Sabato 18 Maggio 2024

14.11.24 Mons. Angelo Roncalli a IstanbulIl secondo distretto di Vienna è dai tempi dell’imperatore Leopoldo il distretto degli ebrei. Prima della guerra ce n’erano quasi duecentomila, oggi non arrivano a 7.000. In quel quartiere della città, oltre il Donaukanal, tra la Taborstrasse e la Grosser Mohrengasse, esistevano molti condomini con cortili interni intercomunicanti. È lì, in un androne buio di quegli edifici, che nelle notti del 1944 si incontravano di nascosto Josef Rubin-Bittmann e Anna Maria Haas.

Josef Rubin-Bittmann era uno di quelle migliaia di ebrei riusciti fortunosamente – e provvisoriamente – a sottrarsi alla deportazione nei campi di sterminio nazisti, vivendo nascosti in cantine e soffitte della città, come Anna Frank. Una condizione precaria e di angoscia perenne, perché in ogni momento del giorno e della notte un viennese “ariano” un po’ zelante avrebbe potuto denunciare la loro presenza alla Gestapo.

Anna Maria Haas, invece, era una viennese, non la sola, che aveva a cuore la salvezza di Josef e degli altri “U-Boote” come lui (U-Boote significa sommergibile ed è l’espressione adoperata a quel tempo per definire gli ebrei “sommersi” negli scantinati del secondo distretto, come i sommergibili in fondo al mare). Per questo, a rischio della sua stessa vita, accettava di vedere Josef. Un incontro fugace, il tempo necessario perché lui le consegnasse una borsa vuota, ricevendo in cambio una piena di generi alimentari.

È grazie a quelle provviste che Josef Rubin-Bittmann e sua moglie Sidonie riuscirono a sopravvivere nella clandestinità fino alla caduta del Reich come un’ottantina di altri “U-Boote” (un’ottantina, su alcune migliaia). La consegna di quegli alimenti nel secondo distretto era soltanto l’ultima tappa di un lungo trasporto incominciato settimane prima a Istanbul. A spedirli era il cardinale Angelo Roncalli, a quel tempo delegato apostolico per la Grecia e la Turchia, con residenza a Istanbul. Grazie alla sua veste diplomatica, il futuro Papa aveva potuto inviare in segreto aiuti alimentari ad ebrei in tutta Europa, riuscendo a salvarne migliaia. Josef Rubin-Bittmann fu uno di questi.

A rivelarlo è ora il figlio Fritz, venuto alla luce il 5 settembre 1944 in una cantina della Zirkusgasse, nel secondo distretto, dove i suoi genitori si erano rifugiati. Subito dopo, per non essere traditi dai vagiti del neonato, il piccolo era stato affidato dietro compenso al capo condominio, che aveva già un altro neonato in casa, mentre i genitori avevano cercato nascondiglio altrove.

Fritz Rubin-Bittmann è l’ultimo ebreo nato nella Vienna nazista ed è lui a ricordare con gratitudine lo straordinario programma di assistenza allestito da Istanbul dal cardinale Roncalli, cui deve la sua vita e quella dei genitori. Dell’operazione possiede informazioni di prima mano, ricevute dalla zia paterna Lonka Kanza, sposata a un commerciante ebreo di origini turche. Dopo l’Anschluss, questi aveva intuito che le cose si sarebbero messe male a Vienna e si era trasferito precipitosamente a Istanbul. Qui la zia era entrata in contatto con il futuro papa, cui aveva descritto la tragica condizione del fratello e di migliaia di altri ebrei perseguitati dal nazismo. Il nunzio si era subito dato da fare, allestendo una macchina di soccorsi senza eguali, per alleviare la condizione degli ebrei di Vienna, come Josef, e dell’Europa Centrale.

Il figlio Fritz cita a memoria le parole dette da mons. Roncalli alla zia in quei frangenti: “Con l’aiuto di Dio, i suoi familiari sopravvivranno. Noi siamo gli strumenti del Signore e io invoco dall’Eterno l’aiuto per i suoi cari e prego per loro”. “Il nunzio – ricorda ancora Fritz – aveva avuto sempre parole di incoraggiamento e di consolazione per mia zia. Il popolo ebreo, le diceva, è il nostro fratello maggiore, porta la croce di Cristo e sopporta il martirio per la sua fede. Mia zia ammirava Roncalli per la sua umanità e generosità. Ai suoi occhi lui era un buono nella saggezza e un saggio nella bontà”.

“Nel 1958  – prosegue Rubin-Bittmann – Angelo Roncalli fu eletto Papa. Alla sua incoronazione sorprese il mondo, perché volle fare riferimento al suo secondo nome di battesimo, Giuseppe. ‘Io sono Giuseppe, disse, il vostro fratello’. Una citazione dal libro della Genesi che fu programmatica del suo pontificato. Per la mia famiglia Papa Roncalli fu un giusto tra le nazioni. Secondo un’antica credenza ebraica, in ogni generazione vivono 36 giusti, le cui buone azioni consentono il permanere dell’umanità. Giovanni XXIII fu uno di questi e per lui vale il verso del Talmud, secondo cui chi salva una vita è come se avesse salvato il mondo intero”.

 

NELLA FOTO, il futuro Papa Giovanni XXIII circondato da bambini a Istanbul, dove negli anni della guerra era stato delegato apostolico.

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