai nazisti nel porgrom di novembre. Molti Stati anzi provvidero a sbarrare i loro confini, come si fa oggi con i disperati in fuga da guerre e persecuzioni in Africa e in Asia.

Delle cento e passa sinagoghe di Vienna che da allora non esistono più ci sono rimasti, tuttavia, i progetti cartacei, che ne hanno reso possibile ora una ricostruzione virtuale. Tutti gli elementi strutturali e i dettagli formali sono stati elaborati al computer, avvalendosi delle più moderne tecnologie, e utilizzati per rivedere proiettati su monitor, in versione tridimensionale, quelle sinagoghe scomparse. Ci si può muovere con l’ausilio di un semplice touch screen attorno a quegli edifici sacrali e perfino mettervi piede, avendo la sensazione di trovarsi proprio lì, dentro quei luoghi di preghiera che ormai non ci sono più.

Il lavoro di ricostruzione computerizzata delle sinagoghe viennesi (ma anche di sinagoghe di altri Länder austriaci o progettate da architetti viennesi in altri Paesi che un tempo erano parte dell’impero d’Austria) è stato realizzato dagli architetti Bob Martens ed Herbert Peter. Il risultato della loro fatica è ora visibile in una delle due sedi del Jüdisches Museum (il Museo ebraico di Vienna), quella nella Judenplatz, in una mostra dal titolo “Le sinagoghe di Vienna. Una rimembranza”, visitabile fino al 17 novembre.

Accanto alla ricostruzione virtuale delle sinagoghe, la mostra presenta modelli degli edifici e i loro progetti originali, tratti dall’archivio del Jüdisches Museum ed esposti per la prima volta al pubblico. Questa visione parallela di tanti edifici della fede ebraica consente di rilevare una circostanza che altrimenti sarebbe sfuggita. Nessuno di essi all’esterno è identificabile come una sinagoga. Potrebbero essere “normali” chiese cristiane e tali sembrano, in ossequio alle prescrizioni edificatorie del tempo, venate di antisemitismo (anche prima dell’arrivo dei nazisti), che non volevano fosse data visibilità alla presenza ebraica a Vienna. Un po’ come era accaduto in Carinzia ai tempi di Haider (e anche in una regione italiana), dove erano state inventate norme edilizie stravaganti volte a impedire la costruzione di moschee.

La mostra è aperta ai visitatori dalla domenica al giovedì, dalle 10 alle 18, e al venerdì dalle 10 alle 17 (al sabato resta chiusa).

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Mentre eravamo in visita al museo della Judenplatz, ci si è avvicinato un signore anziano. Ci aveva sentito parlare in italiano e voleva sapere di dove fossimo. Voleva dimostrarsi gentile nei nostri confronti, facendoci sapere che era stato in Italia e che aveva visitato la sinagoga di Venezia. Veniva da Londra, ma non era inglese. Era nato a Vienna nel 1937, da genitori ebrei, un anno prima dell’Anschluss nazista e della “Kristallnacht”.

Non ha fatto cenno a questi due drammatici eventi, quasi avesse pudore a parlarne. Ma per noi è stato inevitabile chiederne conto e chiedere che cosa fosse capitato allora a lui e alla sua famiglia. Ci ha raccontato che nel 1939 con i suoi genitori e con un fratello aveva lasciato l’Austria. Un espatrio non facile, perché gran parte dei Paesi vicini avevano chiuso loro le porte in faccia. Così, dopo un viaggio avventuroso, erano approdati al ghetto di Shanghai e, dopo la fine della guerra, in Gran Bretagna. Gli altri suoi parenti, invece, erano finiti ad Auschwitz, dove erano tutti morti.

Abbiamo avuto la sensazione di aver parlato con uno degli ultimi testimoni indiretti dell’Olocausto. E ci è venuto di pensare che, quando tra poco anche questo anziano signore e altri come lui non ci saranno più, diventerà sempre più difficile opporsi a quanti tentano di relativizzare i crimini del nazismo o addirittura di negarne l’esistenza, come fanno taluni amici dell’uomo che tra poco potrebbe forse diventare presidente della Repubblica austriaca.

 

NELLA FOTO, una delle sinagoghe di Vienna che oggi possiamo “rivisitare”, grazie alla ricostruzione virtuale che ne è stata fatta per la mostra in corso al Museo ebraico.

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