Sabato 18 Maggio 2024

22.02.23 Karin Kneissl e Vladimir Putin, nozze a GamlitzLa Russia invade l’Ucraina e l’Austria che fa? È una domanda legittima, perché la risposta non è scontata, considerando che questo Paese ha fatto della sua neutralità un mito e che molta parte della sua classe dirigente (o ex dirigente) ha incarichi di prestigio nell’impero di Putin. Per non parlare della presenza delle banche austriache in Russia e in genere dell’Est. Tanto per dire, Unicredit a suo tempo acquisì il controllo di Hypovereinsbank non perché avesse un qualche interesse per quell’istituto di credito tedesco, ma perché Hypovereinsbank controllava Bank Austria, questa sì interessante, per la sua presenza capillare nell’Est Europa.

Fatta questa premessa, diamo la risposta alla domanda di cui sopra. Il cancelliere Karl Nehammer ha riunito ieri di buonora l’unità di crisi del governo (vi partecipano i ministri più direttamente coinvolti nell’emergenza internazionale) e alla fine ha rilasciato una dichiarazione di condanna dell’azione russa, esprimendo rammarico e indignazione per l’avverarsi di “ciò che da giorni era temuto”, vale a dire che “la federazione russa non ha mantenuto la promessa di un ritiro delle sue truppe”.

Nehammer ha quindi sostenuto la necessità di una risposta “decisa e unita” dell’Ue, annunciando l’adesione dell’Austria a un piano di sanzioni economiche da decidere a livello europeo. In questo modo ha voluto far piazza pulita delle voci secondo cui Austria e Germania sarebbero contrarie alle sanzioni. Le misure, ha aggiunte, saranno concordate a Bruxelles con gli altri Paesi membri. Ci saranno inevitabilmente ripercussioni economiche per alcune aziende austriache che operano con la Russia, per le quali il governo provvederà con eventuali compensazioni.

Sulla stessa linea, ma con accenti più duri, la presa di posizione del Capo dello Stato, Alexander Van der Bellen. Ha definito l’invasione militare di Donezk e di Luhansk “un’eclatante violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Il presidente russo, “privando l’Ucraina della sua autonomia e inducendo il suo popolo a prepararsi a una guerra”, avrebbe superato “una linea rossa”.

“La sovranità e l’autodeterminazione di ogni popolo sono intoccabili – ha proseguito Van der Bellen – Questo vale per l’Ucraina, nostro vicino europeo, così come per tutti gli altri Stati. Una crescita delle sofferenze umane dell’Est Ucraina deve essere impedita. Per questo mi appello al presidente Putin, perché riveda la sua decisione e segua la via del dialogo, anziché quella dello scontro”.

Posizioni analoghe di condanna e di sollecitazione di sanzioni concordate a livello europeo sono venute da tutti gli altri partiti, fatta eccezione per l’Fpö, il partito dell’estrema destra sovranista. L’Austria – ha detto il suo segretario, Herbert Kickl – dovrebbe rispettare il suo ruolo di Stato neutrale” e il cancelliere Nehammer dovrebbe rinunciare alla sua “retorica marziale” e non dovrebbe comportarsi come “un portavoce della Nato”.

Da che parte penda l’Fpö è noto. Cinque anni fa aveva stretto un patto di amicizia con “Russia unita”, il partito di Putin, che solo di recente non è stato rinnovato. E Heinz-Christian Strache, segretario dell’Fpö prima di Kickl, era pronto ad assegnare appalti pubblici a una sedicente miliardaria russa in cambio di finanziamenti al suo partito.

Ma gli ambigui intrecci di interessi con la Russia coinvolgono l’intero mondo politico austriaco (fanno eccezione Verdi e Neos), alcuni dei cui esponenti, a fine carriera, hanno trovato posto alla corte dello zar Putin. I nomi più illustri di questa compagnia di austriaci in trasferta appartengono a due ex cancellieri.

Uno di questi è Christian Kern, socialdemocratico, già direttore generale delle Öbb (le ferrovie austriache). Attualmente è rappresentante della proprietà nelle Ferrovie di Stato russe. In un’intervista alla Salzburger Nachrichten, Kern ha dichiarato che “non tutte le argomentazioni russe (sull’Ucraina, nda) sono sbagliate”.

L’altro ex cancelliere è Wolfgang Schüssel, del Partito popolare. È diventato membro della holding petrolifera Lukoil, un tempo dello Stato russo e ora in altre mani, anche se il capitale e in larga parte russo. Si attendono sue dichiarazioni sull’invasione russa in Ucraina, ma finora non si è fatto sentire. O forse nessun giornalista ha chiesto ancora il suo parere.

Non è un politico, ma un manager vicino alla politica Sigfried Wolf, già presidente del consiglio di sorveglianza di Öiag, la holding austriaca delle industrie partecipate dallo Stato (ora si chiama Öbag). Dal 2010 Wolf è presidente del consiglio di sorveglianza di Russian Machines, dell’oligarca Oleg Deripaska, e, come se non bastasse, presiede anche il consiglio di sorveglianza di Sberbank Europe Ag, una controllata di Sberbank, la più grande banca russa.

Ma il politico più noto – anzi, la politica più nota – per la vicinanza alla Russia è Karin Kneissl, già ministra degli Esteri nel primo governo Kurz, carica a cui era stata indicata dall’Fpö. Quando si fa il suo nome in Austria non vengono in mente le sue iniziative da ministra, quanto il suo matrimonio celebrato a Gamlitz, un paesino della Stiria, nell’agosto del 2018. Ospite principale della festa fu Vladimir Putin, che arrivò al banchetto accompagnato da uno squadrone di guardie del corpo e si esibì in un giro di valzer con la sposa biancovestita. Non venne solo. Si fece accompagnare da un coro di cosacchi che si intrattennero a Gamlitz per allietare gli ospiti di Kneissl con le loro voci.

Un simile onore non si scorda facilmente. Solo così si spiega la dichiarazione rilasciata da Karin Kneissl a “Russia Today”, emittente della propaganda russa: “Il riconoscimento delle regioni separatiste dell’Ucraina è un procedimento del tutto normale nel diritto internazionale”.

 

NELLA FOTO, che quattro anni fa fece il giro del mondo, si vede il presidente Vladimir Putin mentre danza con la ministra degli Esteri austriaca Karin Kneissl, nel giorno delle sue nozze.

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