Sabato 18 Maggio 2024

21.01.27 Jan Marsalek (Wirecard), metropolitana BerlinoSulla carta automobilistica dell’Austria, alla periferia di Baden, si nota a malapena il simbolo di un aeroporto. Siamo in comune di Bad Vöslau, Bassa Austria, un’ora d’auto a sud di Vienna. Da quel piccolo aeroporto, usato normalmente da piloti amatoriali, il 19 giugno dello scorso anno si era levato in volo un jet privato, con destinazione Minsk, Bielorussia. Due piloti ai comandi e un solo passeggero a bordo: Jan Marsalek, 40 anni, viennese, direttore operativo di Wirecard.

Wirecard era una società di servizi nelle operazioni di pagamento elettroniche, quelle che muovono i soldi quando noi usiamo la carta di credito per fare un acquisto o prenotiamo un hotel online. Nel settore, una delle società più importanti al mondo, con 7.000 clienti e sedi fino a Singapore. Pochi giorni prima si era scoperto che il suo capitale di 1,9 miliardi esisteva soltanto sulla carta e che con falsificazione di documenti e di bilanci il dissesto era stato tenuto nascosto per mesi, se non per anni.

Jan Marsalek era in fuga, per sottrarsi alla giustizia, che qualche giorno dopo, infatti, avrebbe emesso nei suoi confronti un mandato di cattura internazionale per truffa, malversazione e altri delitti finanziari e societari. Il suo compagno di ventura, Markus Braun, 51 anni, lui pure viennese, direttore generale di Wirecard, non era stato così previdente a organizzarsi la fuga e qualche giorno dopo era stato arrestato. Attualmente è in carcere in Germania. La Wirecard, infatti, benché creata e guidata da due viennesi, aveva sede ad Aschheim, presso Monaco.

Da ieri sappiamo chi ha aiutato Marsalek a decollare da Bad Vöslau e diventare uccel di bosco. Dopo mesi di indagini la polizia è risalita a due nomi: quello di Thomas Schellenbacher, ex deputato dell’Fpö, il partito dell’estrema destra sovranista, e quello di un alto funzionario del Bundesamt für Verfassungsschutz und Terrorismusbekämpfung, in sigla Bvt (è un servizio di intelligence interna e antiterrorismo), di cui sono state rese note soltanto le iniziali: M.W.. Sono stati entrambi arrestati.

Su di essi pende l’accusa di favoreggiamento, per aver agevolato Marsalek nella fuga. Ma l’arresto ha messo in luce il loro coinvolgimento in altre vicende a sfondo politico, che potrebbero condurre ad accuse ben più gravi. Una riguarda la perquisizione condotta dalla Polizia criminale nella sede del Bvt, una operazione clamorosa, perché vedeva un ufficio investigativo del Ministero degli Interni indagare nei confronti di un altro ufficio dello stesso Ministero che, per definizione, avrebbe dovuto trattare affari segreti.

Tutto era nato da un dossier, risultato poi falso, divulgato nel 2017 da M.W., per mettere in cattiva luce i colleghi. Per mesi quel dossier scottante era rimasto nel cassetto. Ma quando nel 2018 si era insediato il primo governo Kurz e il Ministero degli Interni era andato a Herbert Kickl (Fpö), questi aveva immediatamente rispolverato quei documenti, che gli offrivano l’opportunità di curiosare nei fascicoli riservati del Bvt, alcuni dei quali riguardavano i sui “amici” dell’estremismo di destra. Era seguita una perquisizione con sequestro di incartamenti, che aveva scatenato un terremoto politico, tanto da indurre il Parlamento a istituire una commissione di inchiesta. Uno dei primi risultati era stato l’accertamento che perquisizione e sequestro erano stati illegittimi e che il dossier di M.W. conteneva informazioni quasi tutte false, tanto che i procedimenti a carico di alcuni funzionari dell’Antiterrorismo erano stati subito archiviati.

Nel corso dell’ultimo weekend è stato arrestato un collega di M.W. e sono state eseguite perquisizioni nelle abitazioni di altri ufficiali dell’Antiterrorismo. Sono sospettati di aver messo a disposizione di Marsalek (e quindi di Wirecard) informazioni riservate riguardanti la solvibilità di alcuni clienti, in particolare di una società che offre servizi porno online (pagati appunto tramite gli strumenti elettronici di Wirecard).

Quanto a Thomas Schellenbacher, sono emersi stretti rapporti da lungo tempo con oligarchi ucraini, interessati a fare affari in Austria. Tramite lui avevano fatto pervenire all’Fpö (o, per essere più precisi, al gruppo dell’Fpö gravitante intorno all’ex segretario nazionale Heinz-Christian Strache) un contributo di 10 milioni di euro. In cambio avevano preteso che alle elezioni del 2013 al loro uomo di fiducia in Austria, Schellenbacher, fosse garantito un seggio in Parlamento. Siccome in Austria i seggi vengono attribuiti in base all’ordine di lista, Strache aveva costretto a dimettersi, uno dopo l’altro, tutti i candidati che precedevano il nome Schellenbacher, in modo da accontentare i “benefattori” ucraini.

La storia del seggio “comprato” era venuto alla luce quando una delle guardie del corpo di Strache aveva rivelato alla polizia che il suo “capo” aveva ricevuto dagli ucraini un borsone sportivo riempito di banconote. La guardia del corpo è la stessa che aveva concorso a tendere la trappola del video segreto a Strache. Come si ricorderà, durante una vacanza a Ibiza il leader era stato fatto incontrare con una sedicente miliardaria russa, alla quale aveva promesso appalti pubblici, in cambio di generose tangenti. La conversazione durata otto ore (una notte intera) era stata registrata di nascosto e il video poi era stato reso pubblico da due giornali tedeschi, determinando la fine politica di Strache.

Siamo partiti dal fallimento Wirecard per arrivare al “terremoto” nell’Ufficio antiterrorismo e allo scandalo del video di Ibiza, che vedono intrecci tra affari, servizi segreti ed estremismo di destra. Sembra la sceneggiatura di un thriller, che fa tremare una parte dei politici austriaci e che non mancherà di riservare altre sorprese. Anche perché le persone coinvolte vantano tutte relazioni importanti. Jan Marsalek, per dirne una, soltanto due anni fa era stato chiamato dal cancelliere Sebastian Kurz a far parte di “Think Austria”, un team di consulenti sulle scelte strategiche del governo, capitanato dall’italiana Antonella Mei-Pochtler. A quel tempo era considerato da tutti un imprenditore di successo a livello internazionale. Tutti lo volevano avere ospite, anche Kurz. Ora su di lui pende un ordine di cattura internazionale. E non sembra sia finita.

 

NELLA FOTO, i manifesti con la foto gigante di Jan Marsalek, esposti dalla polizia nelle stazioni delle metropolitane in Germania. Il titolo sopra la foto dice “Truffa miliardaria”. Sotto compare un numero di telefono e la richiesta “Potete dare informazioni sul luogo dove si trova?”.

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