Venerdì 8 Novembre 2024

10.04.29 Rudolfine Steindling 26173La Corte d’appello di Zurigo ha condannato Unicredit a pagare 240 milioni di euro allo Stato tedesco. Un fulmine a ciel sereno per la holding italiana, colta di sorpresa, al punto che l’ingente somma non era stata neppure prevista a titolo cautelativo nel bilancio 2009, nonostante il processo in corso. Immediato l’appello alla Corte di Cassazione. Ma se, come l’avvocato dello Stato tedesco Marco Niedermann dà per certo, anche il terzo grado di giudizio confermerà la condanna, Unicredit dovrà versare immediatamente i 240 milioni alla Germania e sarà costretto a riscrivere il proprio bilancio, riducendone l’attivo da 1.700 a meno di 1.500 milioni.

Un caso giuridico-finanziario di oggi, che però ha radici nel passato, addirittura nell’Europa della guerra fredda, quando gli affari con la Germania dell’Est (la Ddr) circuitavano attraverso società di comodo, che percepivano laute provvigioni per ogni contratto firmato. Una di queste società paravento era la Novum di Vienna, che nel suo ruolo di intermediazione tra imprenditori occidentali e governo della Ddr aveva accumulato nel tempo un vero e proprio “tesoro”. Ma in realtà la Novum, amministrata a Vienna da Rudolfine Steindling, altro non era che una società della Sed, il partito comunista della Germania orientale.

Caduto il muro di Berlino, riunificate le due Germanie, Rudolfine Steindling, oggi settantaseienne, nota a Vienna come la “rote Fini” (“Fini la rossa”), si ritrova in tasca un patrimonio, perché il vero padrone delle somme accumulate, il partito comunista della Ddr, si è liquefatto e non esiste più. La “rote Fini” si rende conto che la situazione in cui si trova è a dir poco ambigua e, per non correre rischi (e non perdere il malloppo), che fa? Trasferisce immediatamente il denaro dal conto austriaco intestato alla Novum a un conto anonimo della stessa banca (che allora era la Länderbank) in Svizzera.

Passa qualche tempo. La Germania riunificata, attraverso il Treuhandanstalt, prende in mano tutte le aziende statali dell’Est, per lo più decotte, per privatizzarle o metterle in liquidazione e con il ricavato rilanciare l’economia boccheggiante dei Länder orientali. In questa complessa operazione, che dura tutt’oggi lo Stato si imbatte nella Novum e nel suo tesoro e ne pretende la riconsegna. Perché – spiegano i legali del Treuhandanstalt – la Novum appartiene alla Sed, partito unico della Ddr, che in quanto tale va considerato quale organo dello Stato. Ergo, il patrimonio della Novum apparteneva allo Ddr e ora deve appartenere alla Germania federale riunificata.

Rudolfine Steindling non è d’accordo. Asserisce che la Novum appartiene al Partito comunista austriaco e non deve nulla a Berlino. Ne deriva un contenzioso che si trascina per 16 anni, con risultati alterni. Dapprima in Germania, con una sentenza favorevole alla “rote Fini”, quindi in Svizzera, dove sono stati trasferiti i soldi, con una sentenza di primo grado che dà ragione allo Stato tedesco, sentenza confermata ora anche in appello.

Nel frattempo però la Steindling non se n’è stata con le mani in mano. Approfittando della prima sentenza a lei favorevole, ha ritrasferito il “tesoro” su un conto austriaco e subito dopo ha chiuso il conto, incassando in contanti il saldo che, secondo i calcoli fatti dagli inquirenti tedeschi, sarebbe ammontato a 128 milioni di euro. Da allora di quei soldi non si sa più nulla.

Che c’entra con tutto questo Unicredit? Anche nel mondo della finanza a volta le colpe dei padri ricadono sui figli. Per capire in che modo occorre spiegare che la Länderbank, cui Rudolfine Steindlig nel 1991 aveva affidato la cassa della Novum, disponendone il trasferimento nella filiale svizzera, proprio quell’anno si era fusa con la Zentralsparkasse, dando vita a Bank Austria. Questa, a sua volta, dopo aver incorporato nel 1997 Credit Anstalt, nel 2000 era stata acquistata dal gruppo tedesco Hypovereinsbank. E quest’ultimo, a sua volta, nel 2005 è finito nelle mani di Profumo, incorporato in Unicredit.

Se ora lo Stato tedesco chiede a Unicredit i 128 milioni della Novum, con gli interessi di 16 anni che fanno salire il totale a quasi 240 milioni, lo fa perché chiamato a rispondere dei comportamenti della Länderbank e poi di Bank Austria, che nei primi anni ’90 non avrebbero assolto i compiti di vigilanza previsti per legge sulle somme loro affidate. In altre parole, avrebbero dovuto sapere che il deposito della Novum non era disponibile senza il consenso del Treuhandanstalt e le operazioni della “rote Fini” avrebbero dovuti indurli al sospetto e a bloccare la chiusura del conto.

Nella foto, Rudolfine Steidlinger, “Fini la rossa”, la donna del partito comunista austriaco che per conto della Ddr incassava le tangenti dagli imprenditori occidentali che volevano fare affari con la Germania orientale.

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