Domenica 19 Maggio 2024

16.04.27 Reinhold Mitterlehner e Werner FaymannDopo la poderosa sterzata a destra dell’Austria nelle elezioni presidenziali, è giunto il momento della resa dei conti. Lo hanno capito tutti, ma non l’oste con cui questi conti andrebbero fatti. Nel nostro caso l’”oste” sono i partiti storici austriaci – Spö (socialdemocratici) ed Övp (popolari) – travolti dalla consultazione elettorale, che li ha ridotti  ormai all’insignificanza: insieme non arrivano al 23%, mentre una distanza abissale li separa dal vincitore Norbert Hofer, al 35%.

Non è una sconfitta, è una svolta epocale, la fine di un sistema politico. Forse addirittura l’estinzione della “seconda repubblica”, che Jörg Haider aveva pronosticato con troppo anticipo 16 anni fa, vagheggiando che ne seguisse una “terza”. Insomma, siamo di fronte a una “terra incognita”, che richiederebbe iniziative straordinarie per ritrovare la rotta. Dagli sconfitti, invece, soltanto dichiarazioni di circostanza, che il quotidiano “Kurier” di Vienna ha raccolto una dopo l’altra, in una finestrella in prima pagina, senza alcun commento, perché da sole bastano a mettere in evidenza l’incapacità dei partiti “ex grandi” di prendere coscienza di quel che è accaduto.

Immobilismo politico? “Colpa di 8 anni di governo a guida socialdemocratica, che ha impedito ogni riforma”, la risposta del potente governatore della Bassa Austria Erwin Pröll (Övp). “Non è vero – la replica del cancelliere Werner Faymann (Spö) – proprio domani parlerò con l’Övp su scuola, formazione e mercato del lavoro”. Ci si poteva svegliare prima e il disastro sarebbe stato evitato? La replica di Reinhold Lopatka, capogruppo dell’Övp in Parlamento: “Siamo stati vittime dei sondaggi di opinione, il disastro è dipeso da essi”. “Se queste sono le reazione dei nostri leader – ha esclamato alla tv un politologo invitato ad analizzare i risultati – allora buona notte Austria”.

In effetti, il giorno dopo l’apocalisse elettorale nelle segreterie nazionali di Spö e Övp tutto sembra tornato all’ordinaria amministrazione, rinviando a data da destinarsi l’analisi del voto e i provvedimenti da prendere. Dimissioni ai vertici? Nessuna al momento.

Soltanto in casa socialdemocratica si è mosso qualcosa: è stata convocata d’urgenza una riunione non prevista della direzione nazionale. Evidentemente le pressioni giunte dai Länder devono essere state tali da non poter più rinviare una verifica politica. Ma al termine non è caduta nessuna testa.

Non è caduta nell’Spö e non cadranno nemmeno nell’Övp, per una ragione molto banale: al momento non ci sarebbero ricambi. O forse ci sarebbero, ma non immediatamente disponibili: nell’Spö circola il nome di Christian Kern, amministratore delegato delle Öbb, le ferrovie austriache; nell’Övp, quello di Sebastian Kurz, 30 anni ancora da compiere, ministro degli esteri di insospettabile talento. Entrambi sarebbero impossibilitati a subentrare agli attuali leader dei due partiti, ma potrebbero farlo nel 2017, anno in cui sarebbero possibili elezioni anticipate (rispetto alla scadenza naturale del 2018).

Ovviamente è evidente a tutti che elezioni sarebbero opportune subito, ma per l’Spö e l’Övp significherebbero il suicidio, perché si ripeterebbe il risultato di domenica. Quindi, per il momento, non se ne parla.

Per il momento si parla, invece, del ballottaggio per la presidenza della Repubblica, che andrà in scena il 22 maggio e che vedrà il confronto tra il vincitore Hofer e l’ex verde, ora indipendente, Alexander Van der Bellen. Tra i due al primo turno il distacco è stato di quasi 14 punti. Van der Bellen, che in tutti i sondaggi di aprile era sempre risultato primo, domenica sera in tv non aveva celato la sua delusione per lo scavalcamento a destra, ma si era anche detto fiducioso sul secondo turno: “Ora le carte sono rimescolate e si riparte da zero”.

In effetti tra quattro settimane anche Van der Bellen potrebbe farcela, se riuscisse a raccogliere su di sé il sostegno degli esclusi dal ballottaggio e preoccupati di una presidenza in mano alla destra. Un’espressione che abbiamo sentito qui è stata quella di “cordone sanitario”, per isolare Hofer e impedirgli l’ingresso alla Hofburg. Si teme infatti per l’immagine internazionale dell’Austria e per l’isolamento che potrebbe seguirne, come ai tempi del primo governo di centro-destra nel 2000, che portò alle famose sanzioni.

Ma l’impresa appare tutt’altro che facile, perché il travaso di voti – almeno di quegli elettori che fra tre domeniche torneranno alle urne – non è automatico. Van der Bellen, pur candidandosi quale indipendente, è visto da molti come uomo di sinistra. Sicuramente non andranno a lui, se non in minima parte, i voti dei popolari, che vedono la sinistra come il fumo degli occhi. Andranno i voti dei socialdemocratici, ma saranno molto pochi, perché gli appartenenti a questo partito che simpatizzavano per Van der Bellen avevano “tradito” il proprio partito già domenica, votando per l’ex verde.

Restano i sostenitori di Irmgard Griss, l’ex magistrata, giunta terza per meno di due punti percentuali. Finora non si è espressa e forse nei prossimi giorni dirà se intende appoggiare Van der Bellen. Ma lei non ha alle spalle un partito disciplinato, ma un movimento di opinione, i cui componenti decideranno da sé per chi votare, quando e se torneranno alle urne.

 

NELLA FOTO, il vicecancelliere Reinhold Mitterlehner e il cancelliere Werner Faymann, leader rispettivamente dell’Övp e dell’Spö. Benché siano usciti entrambi massacrati dal voto di domenica, nessuno dei due intende dimettersi.

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