Sabato 18 Maggio 2024

Nel 2022 l’inflazione in Italia è stata dell’8,1%. Ce ne siamo accorti andando a far benzina, nelle bollette di luce e gas, nell’acquisto di generi alimentari e ovviamente in tanti altri settori. La percezione non è stata abbastanza evidente invece sul piano fiscale. Ci riferiamo in particolare all’imposta sui redditi, che colpisce con aliquote differenziate a seconda degli scaglioni.

Prendiamo per esempio il primo scaglione, che va fino a 15.000 euro di reddito con un’aliquota del 23%. Oltre i 15.000 euro sale al 27% e poi, di scaglione in scaglione (sono in tutto 5), al 38%, al 41% e al 43%. Finora questi scaglioni erano rimasti invariati (con la prossima dichiarazione troveremo qualche novità), pur colpendo redditi che nel tempo, a causa dell’inflazione, si erano impoveriti.

Questo fenomeno ha un nome: fiscal drag. Significa un aumento della pressione fiscale sul reddito dovuto al solo aumento dell’inflazione, con il risultato che lo Stato incassa più soldi, senza necessità di aumentare le tasse. Ci pensa l’inflazione a farlo.

In Austria il “fiscal drag” si traduce in “kalte Progression” (progressione fredda). Il fenomeno è ben noto anche qui e per anni non si era fatto nulla per contrastarlo, con la conseguenza che nel tempo le aliquote di imposta (che in Austria sono più pesanti che in Italia) hanno continuato a colpire redditi nominalmente uguali, ma in realtà impoveriti dall’inflazione.

Nel 2023, invece, si volta pagina. In settembre il governo Övp-Verdi è riuscito a fare ciò che nessuno dei governi precedenti era riuscito a fare: ha introdotto dei correttivi nell’imposizione fiscale che compenseranno almeno in parte la “kalte Progression”, riducendo il carico fiscale ai contribuenti austriaci.

Andiamo con ordine, partendo dalla situazione preesistente (fino al 31 dicembre 2022): fino a 11.000 euro l’imposta non si paga; da 11.000 a 18.000 euro l’aliquota è del 20%; da 18.000 a 31.000 euro aliquota del 30%; da 31.000 a 60.000 euro aliquota del 42%; da 60.000 a 90.000 euro aliquota del 48%; oltre i 90.000 euro aliquota del 50%.

Da gennaio cambiano gli scaglioni, che vengono aumentati tenendo conto del tasso di inflazione tra il luglio 2021 e il giugno 2022 calcolato dal Wifo e dall’Ihs (i due principali istituti di studi economici austriaci). Questa volta è di 5,2%. Tutti gli scaglioni di reddito saranno aumentati ogni anno in misura pari a due terzi del tasso di inflazione (quest’anno di 3,47%). Ci spieghiamo con un esempio: il primo scaglione, non tassato, non sarà fino a 11.000 euro di reddito, ma fino a 11.693 euro; lo scaglione più alto, oltre il quale va in tasse il 50% del reddito, non sarà di 90.000 euro, ma di 93.120 euro.

La riforma introdotta in settembre prevede che questo meccanismo venga applicato annualmente in modo automatico. Il governo in carica avrà libertà di manovra soltanto sul terzo terzo del tasso di inflazione, di cui potrà decidere cosa farne a piacimento (quest’anno è stato utilizzato per i primi due scaglioni di reddito, che sono stati aumentati entrambi del 6,3%).

Sono rimaste invariate, invece, le aliquote di ogni scaglione, fatta eccezione per il quarto scaglione (quello che in passato era per i redditi superiori ai 60.000 euro, divenuti quest’anno 62.080 euro): era del 42% e quest’anno è stata ridotta al 41% (se abbiamo capito bene, nel 2024 dovrebbe essere ridotta ulteriormente al 40%).

Le misure contro la “kalte Progression” non si limitano qui. Toccano anche alcune spese detraibili (bonus famiglia, spese di viaggio per il lavoro, detrazioni per genitori single ecc.), che saranno aumentate in maniera automatica del 5,8%.

L’insieme di questi provvedimenti avranno inevitabilmente un costo per lo Stato, in termini di minore gettito fiscale. È stato calcolato che da qui al 2026 (quattro annualità) comporterà un costo di 20 miliardi; l’aumento degli stipendi per gli addetti all’assistenza costerà un miliardo all’anno; idem per l’aumento delle detrazioni. Insomma, da qui al 2026 vi saranno uscite in più per 37 miliardi, che al momento non si sa come potranno essere coperte. Una riforma del mercato del lavoro? Un aumento dell’età pensionabile? Una patrimoniale? Sono domande senza risposta. L’unica certezza è che qualcuno alla fine dovrà pagare.

LA FOTO risale al settembre scorso, quando fu presentata la riforma degli scaglioni fiscali per contrastare il fiscal drag: da sinistra, il ministro delle Finanze Magnus Brunner, il vicecancelliere Werner Kogler, il cancelliere Karl Nehammer e la capogruppo dei Verdi Sigi Maurer.

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