Sabato 18 Maggio 2024

18.02.18 Doppia cittadinanza, doppio passaporto Italia-AustriaStefano Del Fabbro ci segnala l’articolo di Sergio Romano, pubblicato ieri dal “Corriere della Sera” con il titolo “L’Austria e l’Alto Adige, idee inutili, forse dannose”. L’ex ambasciatore affronta la questione della doppia cittadinanza – quella austriaca, accanto a quella italiana – che il governo austriaco di centro-destra intenderebbe concedere agli abitanti del Sud Tirolo di lingua tedesca e ladina. Per la verità l’intenzione è soltanto di uno dei due partiti che compongono il governo, quello di estrema destra (l’Fpö). Ma, siccome rientra nel programma concordato tra le due parti, dove occupa 8 righe su 182, deve considerarsi a tutti gli effetti un obiettivo dell’intero governo attuale dell’Austria. Tant’è che è già stata istituita una commissione, con il compito di valutare tempi e modi per passare dai propositi ai fatti concreti

Del Fabbro ci chiede se condividiamo l’analisi che ne fa Romano. Non siamo in grado di esprimere un giudizio sui vari riferimenti storici e geopolitici presenti nell’articolo, di cui consigliamo la lettura (lo si può trovare qui). Possiamo invece senz’altro sottoscrivere le ultime righe dell’articolo di Romano: “Alla Commissione (quella menzionata sopra, nda) direi infine che le riparazioni sono necessarie quando una macchina si rompe. Se continua a funzionare è meglio evitare riparazioni inutili e forse dannose”.

Nella seconda frase è implicito il giudizio negativo che Romano dà al progetto “doppia cittadinanza” dell’ultradestra austriaca, considerandolo “inutile e forse dannoso”. Noi potremmo aggiungere una scommessa: quelle “riparazioni” non si faranno mai. Ovvero, la doppia cittadinanza non verrà mai concessa.

Le ragioni, a nostro avviso, sono più d’una. La prima riguarda i destinatari del “beneficio”, se così possiamo chiamare la doppia cittadinanza. In quelle 8 righe del programma si parla di “Alt-Österreicher”, cioè dei “vecchi austriaci”, ovvero quelli che fino al 1918 erano stati sudditi dell’impero. E, poiché riteniamo che dopo 100 anni non ne siano rimasti ancora molti in vita, è evidente che per “Alt-Österreicher” si intendano i loro discendenti. Sembra una definizione facile, ma così non è, perché dopo un secolo le carte si sono rimescolate.

Il programma dell’ultradestra cerca di cavarsela individuando gli “Alt-Österreicher” negli “appartenenti ai gruppi entici di madrelingua tedesca e ladina”. E i trentini? Non sarebbero anch’essi “Alt-Österreicher”. E i triestini e i goriziani? E quelli del Cervignanese? Molti di essi farebbero carte false pur di essere considerati cittadini austriaci, ma il programma del governo non li prende neppure in considerazione.

Qualche anno fa ne avevamo chiesto ragione a Werner Neubauer, parlamentare dell’Fpö, che si occupava allora e lo fa anche oggi della questione del Sud Tirolo (sono dovute probabilmente a lui le 8 righe del programma che parlano di doppia cittadinanza). Perché l’esclusione di triestini, goriziani, cervignanesi? Ci aveva risposto genericamente “per ragioni storiche”, aggiungendo che, secondo lui, “Trieste e Gorizia sono province diverse, nelle quali, per quel che mi risulta, non c’è un’aspirazione alla cittadinanza austriaca nella misura che si riscontra nelle altre aree indicate” (l’articolo intero lo si può leggere qui).

Da quanto detto appare evidente che la vera ragione della doppia cittadinanza è di natura etnica. Solletica il nazionalismo e le tendenze separatiste di una componente della maggioranza di lingua tedesca del Sud Tirolo. Il riferimento agli “Alt-Österreicher” è soltanto un pretesto. I destinatari del provvedimento sarebbero soltanto tedeschi e ladini di madrelingua. Ma il problema nasce proprio qui. Chi sono? Quelli che parlano tedesco o ladino? O quelli che magari non lo parlano, ma al censimento si sono dichiarati tedescofoni? E che fare delle famiglie composte da genitori italiani e tedeschi? Un tempo rappresentavano una rarità, ma oggi non è più così. Verrà elaborata una tabella come quella usata dai nazisti per determinare il grado di purezza ariana dei suoi cittadini? Avremo gli “Alt-Österreicher” puri? Poi i mezzi “Alt-Österreicher”? Poi ancora gli “Alt-Österreicher” solo per un quarto?

Insomma, un bel problema. Ma nulla, rispetto a quello di ordine costituzionale, per determinare quali conseguenze comporterà la doppia cittadinanza. I “Neu-Österreicher” dovranno prestare il servizio militare (in Austria l’esercito è di leva)? Avranno il diritto di voto come i turchi con doppia cittadinanza che vivono in Austria (che rischiano, peraltro, se scoperti, di vedersi levare quella austriaca, perché l’Austria che ora vorrebbe concedere la doppia cittadinanza ai sudtirolesi non ammette che ce l’abbiano i suoi cittadini di origine straniera)? Per rispondere a queste e ad altre domande, la citata commissione dovrà elaborare una proposta di modifica della Costituzione austriaca che, come in Italia, richiede una maggioranza qualificata che l’attuale governo non ha. E se non ce l’ha, la Costituzione non si cambia e la doppia cittadinanza finisce nel cassetto. Punto.

Potremmo finirla qui, ma, per completare il quadro, vorremmo porre una domanda. Il 75% della popolazione del Sud Tirolo è di lingua tedesca. Quanti dei suoi componenti avvertono la necessità di avere la cittadinanza austriaca e aspirano davvero a un ritorno alla “patria perduta”? Ci viene in mente la domanda ricordando un incontro di giornalisti di vari Paesi europei (ma in prevalenza austriaci e tedeschi) a cui avevamo partecipato in Tirolo. A un certo punto il discorso cadde sui “cugini” sudtirolesi e sui loro privilegi, di cui i “parenti” austriaci possono soltanto sognarsi. Di quell’incontro ci è rimasta impressa la battuta di un collega tirolese, a proposito dell’autodeterminazione: “I tedeschi del Sud Tirolo vorrebbero riunirsi al Tirolo storico? Siamo noi, tirolesi, che vorremmo essere annessi al Sud Tirolo italiano!”.

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Per comprendere meglio la situazione del Sud Tirolo (che la toponomastica di Ettore Tolomei trasformò in Alto Adige, nome di pura invenzione) può essere utile la lettura dell’articolo che avevamo scritto nel 2011, nel cinquantesimo anniversario della “notte dei fuochi”.

 

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