Sabato 18 Maggio 2024

09.05.05 02 Incontro tecnici idraulici a St. Veit an der Glan; Ingrid Valentini-WankaPer quali ragioni un imprenditore italiano dovrebbe investire in Carinzia o, più in generale, in Austria, che non è un Paese dell’Est Europa o dell’Estremo Oriente, dove la manodopera costa poco più di zero? L’Austria è un Paese dell’Ue, tra i più ricchi, dove dunque agli imprenditori non si fanno sconti. E ciononostante ritiene di poter offrire molte opportunità a un investitore straniero, come hanno spiegato l’altra sera all’hotel Moderno di Pordenone i suoi rappresentanti – anzi, le sue rappresentanti, tutte donne – davanti una nutrita platea di operatori pordenonesi (ma alcuni anche del Veneto e della provincia di Udine).

I lavori sono stati introdotti da Ingrid Valentini-Wanka, responsabile della delegazione commerciale austriaca di Padova, Marion Biber dell’Austrian business agency (Aba) di Vienna, Natascha Zmerzlikar dell’Entwicklungsagentur Kärnten (Eak) della Carinzia. Già questo “schieramento” di forze la dice lunga sulla capacità austriaca di fare squadra quando va all’estero. Perché la delegazione commerciale dipende dalla Camera dell’economia, ente di diritto pubblico cui aderiscono tutte le imprese austriache, l’Aba è una società controllata dal Ministero dell’economia che promuove gli investimenti in Austria, la Eak è una società del Land Carinzia che svolge le stesse funzioni in Carinzia.

Tutte insieme hanno spiegato come sia bello e quanto sia bello lavorare in Austria. Qualche esempio? La qualità della manodopera, all’8. posto nel mondo per produttività (ottimi livelli di formazione professionale e universitaria, conflittualità inesistente); stabilità economica e sociale; sicurezza; un fisco equo.

La parola fisco ha fatto subito drizzare le orecchie agli ascoltatori e l’aggettivo “equo” è stato illustrato con dovizia di dettagli da Enrica Maggi, un’avvocata originaria di Conegliano che ormai da anni  lavora a Klagenfurt, occupandosi soprattutto di diritto societario. Un’unica imposta sulle imprese del 25% sugli utili delle società. L’Irap non esiste e per gli austriaci riesce persino difficile capire in che cosa consista. Imposta al 25% non significa soltanto del 2% inferiore a quella vigente in Italia: significa 25% su una base imponibile di gran lunga più bassa, per l’ampia gamma di costi che la legislazione austriaca consente di dedurre. Per esempio le auto, per cui si possono dedurre fino a 40 mila euro (ma esiste un elenco di modelli deducibili al 100%). In media, la base imponibile risulta la metà di quella che si avrebbe in Italia. E i controlli? Mai a sorpresa. Il fisco avverte quando intende fare un’ispezione e cerca sempre un accomodamento, in caso di infrazioni.

Ma di che pasta sia fatto il sistema fiscale austriaco lo si evince da altri aspetti. Per esempio dalle spese per ricerca e sviluppo. Sono detraibili al 135%. Sì, proprio il 35% in più delle spese sostenute, perché l’Austria vuole incentivare la ricerca (che in Carinzia rappresenta ormai il 2,7% del Pil). Se non si desidera portare in detrazione quel 35% in più, si può ottenere subito il rimborso nella misura dell’8%. Insomma, il fisco restituisce subito cash l’8% delle spese sostenute! Da non crederci. Così come si stenterebbe a credere nella snellezza della burocrazia, se non fossero lì a confermarlo alcuni italiani che l’hanno già sperimentata: al massimo 5 giorni per costituire una società e 80 giorni per avviare la produzione.

Le impressioni raccolte tra gli operatori friulani intervenuti all’incontro sono state di sorpresa e di invidia per un Paese dove lavorare e produrre sembra più facile che in Italia. Condizioni favorevoli che da sole certo non bastano per delocalizzare – ma alcune imprese regionali, tra le ultime la Refrion di Talmassons, lo hanno già fatto – ma che inducono a una riflessione sul perché invece sia così difficile fare impresa in Italia.

Nella foto, Ingrid Valentini Wanka, delegata commerciale austriaca a Padova, competente per il Nord Est.

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