Sabato 18 Maggio 2024

13.05.09 Hypo Group Alpe AdriaIl popolo austriaco ha eletto un Parlamento, che a sua volta ha dato la fiducia a un nuovo governo. È una cosiddetta “grosse Koalition” tra socialdemocratici e popolari e assomiglia maledettamente al precedente, ma presenta una novità significativa: Maria Fekter, la “lady di ferro” del Ministero delle finanze, non c’è più. È stata restituita al suo ruolo di semplice parlamentare, con l’incarico – pensate un po’ – di portavoce dei popolari per la cultura. In altre parole, è stata messa nelle condizioni di non nuocere. Il suo posto è stato preso dal vicecancelliere Michael Spindelegger, il che significa che, dopo un anno perso a temporeggiare, ora finalmente il governo potrà e dovrà finalmente decidere che fare di Hypo Bank, la macchina mangiasoldi scaricata sulle sue spalle dal Land Carinzia.

 

Nel programma di governo, riassunto in un libro di 260 pagine che ricorda molto quello dell’ultimo governo Prodi, Hypo Bank Alpe Adria non è citata neppure una volta, quasi a voler esorcizzare la minaccia. Eppure il gruppo bancario rappresenta il nodo principale del momento: finora è già costato ai contribuenti 4,8 miliardi e, se non vi si porrà rimedio al più presto, potrebbe costarne ancora altri 13. Per un Paese di 8,4 milioni di abitanti, con un bilancio relativamente modesto, il “pozzo senza fondo” di Klagenfurt significa un paio di manovre finanziarie, un aumento del debito pubblico del 5%, lacrime e sangue per i cittadini. Insomma, una catastrofe naturale.

 

Il primo passo verso una svolta potrebbe venire proprio oggi, giorno in cui si dice sia stato convocato un vertice composto dal cancelliere, dal vicecancelliere (che è il già citato Spindelegger, ora anche nelle vesti di ministro delle finanze), dai massimi esponenti della Banca nazionale e, naturalmente, dalla “task force” di esperti che era stata incaricata di trovare la medicina giusta per Hypo Bank e che proprio la settimana scorsa ha presentato al governo la sua “relazione finale”. Il documento suggerisce quattro modelli di soluzione. Di ciascuno vengono indicate tutte le implicazioni, in particolare i costi per lo Stato, ma il rapporto degli esperti non esprime preferenze, dovendo la scelta essere lasciata alla politica.

 

Il modello che, secondo le opinioni espresse nei mesi scorsi, dovrebbe prevalere prevede la costituzione di una “bad bank”, in cui trasferire tutti i crediti in sofferenza di Hypo Group, in modo da sgravare la holding bancaria di tutte le passività e facilitare quindi la vendita delle sue banche controllate nei Balcani (per la controllata italiana, invece, è stato deciso da tempo la graduale estinzione). Il vantaggio sarebbe che una “bad bank” è una normale società, non una banca, e non necessita perciò di quella capitalizzazione maggiore richiesta invece per gli istituti di credito. Lo Stato non sarebbe costretto a versarvi denaro fresco per tenerla in vita come ha fatto finora con Hypo Group.

 

Il modello funziona, però, soltanto se alla “bad bank” partecipano anche azionisti privati (si pensa alle principali banche austriache) con almeno il 51% del capitale. Perché solo così potrebbe essere considerata una “società privata”. Se lo Stato fosse l’azionista di maggioranza o addirittura l’unico azionista (e questo è il secondo modello indicato nella relazione della “task force”), il vantaggio della minor capitalizzazione rimarrebbe, ma le sofferenze della “bad bank” diventerebbero automaticamente debito pubblico, che andrebbe a sommarsi a quello esistente.

 

È probabile che lunedì si discuta di questo e di come convincere le grandi banche austriache a farsi carico del disastro prodotto da Hypo Group. Colloqui informali c’erano già stati in passato – mentre la ministra Fekter menava il can per l’aia – e da essi erano emerse le condizioni alle quali le altre banche avrebbero accettato la patata bollente: l’eliminazione o per lo meno la riduzione dell’attuale imposta sulle banche, che dà un gettito annuale allo Stato di circa 500 milioni.

 

Un terzo modello, concettualmente più complesso, prevede il trasferimento delle componenti vendibili del gruppo (vale a dire tutte le Hypo Bank dei Balcani) in una banca-ponte, definita anche “good bank” per distinguerla dalla “bad bank”. Le sofferenze, i cosiddetti “non performing loans”, rimarrebbero nel bilancio del gruppo esistente, che continuerebbe a vivere, ma senza licenza bancaria e quindi senza essere sottoposto alle più rigorose norme sulla capitalizzazione.

 

Inutile soffermarsi sul quarto modello – quello che prevede di lasciar fallire Hypo Group e di metterci una croce sopra – perché è già stato scartato da tutti.

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