Sabato 18 Maggio 2024

18.01.26 Maximilian Schrems (causa Facebook)Nella guerra in tema di privacy in corso da sei anni tra un giovane attivista austriaco e Facebook, il colosso americano ha subito una prima, importante sconfitta: la causa intentata nei suoi confronti a tutela dei dati personali degli utenti non dovrà essere discussa davanti al tribunale di Santa Clara (California), dove ha sede la società di Zuckerberg, e nemmeno a Dublino (Irlanda), sede legale di Facebook per l’Europa, ma nel tribunale competente per il luogo in cui risiede chi ha intentato la causa. In questo caso l’Austria, perché il giovane attivista, Maximilian Schrems (nella foto), 30 anni, è un cittadino austriaco.

Lo ha stabilito con una sua sentenza la Corte di giustizia della Comunità europea. Il provvedimento non arriva come un fulmine a ciel sereno. L’avvocatura dell’Unione Europea si era già espressa in tal senso in novembre, ma si era trattato di un parere non vincolante. La sentenza pronunciata ora invece è vincolante e costituisce un duro colpo per Facebook, i cui legali avevano cercato fino all’ultimo di convincere i giudici di Lussemburgo a riconoscere la competenza del foro in cui è registrata la società. Non perché i giudici di Santa Clara o di Dublino siano diversi dai giudici europei, ma perché i costi di una causa legale al di fuori del proprio Paese e le complicazioni derivanti dai differenti ordinamenti giuridici avrebbero dissuaso chiunque dall’agire nei confronti di Facebook.

Ora invece Schrems potrà citare la società di Zuckerberg davanti al tribunale civile di Vienna (in Austria esiste un Handelsgericht, cioè una sezione speciale del tribunale per le cause commerciali e societarie). Ci saranno dei costi, ma non certo insuperabili come quelli di un processo al di là dell’Atlantico. E soprattutto ci sarà il vantaggio di giocare in casa.

La tv austriaca, che ha accolto all’aeroporto Schrems di ritorno da Lussemburgo, ha evocato l’immagine di un Davide che affronta Golia. In effetti la disparità di forze è enorme. Schrems ha agito da solo, potendo disporre soltanto degli aiuti che gli erano giunti nel corso degli anni in cui ha fatto conoscere proprio attraverso Facebook e con conferenze e articoli le ragioni della sua battaglia.

Battaglia incominciata per caso, sei anni fa, quando il giovane austriaco, studente di legge, aveva trascorso un semestre di studio all’università di Santa Clara, nella “patria” di Facebook. Il contatto con la società di Zuckerberg lo aveva indotto a centrare la sua ricerca sulla protezione dei dati personali nei social network e a individuare le violazioni da parte di Facebook del diritto alla privacy dei suoi utenti.

Dal lavoro di ricerca Schrems era passato all’azione. Nel 2011aveva intentato causa a Facebook in Irlanda, sede legale per l’Europa della società, ma dopo 3 anni non era accaduto nulla. Il passo successivo, nel 2014, era stata un’azione legale in Austria, dove i giudici però avevano dichiarato la propria incompetenza.

Non restava che la Corte europea di giustizia. Molti a questo punto si sarebbero scoraggiati e avrebbero rinunciato, ma non Maximilian Schrems, che nel frattempo aveva raccolto con sé 25.000 utenti di Facebook in tutto il mondo, pronti per una class action. I giudici di Lussemburgo hanno accolto la sua istanza a metà: sì ai giudici nazionali, no alla class action. Anche così, tuttavia, la sentenza è un duro colpo per Facebook, perché la sentenza apre la strada a un fiume di ricorsi e di indennizzi, che costringeranno lo staff di Zuckerberg a rivedere le strategie dell’azienda in materia di privacy.

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