Sabato 18 Maggio 2024

10.12.29 Università Graz graztouri_kfL’Austria ha scelto nuovamente la sua “parola dell’anno”, vale a dire la parola che nel corso del 2010 ha assunto una particolare valenza nel linguaggio pubblico o in quello giornalistico e della comunicazione. È un’operazione che si ripete dal 1999, a cura della facoltà di Scienze dell’educazione dell’Università di Graz, in collaborazione con l’agenzia di stampa Apa (Austrian Presse Agentur). Non deve trattarsi necessariamente di un neologismo. La scelta in questa undicesima edizione, per esempio, è caduta sul verbo composto “fremd-schämen”, di cui non si ha l’equivalente nella lingua italiana. Potremmo tradurlo con “vergognarsi” o “provare imbarazzo”, ma non sarebbe la stessa cosa. La lingua tedesca, così puntigliosa e precisa nelle sue espressioni, fa precedere il vocabolo “schämen” (vergognarsi) dall’aggettivo “fremd” (altrui), per indicare imbarazzo o vergogna provati per comportamento di altri, di cui non si ha diretta responsabilità e per il quale non si può far nulla.

La scelta è stata fatta da una giuria presieduta dal prof. Rudolf Muhr, ricercatore del Centro per il plurilinguismo dell’Università di Graz. I giurati hanno preso in esame 6.516 proposte inviate loro da singoli cittadini o emerse da un’analisi della frequenza con cui alcune parole erano apparse nei testi dell’agenzia Apa e in quelli di 72 giornali quotidiani e riviste.

Ovviamente la parola “fremdschämen” alla fine è prevalsa non solo per l’uso frequente che se n’era fatto durante l’anno, ma anche per le ragioni che avevano determinato una tale frequenza e che si evincono dalla motivazione della scelta. “La parola – si legge nel verdetto della giuria – esprime il sentimento che compare allorché per qualcuno il comportamento di un’altra persona o gruppo di persone appare talmente imbarazzante, che vi si prova vergogna, anche se i responsabili di un tale comportamento non ne provano affatto”. Per farsi meglio comprendere, la giuria di Graz ha cercato di esemplificare: “In seguito alla perdita di qualità in molti settori (dall’istruzione all’amministrazione pubblica, alla sanità) o all’immobilismo della politica nazionale, il senso di responsabilità si sposta sui singoli cittadini, che sempre più spesso si sentono imbarazzati per tale situazione e per chi ne è responsabile, benché la soluzione non stia nelle loro mani, ma in quella dei politici competenti, i quali peraltro non fanno assolutamente nulla”.

“Fremdschämen” è la parola dell’anno in Austria. Ma potrebbe adattarsi bene anche alla situazione politica italiana, per la quale molti cittadini provano imbarazzo, pur non avendone colpa e non potendo fare praticamente nulla per porvi rimedio. Ma una simile parola, come abbiamo detto, non esiste nella lingua italiana e andrebbe inventata.

Oltre alla “parola dell’anno” (Wort) la stessa giuria di Graz sceglie anche la “non parola” dell’anno (Unwort), vale a dire la parola che nel corso dell’anno è stata spesso usata in una sua accezione negativa. La scelta fatta dagli esperti di Graz farà probabilmente discutere, non per il contenuto in sé, ma per il fatto che in realtà si tratta di due parole: “humane Abschiebung”. Significa “allontanamento umano” e fa riferimento ai provvedimenti di espulsione dall’Austria nei confronti di stranieri disposti con pugno di ferro dalla ministra degli interni Maria Fekter. Provvedimenti di espulsione assunti, in genere, nei confronti di stranieri ormai da anni residenti e bene integrati in Austria e senza quasi più legami con il Paese di origine (a volte, nel caso di giovani, senza neppure conoscerne la lingua).

L’episodio che aveva suscitato maggiore turbamento in tutta l’Austria risale ai primi di ottobre, quando la polizia aveva fatto irruzione nottetempo in una casa, prelevando un’intera famiglia con bambini in tenera età, per scaraventarla su un aereo e rispedirla nel Paese di provenienza. Il comportamento dei poliziotti – ingiustificato per l’ora in cui era stato posto in atto e per la crudeltà nei confronti dei piccoli prelevati dal loro letto, di cui le foto sui giornali avevano ritratto i volti terrorizzati – aveva suscitato un’ondata di indignazione, causando verosimilmente la sconfitta dell’Övp (il partito della ministra Fekter) alle elezioni di Vienna del 10 ottobre. In seguito la Fekter aveva avuto un ripensamento, annunciando che in futuro le “espulsioni sarebbero state più umane”.

La giuria ha ritenuto che nella dichiarazione della ministra vi fosse una contraddizione in termini. Come può essere più umana l’espulsione di un bambino? Andandolo a prelevare in casa di giorno anziché di notte? Affidando il compito ad assistenti sociali, anziché a poliziotti armati com’è avvenuto finora? Tutte domande a cui non si può dare risposta, perché l’espulsione non può essere mai un atto di umanità e l’espressione usata dalla ministra non ha senso. È un “Unwort”, ossia una “non parola”.

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