Sabato 18 Maggio 2024

22.02.12 Tilo BerlinHypo Bank Alpe Adria è come un fantasma, che di tanto in tanto riemerge dalle nebbie del passato. È trascorso ormai più di un decennio dal fallimento dell’istituto carinziano, che da piccola banca regionale era cresciuta a dismisura e in tempi precipitosi, espandendosi con le sue filiali in 12 Paesi d’Europa (anche in Italia). Poi il crollo improvviso, perché i suoi amministratori avevano fatto il passo più lungo della gamba, imboccando in molti casi anche percorsi criminosi, soprattutto nei Paesi balcanici.

Ora se n’è tornato a parlare, perché la Corte di appello di Graz ha confermato la condanna inflitta in primo grado a Tilo Berlin, ex direttore generale di Hypo. L’accusa era di malversazione e truffa aggravata. La pena è di 34 mesi di reclusione, ovvero quasi tre anni di carcere, e ora è diventata immediatamente esecutiva. Berlin trascorrerà i prossimi mesi in carcere. Forse non tutto il tempo indicato nella condanna, ma di sicuro almeno 17 mesi: soltanto dopo aver scontato almeno la metà della pena il giudice di sorveglianza potrà concedergli gli arresti domiciliari.

Tilo Berlin non aveva concorso direttamente al dissesto di Hypo Bank. Aveva assunto la direzione dell’istituto soltanto nel 2007, dopo che il precedente direttore generale, Wolfgang Kulterer, era stato costretto a dimettersi per una disastrosa speculazione finanziaria che nel 2004 aveva procurato alla banca un danno di 300 milioni e per aver nascosto tale perdita, falsificando per due anni di seguito i bilanci. Jörg Haider, nella sua veste di governatore del Land Carinzia, principale azionista di Hypo Bank, aveva fatto sì che Kulterer, estromesso dalla direzione, rientrasse in gioco in qualità di presidente del consiglio di sorveglianza dell’istituto.

A quel tempo il dissesto che avrebbe fatto crollare Hypo Bank, come un gigante dai piedi di argilla, non era ancoro noto. L’istituto pareva talmente appetibile sul mercato, che la Bayern Landesbank aveva voluto acquistarlo. L’operazione di vendita fu gestita proprio da Tilo Berlin e ad essa fanno riferimento i reati di malversazione e truffa aggravata che gli sono stati imputati.

Berlin e la Bayern Lb si erano affidati a Vienna Capital Partners per un giudizio di congruità sul prezzo di vendita. I costi relativi (3,8 milioni di euro) sarebbero dovuti essere pagati dal “venditore”, ovvero dal Land Carinzia (che stava per cedere la sua quota di maggioranza). Berlin invece addossò il costo alla stessa Hypo Bank, trasferendo poi la somma con fatture fittizie a Heinrich Pecina, ceo di Vienna Capital Partners.

La truffa di poco meno di 4 milioni potrebbe sembrare un grosso affare, ma per uno come Tilo Berlin non lo era stato affatto. Due anni prima lo stesso Berlin aveva acquistato per 125 milioni una quota di Hypo Bank, tramite una sua società registrata in Lussemburgo per non pagare le tasse. L’anno dopo aveva raddoppiato l’acquisto, con altri 125 milioni, raggiungendo così quella che nel diritto societario tedesco viene chiamata “Sperrminorität”: una quota di capitale piccola, ma sufficiente per bloccare le decisioni di un’assemblea, ove sia richiesta una maggioranza qualificata. Al momento della vendita di Hypo Bank alla tedesca Bayern Landesbank, Berlin aveva ceduto anche la sua quota, ma, facendo pesare la sua “Sperrminorität, aveva preteso un sovrapprezzo di 150 milioni. In altre parole, in soli due anni aveva guadagnato 150 milioni netti (e probabilmente esentasse).

 

NELLA FOTO, Tilo Berlin sul banco degli imputati dell’aula del Tribunale di Klagenfurt, in occasione di un precedente processo, sempre collegato con le vicende di Hypo Bank.

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