Sono poche le società che hanno oltre un secolo di storia alle spalle. Sono pochissime quelle che, dopo oltre un secolo, sono ancora nelle mani della stessa famiglia del fondatore. È questo il caso della fabbrica di cristalli Swarovski, una società in accomandita di cui sono soci circa 200 membri della famiglia Swarovski. Portano il cognome Swarovski (o almeno lo portavano fino alla primavera scorsa) anche i suoi amministratori: dal 1965 al 2002 Gernot Langes-Swarovski (che, con oltre il 17% del capitale, è il maggiore azionista individuale), cui è succeduto il figlio Markus; da marzo è socio amministratore Robert Buchbauer, residenza svizzera, che non porta il cognome Swarovski, ma è anche lui pronipote del fondatore Daniel, originario della Boemia, da dove, ai tempi dell’impero, trasferì l’azienda a Wattens, in Tirolo.
Un’azienda di famiglia non è automaticamente sinonimo di buone relazioni societarie, specie se la società è diventata nel frattempo una holding, con quasi 35.000 dipendenti, fabbriche in tutto il mondo e un fatturato (prima del Coronavirus) di 3,5 miliardi di euro. Conflitti non sono mancati in passato, ma da pochi mesi hanno raggiunto livelli mai visti prima, tanto da indurre un ramo della famiglia ad avviare tutta una serie di richieste di arbitrato in Austria e in Svizzera.
È accaduto dopo l’assemblea di fine ottobre, nella quale l’80% dei soci ha approvato un piano di ristrutturazione della holding presentato da Buchbauer, che vorrebbe ricondurre tutti i settori di produzione sotto un’unica direzione a Wattens. Quando si legge il nome Swarowski si pensa subito ai pupazzetti di cristallo che luccicano nelle vetrine dei negozi Swarovski. In realtà i settori di intervento sono molteplici e vanno dalle lenti agli apparecchi ottici (era questa in origine la produzione principale dell’azienda), ai gioielli di lusso, agli strumenti per la molatura del vetro, ai prodotti rifrangenti e autoilluminanti per le segnalazioni stradali, ai semilavorati per altre aziende produttrici di bigiotteria. Il gruppo produce anche una linea di profumi e gestisce una compagnia aerea e una casa di produzione cinematografica. È proprietario inoltre di un migliaio di negozi di cristalli Swarovski, mentre un altro migliaio vendono cristalli Swarovski in franchising.
Contro il piano di ristrutturazione non si oppone uno dei tre rami principali della famiglia Swarovski, ciascuno dei quali prende il nome da uno dei tre figli del fondatore Daniel. La contestazione è giocata tutta all’interno del ramo “Fritz”, a cui appartiene Robert Buchbauer, che in marzo ha preso il posto di Markus Langes-Swarovski (ramo “Alfred”). Le voci contrarie sono quelle di Paul Swarovski e di Nadja Swarovski-Adam, che appartengono anch’essi al ramo “Fritz”, come Buchbauer, che per prenderne le distanze si sono autodefiniti ora “ramo Manfred” (dal nome di un figlio di Fritz).
Paul era uscito dalla gestione del gruppo fin dal 2013, per divergenze di vedute con Markus; Nadja è ancora membro del vertice aziendale, ma dopo l’arrivo di Buchbauer non conta più nulla. I due interpretano la manovra messa in piedi dal nuovo amministratore come un preludio alla vendita dell’intero gruppo. A chi? Non si sa. Per impedirlo hanno mobilitato un esercito di avvocati e il bello (o il brutto) deve ancora arrivare.
Nel frattempo l’azienda naviga in cattive acque. Già nel 2019, ben prima dell’epidemia da Coronavirus, aveva registrato perdite per alcune centinaia di milioni. Quest’anno si prevedono superiori e probabilmente è questa la vera ragione del piano di ristrutturazione presentato dal nuovo amministratore. Un alto prezzo sarà pagato dai lavoratori. Quest’anno ne saranno licenziati 1.200 a Wattens, sede della casa madre. Un duro colpo per il Tirolo, che dovrà sopportare il prossimo anno un ulteriore taglio di 600 unità. A livello mondiale il gruppo licenzierà complessivamente 6.000 dipendenti.
