Sabato 18 Maggio 2024

15.05.12 Giocatore neonazi con 88 (Heil Hitler) sui calzettiIl Tribunale di Klagenfurt ha condannato a 14 mesi di reclusione, con la condizionale, un giocatore di 26 anni della squadra di calcio di Wölfnitz, che disputa in Carinzia un campionato di dilettanti, equivalente grosso modo alla nostra Seconda categoria. Era accusato di apologia del nazismo e di insulti razzisti. In una partita giocata nell’ottobre 2015 contro la squadra di Zell, composta per lo più da ragazzi appartenenti alla minoranza slovena (Zell in sloveno si dice Sele), aveva rivolto agli avversari pesanti insulti, tra cui frasi del tipo: “Voi, jugoslavi di m…. dovete essere tutti gassati e fucilati”.

Il nostro, inoltre, sia durante la partita che alla fine aveva alzato il braccio nel gesto del saluto al Führer. Non solo: durante la partita aveva indossato calzetti su cui era riportato il numero “88”. Le due cifre affiancate di per sé potrebbero non significare nulla, ma in Austria si prestano a una inequivocabile interpretazione: stanno per l’ottava lettera dell’alfabeto, la “H”, e due lettere così affiancate vogliono dire “Heil Hitler”.

Il “Verbotsgesetz”, la legge che l’Austria si era data per impedire la ricostituzione del nazismo, vieta l’apologia di ogni possibile riferimento al passato regime. E tuttavia esiste un linguaggio convenzionale, fatto di allusioni, che consente di aggirare quelle norme. Gli esponenti della destra radicale austriaca se ne servono per non incorrere in sanzioni. Chi dovrebbe sanzionarli spesso finge di non vedere o di non sentire e interviene soltanto nei casi di più eclatante violazione della legge.

Il caso del calciatore del Wölfnitz è emblematico. Il giovane aveva sempre indossato i calzetti con il numero simbolo del Führer in tutte le partite, ma è finito sotto processo soltanto quando gli avversari lo hanno denunciato, perché non ne potevano più di essere chiamati “jugoslavi di m…”. In Tribunale l’imputato si era giustificato come sempre fanno i neonazisti austriaci quando sono trovati in possesso di materiale di propaganda del Reich: non sapeva che cosa significassero quelle due cifre e le aveva portate sui calzetti, fin da piccolo, considerandole soltanto un portafortuna. La polizia aveva trovato nel suo computer una foto che lo ritraeva davanti a una bandiera con la croce uncinata e anche per quella c’era una spiegazione: se l’era fatta in Australia, per ricordo, quando in un museo si era imbattuto in quella bandiera.

Nel primo processo, un anno fa, alcuni testimoni avevano confermato le parole di insulto sentite pronunciare dal calciatore e i saluti nazisti, ma altri (dirigenti della squadra del Wölfnitz e parenti) avevano dichiarato invece di non aver visto e udito nulla. I giudici popolari avevano creduto ai secondi e avevano anche creduto alla storia dell’”88” portato sulla calza per portafortuna e non per nostalgie naziste, assolvendo l’imputato.

La Procura di Stato aveva interposto ricorso e la Corte d’appello aveva annullato quella sentenza. Nel processo bis i giudici invece hanno ritenuto il calciatore colpevole, condannandolo, come si è detto, a 14 mesi di reclusione. La sentenza non è ancora definitiva, perché questa volta è stato l’imputato a presentare ricorso per chiederne l’annullamento. Nel frattempo, però, sono arrivate altre sanzioni: è stato licenziato dal posto di lavoro e sospeso temporaneamente dalla squadra di calcio.

[Del primo processo avevamo riferito in questo blog il 13 maggio 2016]

 

NELLA FOTO, uno dei calzetti del calciatore carinziano con il numero incriminato “88”.

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