Swarovski ha fabbriche nel Liechtenstein, in Serbia, in Cina, in Thailandia e in India. Altre società del gruppo si trovano in Svizzera, in Germania, in Francia, in Lituania, in America Latina, negli Usa, in Canada.
NELLA FOTO, il negozio “Mondi di cristallo Swarovski” a Vienna.
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In Italia il volto più noto di casa Swarovski è quello di una donna: Fiona. L’abbiamo imparato a conoscere una quindicina di anni fa, quando divenne moglie (seconda moglie) dell’allora ministro delle Finanze, Karl-Heinz Grasser, a quel tempo il più giovane ministro della Repubblica austriaca (record superato recentemente dal cancelliere Sebastian Kurz).
La stampa austriaca ama definirla “Swarovski Erbin”, ovvero l’“ereditiera Swarovski”. E in effetti fa parte di quella enorme famiglia di discendenti del fondatore Daniel, ma, contrariamente a quanto si crede e si scrive, porta abusivamente il nome Swarovski. Il suo vero nome, in realtà, è Fiona Winter. È figlia infatti di Marina Langes, pronipote di Daniel Swarovski, sposata in prime nozze con l’italiano Gualtiero Giori e in successive nozze con l’imprenditore di Basilea Philip Winter. Da questo successivo matrimonio è nata Fiona.
Anche Fiona ha avuto una vita sentimentale piuttosto movimentata. Ha sposato in prime nozze il finanziere svizzero Giovanni Mahler, in seconde nozze l’italiano Andrea Pacifico Griffini e in terze nozze il manager italiano John Balzarini. Era ancora legata a quest’ultimo, quando ha incontrato sulla sua strada Karl-Heinz Grasser, più giovane di lei di 4 anni. È stato amore a prima vista, per una donna che di amori ne aveva visti prima tanti.
La “liaison” inizialmente doveva rimanere segreta, se non che un bel giorno una scolaresca di Vienna, in gita a Parigi, li sorprese e fotografò in aeroporto mentre si baciavano. La foto fu messa in rete sui social e finì sui giornali. Quando la vide anche l’allora fidanzata di Karl-Heinz, Natalia Corrales-Diaz, balzò sulla Porsche Cayenne del fedifrago, lanciandosi in una corsa pazza per la città. Le lacrime che le velavano gli occhi le impedirono di vedere per tempo un albero, contro cui andò a schiantarsi, distruggendo la costosa vettura.
Dunque Fiona non dovrebbe chiamarsi Swarovski, ma Winter o, eventualmente, Grasser, se decidesse di acquisire il nome del suo ultimo marito “pro tempore”. Resta tuttavia un’ereditiera della famiglia Swarovski, discendendo comunque dal patriarca che fondò la fabbrica di cristalli.
Il suo albero genealogico può essere ricostruito così: la madre Marina è figlia di Gertrude Langes-Swarovski, la quale a sua volta era figlia di Alfred Swarovski, fratello del fondatore Daniel. Alla madre di Marina spetta il 13% delle azioni della holding, la quota individuale più alta dopo quella detenuta dal fratello Gernot Langes-Swarovski, citato nella prima parte. Alla morte della madre, se questa non disporrà diversamente nel testamento, quel 13% andrà spartito tra Fiona e la sorella, cui i genitori hanno dato nome Anouschka.
Anche senza dover attendere l’eredità, Fiona Winter in Grasser potrebbe vivere di rendita, ma ha avviato comunque uno studio di moda e design a Milano, anche se il suo tempo lo passa prevalentemente a Vienna (appartamento sulla Ringstrasse) e a Kitzbühel.
NELLA FOTO, Fiona Swarovski con Karl-Heinz Grasser nel giorno del loro matrimonio celebrato in chiesa, nonostante la collezione dei precedenti divorzi.
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